Valle Telesina
Frasso Telesino: Fuoco, Acqua, Terra e Aria nel culto millenario di San Michele

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Nei giorni 4 e 5 maggio 2013 si è svolta presso l’Istituto Comprensivo San Giovanni Bosco (androne al primo piano) lungo il Corso Amedeo Calandra la mostra del 1° Concorso di Disegno e Fotografia denominato San Michele e la Tradizione del Majo “Fuoco, Acqua, Terra e Aria nel culto millenario di San Michele” organizzata dall’Associazione Culturale Terravecchia di Frasso Telesino.
L’ispirazione è nata dal desiderio di diffondere, ricordare il legame che da secoli lega il popolo di Frasso Telesino alla figura emblemativa di S.Michele rappresentata in una statua in pietra garganica che fino a qualche anno fa risiedeva nella chiesetta a lui dedicata e adiacente il vecchio eremo.
Infatti la figura di San Michele Arcangelo è una figura emblematica della nostra comunità in quanto racchiude in simbiosi quattro elementi fondamentali della natura e del creato: Il FUOCO, l’ACQUA, la TERRA e l’ARIA.
Il giorno 5 Maggio 2013 alle ore 20.00 è avvenuta la premiazione, secondo le varie categorie, avverrà il attraverso la votazione popolare espressa da ogni singolo visitatore e attraverso il giudizio di una giuria tecnica di sette membri che comprende il vicesindaco, le rappresentanti della Scuola di Infanzia, Scuola Primaria e Scuola Secondaria, di un esperto di arti figurative, di un fotografo professionista e di un rappresentante dell’Associazione.
La sezione del concorso dedicata al disegno ha coinvolto le scuole presenti sul territorio, Scuola d’Infanzia, Scuola Primaria e Scuola Secondaria di Primo grado che hanno prodotto più di 70 opere.
La sezione del concorso dedicata alla fotografia ha coinvolto 16 fotografi non professionisti giovani e meno giovani, che hanno presentano n. 45 fotografie.
La premiazione è avvenuta alla presenza del vice sindaco Dott. Di Cerbo Giuseppe e della rappresentante dell’istituto Comprensivo Prof.ssa Iannella Carmina.
Il Primo premio della Sezione Concorso di Fotografia è stato vinto da Della Selva Fabio di Frasso Telesino.
Il concorso che si è appena concluso rappresenta la novità all’interno dell’organizzazione della festa di quartiere denominata “Majo di S.Michele” che si svolge ogni anno la sera del 7 Maggio in Frasso Telesino dedicata a S.Michele.
Fino a qualche anno fa la statua di San Michele Arcangelo il giorno successivo all’accensione del “Majo”,l’8 maggio, veniva accompagnata in processione sulle spalle dei fedeli nella chiesetta in alta montagna, e veniva lasciata all’interno della piccola chiesa fino al mese di settembre, quando veniva sceso per essere ricollocato nella chiesa madre.
Anche quest’anno in occasione della vigilia dell’apparizione dell’Arcangelo Michele al Monte Gargano, si rinnova nei vari quartieri di Frasso l’ormai millenario rito dell’accensione del “Majo”. Si tratta di un grosso falò alla cui composizione partecipano i ragazzi di ogni quartiere che, dopo aver raccolto per settimane la legna, l’accatastano attorno ad un palo alla cui sommità un tempo venivano legati dei nastri colorati, o ghirlande fatte intrecciando piccoli rami.
Sull’origine etimologica del termine “Majo” sono sorti una miriade di studi che, di volta in volta, ne hanno indicato un’origine diversa, attribuendola da una parte alle aree nordiche e dall’altra al bacino del Mediterraneo e legata comunque ai culti arborei primaverili affondano la loro origini nella preistoria dell’uomo, quando più che mai l’albero rappresentava un elemento simbionte per la vita stessa dell’uomo, trovando quest’ultimo in esso protezione e fonte della sua alimentazione, dei suoi primi manufatti.
Tra l’altro è attraverso l’albero colpito dal fulmine che l’uomo ha conosciuto il fuoco e quindi la luce.
L’uomo da all’albero la simbologia di mettersi in comunicazione con i tre livelli del cosmo: quello sotterraneo, sommerso, attraverso le radici; terrestre col tronco e i rami più bassi; celeste, con i rami più alti e la sua cima. Ed è infatti universalmente considerato come il simbolo delle relazioni tra terra e cielo tra terreno e divino. Successivamente l’albero non viene più visto come divinità ma come sua dimora. Lo spirito arboreo invece di essere considerato l’anima di ogni albero, diventa la divinità della foresta. In questo modo l’usanza di tagliare e trasportare al villaggio un albero è un modo per portare nella propria dimora una parte dello spirito che ivi risiede e di farlo diffondere tra la gente assicurando fertilità e prosperità.
Se l’albero è dimora divina, in una similitudine con i rituali di mietitura esso doveva essere battuto, percosso o addirittura bruciato per assicurare la fuoriuscita dello spirito silvestre e dunque la fertilità.
Oggi a Frasso Telesino il “Majo” viene dedicato alla figura dell’Arcangelo Michele. Tutto il rituale ha acquisito così con il tempo un significato devozionale anche all’interno della pratica religiosa cristiana che non consente di guardare al rito arboreo come una mera testimonianza di un culto arcaico ma rende necessaria la sua contestualizzazione all’interno di un orizzonte culturale totalmente ampio in cui acquista un nuovo valore religioso e devozionale.
La Chiesa ha cercato sempre di mettere ordine a questo rituale non “troppo cristiano”. Con l’occupazione delle nostre zone da parte dei Longobardi, popolo di stirpe germanico il culto arboreo assunse nelle nostre contrade un significato maggiore.
Con la conversione dei Longobardi al cristianesimo, popolo legato più di altri ai rituali arborei, la Chiesa consapevole della difficoltà di allontanarli soprattutto in ambito contadino da questi rituali, “costrinse gli stessi ad inglobare queste tradizioni e ad integrarle nelle nuova religione. Divenuti cristiani essi elessero San Michele a Santo
protettore della loro nazione avendo l’Arcangelo caratteristiche simili al loro principale dio pagano Wothan.
Le sommità dei monti, il luogo più vicino alle divinità per eccellenza, dapprima identificati con la stessa divinità della terra e poi sede e dimora degli Dei, tra cui la Dea Mater divenne sede perenne del culto micaelico, come le caverne che sono state i più antichi santuari dell’umanità, luoghi di culto preistorici, considerate, come il grembo o
utero materno, luoghi dove erano nati gli dei e gli eroi, dimore di oracoli e divinità titaniche e porte del mondo simbolico, culturale ctonio, (cioè dedicato alla terra e al mondo sotterraneo), luogo di contatto con le forze e i poteri delle profondità divenne la Chiesa del Santo guerriero.