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Rete Rose Rosse, la Memoria come invito alla lettura

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Il Presidio di Legalità e Giustizia di Rete Rose Rosse Campania a San Giorgio del Sannio, nel sottolineare come l’Amministrazione Comunale non abbia ritenuto opportuno celebrare assieme a tutta la comunità sangiorgese la Giornata della Memoria (ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano ), così come era accaduto già per il 25 Aprile ed il 1 Maggio, rivolge alla comunità il seguente invito:

Rete Rose Rosse Campania vuole celebrare la Giornata della Memoria attraverso un invito alla lettura.
Non si tratta, però, del "solito" libro sulla Shoah, sui campi di concentramento, su Auschwitz…
In "Qui non ci sono bambini. Un’infanzia ad Auschwitz" di Thomas Geve troviamo un grande elemento di novità e un nuovo spunto di riflessione soprattutto per i genitori che vogliono spiegare ai propri figli, anche piccoli, l’Olocausto.
"Qui non ci sono bambini" è la descrizione molto dettagliata, attraverso i disegni di un ragazzino, non solo dell’ architettura e dell’organizzazione del Lager, ma anche del funzionamento interno, dei tipi di lavoro, dei regolamenti disciplinari, dei problemi igienici, dell’alimentazione all’interno del campo di concentramento di Auschwitz.
Nei disegni di quel ragazzino tredicenne troviamo la cruda e terribile realtà del campo, quel campo in cui lui, più robusto degli altri, era stato considerato abile al lavoro e solo per questo motivo non era finito nelle camere a gas, dove, invece, finivano tutti i bambini e i vecchi:"…Poiché dimostravo più della mia età, ebbi la fortuna di essere considerato abile al lavoro. I bambini sotto i quindici anni erano inviati direttamente alla camera a gas. A parte un altro ragazzo, uno zingaro di nome Jendros, allora ero il più giovane dei 18.000 internati nel campo di Auschwitz i. Avevo il numero di matricola 127003…Dopo l’evacuazione di Auschwitz sono stato nel campo di Gross-Rosen, nel gennaio del 1945, e poi a Buchenwald, dove sono stato liberato l’11 aprile 1945. Prima di quel giorno non avevo mai conosciuto la libertà…"
I disegni di Thomas sintetizzano tristemente i temi di una sopravvivenza disperata: le file dei treni e delle baracche paradigma della tortura, lo schema delle camere a gas in cui andranno a morire tutti gli altri ragazzini, il filo spinato che è insieme simbolo di reclusione e di impotenza, le fogne sogno di una improbabile ed illusoria fuga, le torture, le impiccagioni ma anche la caccia ai pidocchi, i lavori quotidiani scanditi dagli orari, i contrassegni di stoffa che distinguevano i reclusi (ebrei, zingari, detenuti politici e così via),i bracciali per le varie mansioni (ad esempio, kapò, capo del blocco), l’infermeria, dove le persone venivano operate senza anestesia e dalla quale uscivano grida barbare, e persino il bordello con le donne costrette a mettersi al servizio dei militari.
Questi disegni Thomas li fece durante la convalescenza che seguì la sua liberazione da Auschwitz: "Ero gravemente debilitato – scrive nell’introduzione – e avevo perso le unghie dei piedi per l’attrito contro gli zoccoli di legno e per la denutrizione. Troppo malridotto per lasciare la mia baracca, il blocco 29, quello dei prigionieri antifascisti tedeschi, vi rimasi più di un mese dopo la liberazione del campo. Fu allora che eseguii una serie di settantanove disegni miniaturizzati, a colori, delle dimensioni di una cartolina, per illustrare i vari aspetti della vita in campo di concentramento. Li feci essenzialmente con l’intento di raccontare a mio padre la situazione cosi com’era realmente stata".
I disegni di Thomas oggi raccontano a noi, e atraverso di noi ai nostri figli, un’infanzia rubata, l’esperienza di un ragazzino che attraverso la memoria di ogni piccolo particolare trova la forza di sopravvivere all’inferno, fino alla liberazione, che pure viene disegnata, come l’ingresso in un "nuovo mondo".
Da quei giorni del 1945 Thomas Geve non ha mai più disegnato.

Rete Rose Rosse Campania rivolge un accorato appello ai genitori perchè non aspettino che di queste cose ne parli a scuola e perchè non considerino questi temi troppo crudi e duri per i bambini: è vero, è difficile parlare di barbarie, morte, terrore e persecuzione ai bambini, soprattutto ai più piccoli, ma non si può non tramandare e non raccontare loro ciò che non vogliamo accada più e soprattutto non si può demandare ad altri questo compito!
E’ importante, invece,spiegare loro queste cose con le parole che loro conoscono, raccontargliele sotto forma di storia, magari prendendo spunto dal diario di Anna Frank o ldal film "La vita è bella", sfogliare con loro i disegni di Thomas Geve, leggere insieme "La stella di Esther", un fumetto, pubblicato in Olanda proprio dalla Casa di Anne Frank, che narra dei ricordi di una donna ebrea, ormai anziana, la quale racconta della sua fuga in Olanda per sfuggire ai campi di concentramento…o ancora, molto più smplicemente, parlare con loro di quanto siano negativi i frutti dell’odio, di qualsiasi tipo di odio, per la vita dell’uomo e di quanto, invece, siano positivi i frutti della convivenza armoniosa, cercando di sviluppare nei bambini, in virtù del confronto tra le due cose, una coscienza critica su questo tema. 

Il ricordo un dovere che dobbiamo ai morti e ai vivi, per conoscere, per sapere, per scegliere e realizzare nella vita di ogni giorno la giustizia e la tolleranza.

 

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