Salute
Il “topo della discarica” aiuterà a conoscere gli effetti dell’inquinamento ambientale sull’uomo

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Sarà il ‘topo della discarica’ ad aiutare la medicina del futuro. Perché, da sempre associato allo sporco e alle condizioni di scarsa igiene, l’animale è la chiave per studiare gli effetti degli agenti contaminanti presenti nell’ambiente che ci circonda. Così, prendendo il topo, facendogli bere l’acqua che scorre nelle falde intorno a una discarica, si arriverà in un futuro a capire la relazione che c’è tra l’alterazione di un ormone, come quelli tiroidei o sessuali, e il cocktail di agenti tossici presenti nell’ambiente circostante.
Lo studio in questione è condotto dalla biologa Concetta Ambrosino, ricercatrice dell’Università del Sannio, nel centro di ricerca Biogem di Ariano Irpino.
Gli studi finora condotti ”sono di natura epidemiologica – dice la biologa in un’intervista alla Adnkronos – e ciò vuol dire che sono retrospettivi sull’uomo. Non si ha possibilità di modulare lo studio. Prendi i dati, conti quanti malati ci sono. Ma non puoi dire quale sia la causa”.
Per rimanere nella stretta attualità, non conoscere con certezza il fattore scatenante di una malattia ha portato il commissario straordinario dell’Ilva Enrico Bondi a sostenere, nel suo rapporto finale, che le cause dei tumori ai polmoni dei tarantini, ma anche dei cani e delle pecore, sono da ricercare nei vizi di fumo e alcol e non nelle emissioni dello stabilimento siderurgico. ”Trovando invece i marcatori – dice la biologa – non si potrà più dire che anche gli animali fumino sigarette”.
Lo studio della biologa Ambrosino nasce “dalla preoccupazione di quali possano essere gli effetti che l’ambiente contaminato può avere su di noi. Questi effetti sono ancora più preoccupanti quando riguardano generazioni future”.
Un esempio: l’arsenico contenuto nell’acqua potabile. ”Secondo la normativa possono essercene 50 microgrammi per litro. Ma ci sono studi che hanno dimostrato la sua tossicità anche a dosi molto più basse, soprattutto se l’esposizione comincia in età precoce, addirittura in utero. Più si è giovani, maggiori saranno le conseguenze”.
Quello che va maggiormente considerato, continua Ambrosino, è il cocktail di sostanze tossiche. ”Dire che l’arsenico a una determinata dose non è tossico è sicuramente vero. Ma non si può escludere che l’arsenico aggiunto a tanti altri contaminanti lo diventi”.
Senza dimenticare, aggiunge la biologa, che c’è anche il problema del bioaccumulo. ”Se bevo arsenico per un mese non succede nulla. Ma se lo bevo tutti i giorni, sempre, questo arsenico si accumulerà. Nel nostro approccio sperimentale tutti questi aspetti li possiamo prendere in considerazione”.
Somministrando le acque contaminate al “topo della discarica”, attraverso un biomonitoraggio, cioè accoppiando le analisi classiche che si fanno di routine ad alterazioni dell’espressione genetica, si potranno studiare le alterazioni fenotipiche: “Abbiamo verificato se stavano bene o se stavano male, oppure se non crescevano. Lo abbiamo fatto nel tempo e nelle generazioni. Abbiamo esposto gli adulti e abbiamo visto gli effetti sui figli”.
I risultati, ancora top secret, degli studi effettuati al centro Biogem potrebbero andare oltre. ”Dovrebbero diventare un suggerimento al legislatore affinché’ comprenda che la valutazione della tossicità va concepita in termini differenti. Non solo in termini di misura del contaminante, ma anche di verifica degli effetti e come si trasmette alle generazioni future”, conclude Ambrosino.