POLITICA
Regionali, i sondaggi riaprono la corsa per Palazzo Santa Lucia: centrosinistra sonnacchioso in calo, centrodestra sornione in rimonta
Ascolta la lettura dell'articolo
Negli ambienti più attenti alla campagna elettorale in corso, dove il dibattito è costante, a differenza di un corpo elettorale in gran parte disinteressato, se non infastidito, questa mattina l’argomento più discusso è, senza ombra di dubbio, il sondaggio mostrato da Bruno Vespa nel corso del suo storico format Porta a Porta.
È stato Antonio Noto, dell’Istituto Noto Sondaggi, a “dare i numeri” sulle tre regioni prossimamente chiamate al voto. Se i dati su Veneto e Puglia hanno confermato pienamente le previsioni dei mesi scorsi, con un ampio margine per il candidato della Lega e del centrodestra a Venezia e per il candidato del centrosinistra a Bari, diversa appare la situazione per Palazzo Santa Lucia a Napoli. Qui, infatti, il centrosinistra resta in vantaggio, ma con un margine che si è notevolmente assottigliato rispetto alle rilevazioni più recenti.
È giusto ricordare che nessuno immaginava di ripartire dalle percentuali delle regionali 2020, quando il centrosinistra di Vincenzo De Luca ottenne un plebiscito tra il 68% e il 69%. Più realistico, fino a poco tempo fa, era lo scenario del 60% per il centrosinistra contro il 40% per il centrodestra. Su questa base si ragionava, confortati anche da un sondaggio di poche settimane fa dell’agenzia Bidi Media, che attribuiva al centrosinistra circa il 55% e a Edmondo Cirielli il 41%. Un margine di 14 punti considerato rassicurante, nonostante l’erosione causata dagli outsider, che aveva colpito soprattutto il fronte progressista.Negli ultimi giorni, però, l’aria è cambiata. Già domenica scorsa, a Benevento, Cirielli aveva sorpreso gli intervistatori parlando di “grande rimonta” e indicando nella circoscrizione napoletana l’unica ancora in ritardo per il suo schieramento, ma sulla quale, aveva detto, si stava lavorando per ridurre ulteriormente la distanza da Fico e provare a sorpassarlo sul filo di lana. Parole che, di fatto, hanno anticipato le analisi di Antonio Noto a Porta a Porta.
“Fico è in una forchetta tra 50 e 54 per cento, Cirielli tra 43 e 47. Nei sondaggi di fine luglio, inizio settembre, registravamo 15 punti di differenza. È accaduto che Cirielli, pur essendo stato individuato dopo come candidato, ha iniziato prima la campagna elettorale. Adesso siamo al giro di boa e si può dire che giocano alla pari”. ha confermato il sondaggista a Repubblica.“Fico ha una coalizione forte, Cirielli è una persona forte. La campagna di Cirielli è legata al suo brand, quella di Fico più al concetto di alleanza”, ha aggiunto Noto, commentando i dati raccolti.
Proprio su questo punto si impone una riflessione. La sensazione di chi segue da vicino la campagna elettorale è che il centrosinistra stia sottovalutando la contesa. Non tanto i singoli partiti o i candidati consiglieri, ognuno dei quali, con i propri mezzi, sta facendo la sua parte, quanto la coalizione nel suo insieme, che appare poco compatta. Non si percepisce un vero gioco di squadra: ogni componente corre per sé, per dimostrare di essere determinante in una vittoria data troppo facilmente per scontata. Dalle punzecchiature deluchiane ai distinguo interni, fino alle incongruenze inevitabili di una coalizione eterogenea, manca quella “sintesi” umana e programmatica capace di dare slancio all’intera compagine.
Diversa la situazione nel centrodestra, partito in ritardo nell’individuazione del candidato ma rapidamente ricompattatosi, come da tradizione, attorno a un obiettivo comune. Oggi la coalizione marcia unita e con crescente convinzione.
Sul tavolo, però, c’è anche un terzo incomodo: l’astensionismo. Un fattore che i candidati alla presidenza della Regione non possono permettersi di sottovalutare. Secondo Bidi Media, l’affluenza potrebbe attestarsi intorno al 45-46%, con un calo di circa dieci punti rispetto al 2020 e oltre venti rispetto al 2005. Solo per capire quanta disaffezione sia montata verso questa istituzione democratica. Dei quasi cinque milioni di elettori campani, meno della metà si recherebbe alle urne: uno scarto del 7% tra i due schieramenti corrisponderebbe, quindi, a circa 160.000-180.000 voti, un margine tutt’altro che rassicurante. Basterebbe infatti lo spostamento da un fronte all’altro di circa80-90.000 voti per ribaltare il risultato.
Sull’astensionismo, Noto ha osservato: “Quando è bassa, va più forte il centrosinistra, perché elettorato più ideologizzato. Quando è alta l’affluenza favorisce il centrodestra. Ma ormai è chiara la differenza tra i due schieramenti”.L’astensione, dunque, resta un convitato di pietra al tavolo tra Fico e Cirielli. E il sondaggista conclude: “Quel 30 per cento di elettori, che decide alla fine della campagna elettorale, in teoria in Campania può cambiare tutte le carte in tavola”.




