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Campania Benevento Pride, ecco il programma: la giornalista Giulia Innocenzi madrina dell’evento

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Sarà presentato alla stampa e alla città il programma del Campania Benevento Pride previsto per il prossimo 6 giugno. L’appuntamento è per mercoledì 3 giugno, alle 16.30, a Palazzo Mosti. Interverranno il sindaco Fausto Pepe e il Coordinamento LGBT Regionale.
A meno di una settimana dall’evento, iniziano a saltar fuori i primi particolari che riguarderanno la manifestazione. “Amate, amate le streghe son tornate”: questo lo slogan dell’iniziativa sannita. Il concentramento è previsto alle ore 15 in piazza IV Novembre, davanti alla Rocca dei Rettori. Alle 16 partirà il corteo che, lungo il percorso, sarà accompagnato dalla musica. Alle 18 è fissato l’arrivo in piazza Risorgimento, dove si alterneranno sul palco gli interventi delle varie associazioni partecipanti. Ospiti del Pride saranno la madrina Giulia Innocenzi e Carlo Gabardini.
In serata, alle 21, concerto in piazza Arechi II con i Rei Momo e Fede ‘n Marlen. Alle 23, infine, dj set con Hosting TheShow_Ea Voice, Umberto Finelli, Geff, Walter DB e Domenico Girolamo.
LA NOTA DELLA CGIL – La CGIL di Benevento aderisce, sostiene e saluta il Benevento Campania Pride del 6 giugno 2015, per la difesa dei diritti di tutte le persone e contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e le violenze di genere, ed invita i propri iscritti e le proprie iscritte a partecipare.
La CGIL da sempre sostiene le lotte per l’eguaglianza e la libertà , contro il pregiudizio e contro ogni forma di discriminazione nel mondo del lavoro, nella scuola e nella società, in una visione laica basata sull’inclusione e sull’uguaglianza dei diritti civili e sociali.
Tutti i diritti fondamentali, compresi quelli legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere, devono trovare la loro completa definizione. Uguaglianza, autodeterminazione, libertà di coscienza e di espressione delle persone e laicità dello Stato, lotta a tutte le discriminazioni, contrasto all’omofobia e alla transfobia, riconoscimento del valore fondamentale delle diversità, devono essere alla base del vivere civile. È sbagliato considerarli, come fa la parte clericale più conservatrice e tradizionalista, quella parte dalla quale il Papa stesso sembra marcare sempre più le distanze, una sconfitta dell’umanità ; al contrario si tratta di diritti, valori di civiltà. Il recente referendum irlandese che, con una valanga di voti favorevoli nel primo pronunciamento al mondo di un popolo su tali tematiche, ha legittimato il matrimonio omosessuale, dice molto anche a noi italiani e dimostra come, persino in una nazione dalle forti radici cattoliche e dalle tradizioni conservatrici, si sia preso atto che è maturo il tempo per dare alle unioni omosessuali risposte concrete.
La pari dignità non può esaurirsi in annunci saltuari e piccole concessioni, ma deve impegnare finalmente il nostro Stato nel riconoscimento giuridico di tutte le famiglie, di tutti i progetti di vita insieme, rispettando le tante differenze sessuali, e nella piena integrazione, mettendo in campo interventi legislativi e azioni positive, informative e culturali a tutti i livelli istituzionali, in opposizione al pregiudizio.
L’Italia è l’unico paese occidentale senza regole sulle unioni omosessuali. Le unioni civili, come le coppie di fatto, non vanno semplicemente regolamentate, vanno tutelate poiché portano con sé il valore sociale della solidarietà e del sostegno reciproco. Valori che, particolarmente in una società come quella attuale, in cui prevalgono nettamente spinte individualistiche, dovrebbero essere riscoperti e promossi. La classe politica italiana ha l’obbligo di dare finalmente risposta alle tante facce della problematica delle unioni civili e dei matrimoni che incalzano anche in forme nuove.
Da tempo, ad esempio, urgono interventi di regolazione sociale verso i dilemmi posti dalle migrazioni legate ai processi di globalizzazione o a fattori politici, sociali e religiosi e che toccano particolarmente il nostro Paese. Sono realtà che pongono istanze legate alle nuove coppie che, in tali situazioni, si formano, alle nuove famiglie, alle diverse sensibilità e religioni, ai diversi modi di intendere le relazioni tra sessi e generi; non si tratta solo di affrontare i relativi problemi dell’accoglienza o della sicurezza. Non si possono più negare tali evidenze né nascondersi dietro le conclamate priorità economiche. Nessuno scontro sociale né con la Chiesa.
Bisogna prendere atto che, come altre volte, la gente comune ha dimostrato di essere più avanti della politica, di lobby e potentati, di caste e di gruppuscoli dediti all’estenuante e odiosa battaglia per l’autoconservazione. Va finalmente superato il sistema di veti incrociati contro cui va a sbattere nel nostro paese ogni sorta di cambiamento.