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“Figure di luce”, L’Auser incontra Pina Arfè

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Un suggestivo incontro si è tenuto giovedì 30 marzo nella sede di Auser-Uselte con l’Artista Pina Arfè che sicuramente ha favorito un momento di intensa riflessione. Nell’eterno alternarsi di luce e ombra, di cui è testimone il ritmo del tempo nel suo ciclo annuale, è forse ravvisabile la stessa condizione umana, fisica, e psicologica, intellettiva ed emotiva.

Un connubio che oscilla di volta in volta e che stenta a trovare l’ubi consistam nell’incessante ricerca dell’essere con la conseguente altra terribile domanda di sapore shakespeariano se sia meglio essere o non essere. E non basta scavare dentro di sé, ma occorre affondare lo sguardo nelle cose, e tanto profondamente da arrivare allo smembramento della materia, alla sua dissezione pur di giungere a quel quid profondo che è immateriale ma pur sempre vita allo stesso tempo, a quel “colore” che solo denota vita o morte. Può essere questo un percorso conoscitivo anche drammatico se non riesce a superare quel cono d’ombra e giungere alla luce che è poi riformulazione, e quindi rinascita. Aggregazione, resilienza in nome di una vita più vera e non in senso assoluto, bensì come quella che si compone anche delle zone invisibili e indicibili che solo nell’arte hanno possibilità di dimora, con la sua grammatica che tuttavia ha bisogno all’inizio di essere scardinata.

Compiere tale percorso attraverso l’arte è forse l’unica possibilità di compierlo impunemente senza travalicare le “norme” della civiltà e del sentire corrente, pena l’esclusione, la condizione di diversità, e quindi la perdita identitaria. Arte, dunque, come possibilità di sopravvivere al vuoto, mezzo per attuare la disintegrazione e creare ex novo realtà psicologiche o psichiche altre, o materiali perfino, che pur rimanendo confinate nella cornice di un’istantanea o nello snodarsi di un video esprimono tuttavia il sé più profondo da cui si dipartono come atto spontaneo tessere immateriali per un processo autonomo di espansione. Processo che precede il pensiero, precede l’analisi razionale, precede l’atto di volontà, e trova nel “desiderio”, vero e proprio “daimon”, la spinta a essere e a esserci.

E tuttavia nella realtà va disciplinato perché l’ombra, che poi è la parte dionisiaca di ciascuno slegata da lacci e da vincoli, trovi la serenità nella coincidentia oppositorum con la parte apollinea. La libertà, dunque, appartiene solo all’arte e Pina Arfè lo ha testimoniata in modo chiaro e allo stesso tempo profondo nell’analisi delle sue opere fotografiche e nelle scomposizioni/composizioni digitali. Lo sguardo, il suo sguardo, è stata la via attraverso cui il flusso emozionale dal profondo di sé è giunto alle cose da scomporre in una decodifica nuova e audace e ancor di più nella ricomposizione fantastica e spregiudicata. Il risultato è una visione di enorme impatto, forse alquanto difficile da leggere, ma sicuramente affascinante. E vorrei aggiungere emozionante per quella comune sorte che ci lega come esseri umani, imprigionandoci ma anche fornendoci le ali nel pindarico“diventa ciò che sei”.

Ed è proprio questa ricerca alla base della nostra possibilità non solo di esistere ma di vivere in modo creativo.

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