CULTURA
‘Manifesti abusivi, sì parliamone. Sempre’

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Da Nicola Sguera riceviamo e pubblichiamo.
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«Basta parlare dei manifesti abusivi…, parliamo di Politica, parliamo di Programmi…». Questa è la frase che sento sempre più spesso in questi giorni da amici, amici/nemici, semplici conoscenti. De visu, su Facebook… In certi momenti penso: sì, è stato sempre così, perché prendersela tanto? Ma se il tarlo lavora vuol dire che dietro c’è qualcosa di importante… Provo a spiegarlo a me stesso:
1) Il messaggio implicito di ciò che sta accadendo è che, pro tempore, è possibile sospendere la legalità.
2) È positivo per l’economia. Le tipografie e gli attacchini lavorano, in nero ma lavorano… E in tempi di crisi… va bene.
C’è stata un’evoluzione del fenomeno negli anni? A me pare, ma vorrei essere confortato da pareri più autorevoli, che quest’anno si sia superato ogni limite. In particolare, vedo squadre di attacchini svolgere il loro lavoro, illegale (perché occupano spazi abusivamente, e spesso deturpano la città) e in nero (desumo, ma bisogna chiedere a chi li paga…) alla luce del sole, spesso davanti a vigili o forze dell’ordine indifferenti.
«Sei un moralista…» mi dicono. Ma non sarebbe più logico:
1) rispettare gli spazi messi a disposizione, più che sufficienti per tutti;
2) utilizzare gli spazi legali per chi vuole di più in termini di visibilità;
3) utilizzare maggiormente quello straordinario strumento “ecologico” che è la rete, oltre ai molti giornali locali, preziosa riserva di “biodiversità” informativa?
Moralista: sì. Nel senso che per me conta la coerenza tra il dire e il fare. La politica del XX secolo è caratterizzata dalla scissione tra i nobili ideali e le basse pratiche del potere, o semplicemente tra i fini “nobili” e i mezzi “ignobili”. Dal pensiero della differenza e dalle pratiche femminili, dovremmo tutti imparare ad iniziare dal livello del nostro personale vissuto… Se io non rispetto la legalità, io che mi accingo ad amministrare la città, come posso chiedere ad un altro di farlo? È il valore esemplare che viene meno. Oltre, dunque, a creare un “indotto” di alcun rilievo, si incentivano comportamenti illegali, ritenendoli legittimi “in tempo di guerra”… Ma allora tutto è lecito sempre!
La seconda riflessione riguarda il perché di questa gara… Perché il mio amico Mario Pasquariello e tanti altri hanno deciso di tappezzare ogni spazio libero della nostra città del proprio volto, spesso senza neanche accompagnarlo d’una frase, per lo più scontata, d’occasione? Molti ostentano non un programma attraverso un motto ma semplicemente… se stessi, anzi il proprio volto (tranne il dott. Castiello, che io invero non ho mai visto in bicicletta in città). Il volto… Perché? Sono arrivato ad una conclusione, ma anche qui chiedo pareri autorevoli a riscontro, che si tratti di una forma simbolica di ostentazione di “potenza” e “forza”, non a caso associata al volto, che l’antropologia ci ha insegnato essere fondamento di molte strutture comunitarie. Spiego meglio. Il candidato sa che dissipa enormi quantità di denaro (sarebbe interessante avere qualche cifra): fotografie, tipografia, attacchinaggio, eventuali multe… E sa che si tratta di una fatica di Sisifo per circa un mese: i suoi attacchini ogni giorno e ogni notte dovranno garantire che il suo sguardo ammonitore, ammaliante, ammiccante campeggi dalle mura, dalle colonne, dai lampioni, dai ponti cittadini… «Io sono ricco, io sono potente, io sono il big man… Se voti me (e questo me lo dirai nei nostri incontri a quattr’occhi), io ti saprò ricompensare». Perché bisogna ricordare che la vera campagna elettorale è quella che si fa “casa casa”, come dicono i politici del XX secolo transitati nel XXI… In linea di principio, voglio dire, non ci sarebbe neanche bisogno di farli i manifesti, ma essi, come ostentazione di ricchezza e potenza, sono la garanzia che le “promesse” fatte negli arcana voti, saranno mantenute.
Ecco perché dico ai cari amici (a Nazzareno Orlando come a Giuseppe Di Gioia) che mi interessa molto parlare dei manifesti… Perché dietro c’è un’intera civiltà, con le sue degenerazioni e le sue illusioni, c’è tutta la “politica” che veramente conta.