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ECONOMIA

Olio e Olivicoltura protagonisti a San Lupo

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Al convegno voluto dalla Pro Olio San Lupo aps e tenutosi domenica 20 luglio, nell’ambito della Manifestazione Borgovagare, si è discusso di «Olivicoltura locale tra tradizione e innovazione – possibilità di sviluppo per le aree interne». Gli argomenti sono stati trattati con rigore scientifico, ma attraverso un linguaggio semplice, accessibile anche ai non addetti ai lavori.

Il Professore Raffaele Sacchi, del Dipartimento di Agraria di Portici – Università degli Studi di Napoli Federico II, ha ricordato il potenziale olivicolo del territorio, spiegando come in passato esso sia stato valorizzato e come, grazie alle innovazioni introdotte soprattutto nei settori della trasformazione e della conservazione, oggi sia possibile superare i risultati già raggiunti. Ha inoltre sottolineato l’importanza di una filiera completa, capace di utilizzare al meglio anche i sottoprodotti e di generare, sotto il profilo economico, un indotto significativo. Ha richiamato, inoltre, per ogni settore, il ruolo essenziale della cooperazione e della formazione, che possono crescere costantemente supportate dalla ricerca scientifica. E’ stata evidenziata anche la necessità di diffondere una maggiore consapevolezza riguardo ai parametri di valutazione della qualità. In sintesi, un invito ad accrescere la fiducia nell’olivicoltura locale, che negli ultimi anni sta progressivamente perdendo vitalità, e al tempo stesso uno stimolo ad ampliare le conoscenze e le competenze professionali nel settore.

Il Maestro Giovanni Onofrio, della Scuola Potatura Olivo Giorgio Pannelli srl, ha illustrato un approccio consapevole e sostenibile alla coltivazione dell’olivo, indicando buone pratiche olivicole e strategie per ridurre i costi di gestione: dalla lavorazione del terreno fino alla raccolta. Soffermandosi sulle caratteristiche botaniche dell’olivo, ha fornito utili indicazioni per evitare danni alle piante e per metterle nelle migliori condizioni produttive.

In merito agli impianti intensivi e superintensivi ha citato le diverse esperienze internazionali che dimostrano come questi modelli colturali presentino una durata limitata nel tempo e richiedano un’elevata intensità di interventi umani, rivelandosi inadeguati per le pregiate e numerose cultivar locali. Ha quindi descritto la tecnica di potatura a vaso policonico, l’unica in olivicoltura che rispetti le funzioni fisiologiche della pianta senza danneggiarla, velocizzando al contempo le operazioni di potatura e raccolta, le due voci più onerose in termini di costi per la stessa olivicoltura.

Il Vicepresidente di Slow Food Campania, Danilo Gorga, ha evidenziato l’importanza della biodiversità olivicola italiana, sottolineando come essa rappresenti un valore da salvaguardare e una risorsa strategica anche dal punto di vista economico, soprattutto se valorizzata attraverso un marketing territoriale etico e responsabile. Ha illustrato l’impegno di Slow Food in questa direzione, sia a livello nazionale sia a livello locale, fino a raggiungere tanti produttori meritevoli. Ha poi ribadito l’importanza della cooperazione e della promozione la consapevolezza del consumatore, da costruire attorno a un modello di olivicoltura sostenibile che unisca biodiversità, cultura e ambiente. Una cooperazione che Slow Food promuove attraverso la rete tematica internazionale “Slow Olive”, “il Manifesto in Difesa della Olivicoltura Italiana”, il “Presidio Olivi Secolari” e la “Guida agli extravergini”.

Tutti gli interventi hanno espresso una posizione critica nei confronti dell’olivicoltura intensiva e superintensiva. In sintesi, tali pratiche compromettono la qualità dell’olio e la conservazione della biodiversità olivicola, comportano un maggior consumo di acqua, l’uso intensivo di fertilizzanti e trattamenti chimici, nonché un ingente impiego di macchinari, con un conseguente incremento dei costi energetici. Inoltre, risultano inadatte ai declivi del nostro territorio, alterano il paesaggio e incidono negativamente sulla tutela ambientale e sull’identità visiva dei luoghi. Lo stesso vale per la pratica del diserbo. Queste modalità colturali, pertanto, non si rivelano sostenibili né sotto il profilo economico né in relazione alle sfide poste dal cambiamento climatico.

In conclusione, la salvezza delle aree interne è inevitabilmente legata all’economia. In territori come il nostro, l’olivicoltura – per la sua capillare diffusione – potrebbe rappresentare una via di rilancio, ma, come accade in molti altri settori, è minacciata da logiche speculative. Occorre invece riappropriarsi del ruolo di protagonisti attivi in un processo di sviluppo continuo, fatto di studi, conoscenze e innovazioni per valorizzare appieno le risorse già disponibili.

E’ stato, senza dubbio, un convegno di alto profilo. Come Pro Olio, siamo orgogliosi di averlo organizzato. Va tuttavia riconosciuto che il merito di questo risultato è interamente dei relatori qualificati che hanno scelto di condividere, a titolo gratuito, il loro sapere prezioso e impagabile.

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