CULTURA
Cultura, lettera aperta di Peppe Fonzo: “Ma non chiamatela Città Spettacolo”

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A pochi giorni dalla presentazione del programma di Benevento “Città Spettacolo”, Peppe Fonzo del Magnifico Visbaal interviene sulla kermesse cittadina con una lettera aperta.
Questo il testo: “Cari tutti/e sento di dover scrivere questa mia per tenere alta l’attenzione sulla questione del Festival. Tengo a precisare che la nostra assenza non è motivo scatenante di questo intervento, siamo stati contattati dal direttore, abbiamo fatto delle proposte che non sono state accettate, e le motivazioni in accordo o no con il nostro pensiero sono assolutamente legittime. Ma vedendo il programma debbo constatare a malincuore che quello che preoccupava tutti gli operatori del settore da Benevento a Milano si è verificato. Purtroppo Benevento Città Spettacolo si è trasformata decisamente nel tanto acclamato e richiesto format “avversario”, intendo la benedetta festa di “Quattro notti e più di luna piena”.
Quest’operazione, a mio avviso, è molto pericolosa perché confonde le acque. Signori, parliamoci chiaro, senza snobismi o sentenze fuorvianti: una cosa è l’intrattenimento, altra cosa è Città Spettacolo. Il teatro è in crisi lo sappiamo, (in realtà il teatro è crisi) economica, di idee, progetti, contenuti, scommesse sulle nuove compagnie, e tante sono le giovani realtà mai davvero interpellate, costrette, come noi, a inventarsi mille proposte adiacenti e rassegne nei sottoscala pur di sopravvivere. Ma la salvezza non sta nell’accontentare la massa indistinta con eventi di richiamo lasciando lontano l’impegno civile, sottotraccia di qualsiasi Festival che si rispetti. Certo non sottovaluto l’indotto che i vari negozi e le aziende prevalentemente ristorative potranno trarne, non escludo le decine di migliaia di persone che arriveranno da tutta la Campania trasformando un Festival di “nicchia” in un boom di presenze mai sentito nella storia. (Ma poi scusate, teatro di “nicchia” che cosa vuole dire? Questa approssimativa e pessima classificazione che viene affibbiata a chiunque non faccia show come “Amici” di Maria de Filippi o “Centovetrine” è molto pericolosa.
Vogliamo dire che qualunque spettacolo che non arriva a 1000 spettatori è di nicchia? E’ fallimentare? Se è così è fallimentare il 98% del teatro mondiale. Ripeto e ripeto e ripeto ancora: ben vengano iniziative popolari dalle sagre, che adoro per le mie radici contadine, ben vengano i festival amatoriali, le kermesse musicali, cabaret, concerti pop, sia benedetta Quattro Notti e Più… ma questa non chiamatela Città Spettacolo. Perché il teatro è un’altra cosa, il Festival Benevento Città Spettacolo è un’altra cosa, e questo nome va difeso. E’ assolutamente vero che nelle ultime disgraziate edizioni si è cercato disperatamente di tenere in vita un cadavere ormai in decomposizione allontanando sempre di più il teatro dal popolo, dai cittadini. E’ vero che la passata amministrazione non si è applicata particolarmente per rinnovare un’idea, delegando ai direttori artistici imprese impossibili, non per questo il Festival deve snaturarsi. Città Spettacolo è teatro, per il teatro, per gli operatori, per gli appassionati, per i critici e per chiunque voglia allenare il proprio sentire emotivo.
E non basta un Glauco Mauri (anche egli monumento ai caduti) o un Marco Travaglio per alzare l’asticella. Ripeto il teatro del 2016 è proprio altrove, il suo ruolo è dire cose scomode, un luogo che deve lasciare spazio all’immaginazione, evocare, far riflettere, ridere e piangere, spaventarsi e sorridere, fare proposte difficili, complesse, impegnative, scandalizzare, stare al passo con i tempi, insomma mantenere sveglie le menti e affamati gli spettatori, non sazi e sonnolenti. Sto dicendo cose che in una città come Napoli sono all’ordine del giorno, vedi il programma del Teatro Festival degli anni passati e quello tanto discusso di quest’anno, che comunque si spalma anche durante l’autunno.
Certamente non sono io quello che deve dire cosa dovrebbe essere un festival di teatro in una città che è madre di una rassegna di rilievo nazionale di quasi 40 anni. Ma ho sempre voglia di ricordare cosa c’è scritto all’ingresso di uno dei teatri più belli e grandi d’Europa, il teatro Massimo di Palermo: l’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Dunque io chiedo a questa amministrazione per favore non distruggete un lavoro certosino portato avanti da menti illustri, che ha visto capolavori e fiaschi, grandissimi attori e compagnie promettenti Per favore non annacquate quella delicata scintilla necessaria nel nostro lavoro, quella cosa intangibile che si chiama “sogno”; il teatro è questa sostanza, e questa sostanza va alimentata.
Non combattete il tedio mortale che questa provincia tocca amaramente col frastuono caotico del carnevale perenne, non solo con quello almeno, perché la vita è anche molto altro e il teatro ne rivela l’essenza nelle piccole pieghe, riuscendo ad arrivare molto più lontano di quanto si possa immaginare… silenziosamente, con amore, e delicatezza. Grazie”.
Peppe Fonzo
Marco Serino
7 Ago, 2016 a 10:38
Premetto che il programma mi interessa per qualche evento o concerto al quale assisterei volentieri. Ma non penserò certo di assistere a Città Spettacolo. La manifestazione detta “Città Spettacolo” era – e doveva restare – un festival di teatro. Un elemento di distinzione per la città, un festival che auspicavo diventasse un “Santarcangelo dei Teatri” minore. E le potenzialità c’erano. Un festival, insomma, in occasione del quale poter assistere a spettacoli originali e innovativi, che durante una normale stagione teatrale, in una città come la nostra, non si vedono, o si vedono molto raramente. A mio avviso, è a questo che serve un festival di teatro di questo genere. E i laboratori? E la riflessione sul contemporaneo, sulle frontiere del teatro? Queste cose le ho scritte tempo fa in una webzine (non locale) chiamata “Tafter”, che ora non esiste più, e le ripropongo ora:
2/09/2010
Effetto festival: il teatro si sveglia, almeno per dieci sere di
fine estate
I piccoli centri spesso non possono
permettersi stagioni teatrali ad ampio raggio, a differenza delle città più grandi, dove i
cartelloni (e i teatri) sono numerosi e la scelta è diversificata. L’offerta di spettacolo dal
vivo grava sulle risorse economiche ed infrastrutturali disponibili e deve comunque
soddisfare le richieste di un pubblico considerato nei suoi caratteri più generici. Ma se
l’eccezione conferma la regola, quest’eccezione si presenta di fatto grazie ai festival.
È questo il caso di Benevento, comune campano di circa 60.000 abitanti nel quale il festival
“Benevento Città Spettacolo”, giunto ormai alla trentunesima edizione (3-12 settembre
2010), nel bene e nel male concede agli spettatori di assistere a spettacoli che solitamente
non arrivano nei teatri sanniti da novembre ad aprile o giù di lì. Inoltre, benché certi
protagonisti del teatro nazionale non manchino, gli spettacoli più interessanti sono spesso
quelli che non hanno la necessità di fregiarsi di nomi a valore di richiamo.
La sperimentazione, quando ce n’è, è ben accetta, la molteplicità delle proposte pure,
basta leggere il programma. I più, forse, si domanderanno, come non di rado accade, chi
sono gli sconosciuti il cui nome campeggia sotto il curioso titolo di uno spettacolo –
eccezion fatta per gli addetti ai lavori e per gli spettatori più attenti, che riconoscono le
professionalità di valore.
Inoltre il festival si svolge nella e con la città, in tutti i sensi, valorizzandone le
caratteristiche, riutilizzando spazi remoti e suggestivi, invitando lo spettatore a scoprire
anche luoghi inusuali per lo spettacolo dal vivo, prima di rassegnarsi alla proposta
stagionale, solitamente più ingessata e confinata nella struttura dei circuiti regionali e nelle
proposte impacchettate per il pubblico invernale, borghese o popolare che sia.
Nella prima decade di settembre i teatri di Benevento saranno tutti aperti, almeno quelli agibili, e il Comunale “Vittorio Emmanuele”, bomboniera di teatro all’italiana, festeggerà i
suoi 150 anni. Ma ci saranno anche altri spazi all’aperto e/o “non teatrali”: tra i tanti, l’ex
macello, ora Mulino Pacifico (e sede teatrale stabile), il deposito degli autobus – e per di
più un vero e proprio autobus –, l’arena presso l’Arco del Sacramento e il neonato
Parco archeologico di Cellarulo, nelle antiche zone romane, nonché piazze e vicoli, e così
via. La città intera un teatro, talvolta senza quarte pareti né quinte. Una tendenza recente,
sebbene non del tutto nuova, caratteristica anche del vicino e più impegnativo Napoli
Teatro Festival Italia, che quest’anno è peraltro partner della rassegna sannita.
Tutto ciò in virtù della possibilità di circoscrivere l’eccezionalità delle proposte nel
perimetro dell’evento, gregario dell’onda festivaliera che durante l’intera estate anima le
città italiane, un po’ ovunque. La manifestazione coniuga proposte culturali di un certo
spessore con l’intrattenimento (il calendario prevede prosa, performance, concerti, mostre,
ecc.) e produce ricadute di visibilità per il Municipio, che svolge la sua attività di
produzione culturale pubblica, alla faccia della crisi. E soprattutto, per i più giovani ma
altresì per i meno giovani, si può andare a teatro spendendo meno del solito (alcuni
spettacoli sono gratuiti e i biglietti e gli abbonamenti costano comunque meno di quelli
della stagione tradizionale: 10 euro per un singolo spettacolo) e magari partecipare ad un
laboratorio, gratuito (nelle passate edizioni ce ne sono stati anche di più, e spesso curati da
professionisti di grande rilievo). Per l’autunno-inverno, poi, si potrà sperare in altre
occasioni, come “Universo Teatro”, festival di teatro universitario che, per fortuna, a questi
giovani offre possibilità di espressione e di condivisione di esperienze sociali, ludiche e
sceniche.”