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POLITICA

Benevento e la lezione della politica

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La città di Benevento ha nuovamente una guida politico/amministrativa, sintetizzata nella figura di Fausto Pepe che, in Tribunale, ha ricevuto la rituale investitura burocratica. E’ il frutto del successo elettorale, che nelle analisi del giorno dopo sembra aver tenuto conto di un solo sconfitto, Carmine Nardone,
E naturalmente non è così.
Il voto a Benevento ha favorito innanzi tutto la nascita di una opposizione debole, frammentata nel coacervo di Nardone e nel centrodestra ortodosso. 10 seggi all’uno, 3 all’altro, senza picchi di particolare aggressività o vivacità. Con la presenza non certo ricca di motivazione dei candidati sindaco sconfitti, esponenti di una politica datata e fuori linea rispetto ai tempi.
Il Patto per il Territorio ha perso le elezioni perché portatore di una proposta affatto innovativa: solo una somma di partiti che ha trovato un collante nell’insoddisfazione individuale (Nardone). Con Carmine Nardone, ex esponente della Sinistra, va intanto finalmente in pensione una classe politica che dalla politica di sinistra ha ottenuto tanto (posti di responsabilità politica, in primis: si pensi anche a Troiano o Irano), salvo poi redimersi opportunisticamente per la circostanza di turno.
L’elettorato ha provveduto a voltare pagina, in breve.
 

TèL, Udeur e Udc (rappresentata in consiglio da elementi aggregati in 24 ore: della serie: solida l’appartenenza, viva la coerenza…) si presentano ancora quali appendici di ambizioni personali di leader soffocati nella culla locale (fallimentare) pur se accreditati, chissà perché, a livello nazionale (Mastella, Viespoli).
Il centrodestra, e nello specifico il Popolo della Libertà, ha perso, e di brutto, le elezioni – a dispetto del minimalismo degli organi di stampa limitrofi e fintamente indipendenti – scoprendo di avere alle spalle un bacino elettorale personalistico (Nunzia De Girolamo) ma di peso inferiore alle aspettative: una sopravvalutazione, insomma, dell’elettorato e della stessa leadership della deputata.
Questa opposizione potrà trovare vigore solo nell’azzeramento delle posizioni pregresse (la contrapposizione interna e quella obliqua fra De Girolamo, Mastella, Viespoli con il contorno del Santamaria di turno): non accadrà, per ora, ed è il motivo dei sonni tranquilli della maggioranza uscita dalle urne.

Le elezioni amministrative a Benevento le ha vinte innanzitutto Lealtà per Benevento: del mastellismo da cui trae origine ha appreso la lezione dei voti da dragare secondo una specifica serialità. E l’ha messa a frutto, ma almeno i limiti della candidatura Damiano (ora da valutare in chiave Giunta) e la sua elezione sono evidenti, per quei motivi etici che non sono sempre e soltanto espressione di radicalismo giustizialista (e chissà quale), ma anche un onesto esercizio di buon senso.
Il Partito Democratico, invece, si scopre (lo sapeva, vista la lista approntata) prima forza. Prima ed intangibile forza,  senza nessun appiglio con la tradizione politica da cui deriva (quella comunista): esprime premierati di origine craxiana (Del Basso); perpetua tradizioni familistiche (Del Vecchio) che bloccano ogni rinnovamento e lavorano solo per un’affermazione di tipo personale; depaupera il valore politico della rappresentaza parlamentare (Boffa), ostaggio della sua incapacità d’indipendenza politica e della sua sostanziale inanità (politica) individuale – in sostanza solo una somma di benefici ottenuti per la politica (Bassolino docet) che alla politica ed ai politicanti vincenti di turno deve la sua fortuna. E nel Pd si è anche giocato a chi arrivava primo, come se il primato fosse l’imprimatur per la maturità e la stoffa da statista: buona notte…

L’Api ha da risolvere un problema etico grande quanto una casa, mai evidenziato da alcuno: il suo segretario provinciale, Giuseppe Marsicano, si è candidato in opposizione al centrosinistra ufficiale nel comune di appartenenza territoriale (Airola), mentre a Benevento ha sostenuto il centrosinistra targato Fausto Pepe. Di questi esempi la politica non ha bisogno: si attendono le sue dimissioni.
Il resto del centrosinistra è un insieme che ha lineamenti poco tratteggiati: l’Idv è stata sostanzialmente sotterrata dalla leadership di Nunzio Pacifico, altro assessore per meriti divini che gioca a invetarsi leader e che, però, trova sempre credibilità ai tavoli in cui si siede. Potenza del nulla (politico) del panorama locale, evidentemente. Più a sinistra non c’è granché, o quantomeno non va sottaciuta la forbice esistente tra il carisma di un Nichi Vendola e la fragilità dell’appendice partitica che pretende di rappresentarlo nel Sannio.
ORA, invece, giunge il momento di andare a fare quattro passi…

 

 

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