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POLITICA

E se il Centrodestra avesse puntato su Mastella?

Chi meglio del sindaco di Benevento avrebbe potuto allargare i perimetri della coalizione al centro? Chi meglio di lui avrebbe saputo garantire i tanti centristi che in questi anni hanno bivaccato all’ombra di Palazzo Santa Lucia e che oggi, pur guardando con diffidenza alla candidatura di Roberto Fico, non hanno alternative a ricercare nell’alveo del centrosinistra una postazione utile? Sarebbe stato il sabotatore perfetto di questo campo progressista

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In Campania il centrodestra avrebbe potuto e dovuto farsi trovare pronto. Perché le condizioni erano tali da restituire alla coalizione di governo enormi spazi per provare a capovolgere gli equilibri nella prima regione del Mezzogiorno, sfruttando le divisioni interne al centrosinistra, la spaccatura tra De Luca e il suo partito, lo smarrimento diffuso nel campo opposto. Avrebbe dovuto, il centrodestra, individuare a tempo debito un candidato sufficientemente autorevole, giocoforza estraneo ad ogni appartenenza, capace di rassicurare, di offrire una prospettiva credibile agli apparati spaventati dal tramonto deluchiano. Avrebbe dovuto, quantomeno, colmare il vuoto sui territori, presidiare l’agenda, far valere il peso del governo nazionale.

La classe dirigente del centrodestra campano, sindaci, amministratori, consiglieri regionali e parlamentari, avrebbe dovuto pretendere la necessaria copertura, avrebbe dovuto aprire la campagna elettorale vera, quella che si gioca sulla scacchiera degli apparati, almeno un anno fa. Tanto più in considerazione della decisione di Giorgia Meloni di percorrere la via del ricorso alla Consulta contro il terzo mandato per opzionare l’opa sulle roccaforti leghiste. 

Oggi, quando manca un mese alla presentazione delle liste, le probabilità che il centrodestra possa sconfiggere il campo progressista guidato da Roberto Fico sono meno che scarse. Il candidato sarà civico, risponderà perfettamente al profilo che abbiamo delineato, ma è tardi, maledettamente tardi. Perché non si vince con il candidato ma con le liste e se il centrodestra, ad oggi, avrebbe difficoltà anche solo a presentarne quattro, una per ogni partito della coalizione, dall’altra parte c’è una coalizione costruita in ossequio ad uno schema nazionale, con un candidato già in campo, nella quale si lavora per non andare oltre le otto liste, trainata da un Partito democratico che fra un paio di settimane avrà in Piero De Luca il nuovo segretario regionale. Segretario manco a dirlo unitario.

Del senno del poi son piene le fosse, recita l’antico adagio. E tuttavia, se questo è il quadro, una domanda sorge spontanea: e se in Campania il centrodestra avesse puntato su Clemente Mastella? Chi meglio del sindaco di Benevento avrebbe potuto allargare i perimetri della coalizione al centro? Chi meglio di lui avrebbe saputo garantire i tanti centristi che in questi anni hanno bivaccato all’ombra di Palazzo Santa Lucia e che oggi, pur guardando con diffidenza alla candidatura di Roberto Fico, non hanno alternative a ricercare nell’alveo del centrosinistra una postazione utile? E chi meglio di Clemente Mastella, nella prima regione del Mezzogiorno, avrebbe potuto farsi interprete dell’evoluzione moderata a cui Giorgia Meloni lavora da tempo? Certo, il sindaco di Benevento, per la sua storia e per quel che rappresenta difficilmente avrebbe potuto mettere tutti d’accordo, difficilmente sul suo nome si sarebbe potuta determinare la sintesi per la candidatura apicale.

Ma certamente nessuno, meglio di Mastella, avrebbe potuto agire da federatore, nessuno meglio di Mastella avrebbe saputo determinare le condizioni per allargare la coalizione, per rompere gli argini e chissà, per alimentare una fruttuosa interlocuzione con Vincenzo De Luca e il suo esercito di fedelissimi. Nessuno meglio di lui avrebbe saputo infilarsi nelle contraddizioni del campo largo per spostare gli equilibri sui territori.

Si vince al centro e non è un caso se nell’ultimo quarto di secolo il centrodestra ha governato la Campania solo con Caldoro, per cinque anni, grazie al contributo determinante di Ciriaco De Mita, ai tempi dell’accordo con Cosentino. Lo stesso De Mita che poi, nella famosa notte di Marano, avrebbe consegnato allo sceriffo i numeri per la vendetta. Mastella, che da De Mita ha imparato tutto, avrebbe potuto svolgere la medesima funzione, sebbene in un contesto molto diverso, giocando su equilibri diversi. Sarebbe stato in grado, in ossequio ad un accordo chiaro e blindato, di favorire l’individuazione a tempo debito un candidato adeguato alla sfida, avrebbe saputo muoversi nella palude dell’indistinto per aggregare tutte le utilità marginali in cerca di una prospettiva, avrebbe saputo giocare sulle spaccature interne al Pd e al centrosinistra. Sarebbe stato il sabotatore perfetto, certamente il migliore sulla piazza.

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