CRONACA
Dal Sannio l’idea di un golpe a Cabinda, e il Grande Oriente d’Italia si costituisce parte civile

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La loggia del Grande Oriente d’Italia si è costituita parte civile, perché ritiene di aver subito un danno d’immagine, contro un gruppo di massoni della Grande Loggia indipendente d’Italia, imputati davanti ai giudici della Quarta sezione del Tribunale di Milano, con l’accusa di aver tentato di reclutare mercenari per organizzare un colpo di stato nella regione Cabinda dell’Angola. Gli imputati, in gran parte originari di Benevento, devono rispondere della violazione dell’articolo 3 e 4 della legge 210/95 che ha ratificato la Convenzione Onu contro il reclutamento di mercenari. Tra le accuse anche la truffa aggravata, la corruzione e la tentata truffa per aver cercato di frodare il Fisco.
Nel capo d’imputazione formulato dal procuratore aggiunto Armando Spataro, a capo del pool antiterrorismo della Procura di Milano, i 12 imputati "hanno finanziato il reclutamento e l’ addestramento… di almeno 30 uomini da destinare alla guerra di secessione del Cabinda, e quindi al fine di far loro combattere un conflitto armato nel territorio controllato dall’ Angola e al fine di farli partecipare ad azioni preordinate e violente dirette a mutare l’ ordine costituzionale e a violare l’ integrità territoriale dell’ Angola, di cui essi non erano né cittadini né stabilmente residenti, senza far parte delle forze armate di una delle parti del conflitto e senza essere invitati in missione speciale ufficiale quali appartenenti alle Forze Armate di altro Stato estraneo al conflitto".
C’é poi il versante fiscale: per ricevere indebitamente fondi, gli imputati avevano creato due onlus la ‘Freedom for Cabinda’ e la ‘Freedom for Cabinda confederation’. Le due improvvisate onlus ricevevano sì denaro che, però, non finiva per aiutare la popolazione dello Stato africano, ma per abbattere gli utili di alcune società che poi ritornavano parte delle somme attraverso false fatturazioni agli imputati. Con questo meccanismo, gli imprenditori che facevano le donazioni usufruivano di un’Iva agevolata al 3% (invece del 20%).