ECONOMIA
Dalle moto alla politica, una vita ‘alla guida’ per il prof. Campese: ‘Ai giovani insegno la realtà delle cose e a coltivare sogni anche nelle aree interne’
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La storia di questa domenica parte a cavallo della fine degli Anni Ottanta e inizio dei Novanta. Il muro di Berlino è ormai caduto, l’Italia si appresta a vivere il suo Mondiale, quello delle notti magiche inseguendo un gol dell’indimenticato Totò Schillaci. Alla radio sta per arrivare ‘Wind of Change’, il brano degli Skorpions che sarebbe diventato nel cuore dei ragazzi di quegli anni un inno politico e collettivo del XX secolo. A Benevento un giovane di belle speranze e di bella famiglia, fresco di laurea in Scienze Politiche ad Urbino, inizia il suo percorso da docente seguendo le orme del papà, stimatissimo preside. Se da un lato l’insegnamento sarebbe diventato parte fondamentale del suo percorso professionale, dall’altro la politica – una passione ereditata dal nonno senatore – avrebbe completato quella formazione che lo ha poi portato, a distanza di 30 anni e più, a ricoprire incarichi e ruoli istituzionali importanti. Dietro quel curriculum vitae di pagine e pagine, però, si nasconde anche un viaggiatore, un pilota di aerei, un motociclista professionista, un uomo eclettico. Un sognatore. Stiamo parlando di Antonio Campese, 62 anni, prof di economia aziendale, ultimo presidente della Camera di Commercio di Benevento prima dell’accorpamento con Avellino.
A proposito di Ente Camerale, che ne pensa del commissariamento e di questa fase di ‘immobilismo’ che dura da un anno e mezzo?
Ci sono sempre gli stessi problemi irrisolti. Iniziando dalla verifica della rappresentanza delle associazioni e di quella sindacale nel Consiglio Camerale: questioni mai risolte. C’è un silenzio assordante della politica in merito al commissariamento, che dura ormai dal marzo 2023. Un commissariamento salernitano, ricordiamolo, che spende soldi per finanziare attività su Napoli o consulenze ed esperti del Salernitano. Per il futuro non mi aspetto nulla di buono per come stanno andando le cose: il commissariamento procede da tempo, le procedure per le nuove elezioni sono molto farraginose. E poi mi permetta di dire una cosa.
Prego.
Il Consiglio deve essere rappresentato da associazioni vere che hanno radicamento, storia, strutture solide, bilanci, servizi concreti e personale. Non da associazioni che esistono solo sulla carta o nei garage o con persone che parlano per nome di coordinamenti che non esistono.
Al di là dei campanilismi, questo accorpamento ha rafforzato o danneggiato il Sannio?
Le fusioni sono state fatte con i piedi e non hanno prodotto da nessuna parte né virtuosismi né sinergie. Quello che noto è che enti virtuosi, come le due Camere di Commercio, vengono aggrediti nelle finanze e lasciati poi al loro destino. E’ un modo di concepire la ‘cosa pubblica’ che non condivido. La nostra Camera di Commercio era un ente virtuoso sul piano della contabilità e i suoi problemi li aveva anche curati. Con questa fusione a freddo è stata snaturata, ha perso la sua identità e ora è difficile ricostruirla.
Oggi si parla tanto di aree interne che devono ritornare al centro del discorso politico…
Hanno tutte gli stessi problemi: spopolamento e carenza di servizi sempre crescenti. Purtroppo, le aree interne sono destinatarie di politiche di risulta: dal punto di vista elettorale contiamo poco. Per la Regione, dunque, è più facile penalizzare un territorio marginale che porta voti irrisori. Concretamente, la penalizzazione si traduce in minori risorse e accorpamenti un po’ improvvidi, mancanza di servizi essenziali o poche occasioni lavorative. Così da determinare la fuga dei giovani. Andrebbe invertita la tendenza: le aree interne rappresentano una grande opportunità. In alcune zone qualche segnale si verifica: penso a Matera o ad altri comuni limitrofi divenuti attrattivi grazie a politiche di investimento, innesti di servizi che vanno ad accompagnare una visione di sviluppo. Appunto, visione: cosa che manca nella nostra politica regionale.
Da presidente dell’Ente Camerale ha lavorato per promuovere il ‘brand Sannio’…
La pandemia ha fatto danni seri. Penso all’operazione del vino con il Sannio Falanghina Capitale Europea del Vino nel 2019: tutto il lavoro fatto, anche a livello identitario, è andato perso con il covid. Sfilacciata pure l’identità territoriale dal punto di vista commerciale. Se penso al Sannio e all’Irpinia vedo due realtà economiche differenti: i numeri dell’Irpinia sono nettamente superiori. Anche nel comparto della carne, dove noi siamo fortissimi con prodotti di altissima qualità, la realtà avellinese è una spanna avanti con numeri di gran lunga superiori sul piano dell’esportazione. Viaggiamo a due velocità differenti. C’è un’altra attenzione.
Tornando al vino: resta memorabile quella sua dichiarazione (’l’ultimo selfie’) a proposito della Falanghina Capitale Europea del Vino. Una occasione mancata?
Bisogna darsi una scrollata. Le politiche economiche vengono prima dei campanilismi. Prendiamo il vino: produciamo bottiglie di grande qualità, ma è un settore frammentato con troppe cantine da 10mila bottiglie. Quando andiamo su certi mercati, la massa critica non c’è. Conquistiamo anche fette di mercato, ma poi non siamo in grado di governarle. In Irpinia ci sono due/tre grandissime realtà che fanno numeri importantissimi. Noi abbiamo qualche Cantina sociale, alcune aziende di eccellenza che fanno quel che possono. Insomma, si fa quel che si può. E’ anche vero che in 20 anni di passi avanti ne sono stati fatti tanti.
E’ stato un punto di riferimento nazionale per Confartigianato. Oggi guida la Claai provinciale. Che momento sta vivendo il comparto?
L’artigianato è molto in difficoltà. E continua a perdere sempre più imprese. La mia Claii, e lo dico con un po’ di orgoglio, è una associazione con una squadra straordinaria che, in termini di rapporto territorio/rappresentanza imprese, è tra le prime in Italia. A differenza di altre il sistema Claai è light, economico, lascia più risorse sul territorio. Come comparto, però, viviamo una situazione anomala: gli artigiani ultrasessantenni continuano a esistere, i giovani aprono e chiudono. Chi conosce il mestiere, continua a lavorare: penso ai falegnami, ai calzolai, ai fabbri, ai saldatori. I giovani, invece, vivono un mancato trasferimento di saperi. E’, probabilmente, il fallimento del nuovo apprendistato, detto anche professionalizzante, che è stato molto schematizzato, ridotto a moduli da apprendere. Un tempo si mandava il ragazzo in bottega a imparare, oggi questa funzione è delegata erroneamente alla scuola. La grande richiesta di operai specializzati non viene soddisfatta a causa del mancato trasferimento di saperi: dopo la formazione ci vuole sempre la qualificazione. La scuola è un ente di istruzione, non di formazione. O di qualificazione.
Che fase sta vivendo Benevento dal punto di vista commerciale?
Vedo un grande turnover di attività, in particolar modo nel campo della ristorazione. Le realtà che si consolidano, però, sono poche. Sono convinto che i servizi vadano distribuiti in maniera diversa, facendo crescere tutti i quartieri, anche quelli periferici e dormitorio. Iniziamo ad interrogarci se tutte le zone sono complete di servizi. Purtroppo le liberalizzazioni – con la ‘Bersani’- non ha aiutato: se metti tre bar uno accanto all’altro non migliori la situazione. In passato c’erano distanze minime da rispettare. La disomogeneità ha poi creato anche problemi di congestione e di mobilità.
Periodicamente si torna anche a parlare sdelle difficoltà del commercio nel centro storico…
Nel centro storico si parla ancora di dehors, battaglie che nel tempo non sono state gestite con grande intelligenza. Il centro storico ha bisogno di parcheggi e di fruibilità. C’è un megaparcheggio abbandonato e non si capisce perché non decolli, piazza Orsini chiusa, i lavori al Terminal. Esistono problemi per i residenti e per i commercianti. Fondamentalmente mancano servizi che invoglino i cittadini ad arrivare in centro. Altra cosa è il turismo: Benevento è molto attrattiva, bisogna lavorare in questa direzione.
Coltiva ancora la passione politica?
E’ stata abbandonata da un po’. L’ho ereditata da mio nonno Antonio Lepore, di professione avvocato, senatore della Democrazia Cristiana dalla I alla IV legislatura. E appassionato suonatore di violino.
Ci sono aneddoti legati al presidente De Gasperi.
L’amicizia con Alcide De Gasperi risale alla dittatura fascista: mio nonno lo nascose a Foglianise. A quel tempo lo aiutò tanto, facendo anche un debito con la banca che amministrava. Il grande statista non dimenticò mai quel sostegno e soprattutto quel giovane suonatore di violino. Anche in seguito, quando ritornò a Benevento, venne ospitato nel nostro palazzo di piazza Castello. Tanti beneventani ricordano ancora quando si affacciava per salutare dal balcone di casa. Mio nonno ha vissuto le esperienze del Partito popolare, della rivolta contadina, della prima banca del lavoro e del piccolo risparmio. I ricordi sono vaghi, in quanto è morto che io ero piccolo: portavo il suo nome ed ero un po’ il preferito per il mio carattere vivace da scugnizzo. Noi nipoti lo vedevamo come quell’uomo importante e austero che tornava da Roma nel fine settimana. Erano altri tempi e altri uomini.
La passione, invece, per l’insegnamento?
Sono tornato ad insegnare dopo una lunga carriera associativa. Oggi lo faccio con grande soddisfazione: amo stare in mezzo ai giovani, portando la mia esperienza accumulata negli anni. Ogni anno è sempre triste diplomare i miei ragazzi: hanno bisogno di fiducia perché molti meritano. A loro cerco di insegnare cosa c’è nella realtà, concetti come la legalità e la legittimità. E’ uno scambio reciproco, i ragazzi mi aprono il loro mondo: da boomer apprendo tanto da loro.
Nella sua vita anche il mondo dei motori ha avuto un posto importante…
Con le moto mi sono sfogato fino ai 45 anni. Ho guidato da professionista su piste incredibili: LeMans, Misano, Imola. A Benevento è sempre esistita una piccola e bella tradizione: penso a Gnerre, Agostinelli, Aversano, Ziegler e Citarella con grandissime competenze sul piano della meccanica. Una passione nata grazie al mio gruppo di amici. Con la moto da pista ho imparato piano piano, facendo anche tante figuracce. Poi ho comprato il camper e ho iniziato a partecipare ai primi tornei. L’ho fatto per una decina di anni andando in giro per l’Europa.
Non si è fatto mancare nulla…anche una intimidazione di ritorno da Napoli.
9 gennaio 2009. Non ho mai capito la motivazione: se era legata ad alcune leggi della Regione che penalizzavano interessi sul pane e la farina, o se legata alle attività di monitoraggio del Comitato di controllo sui fondi comunitari, di cui ho fatto parte in qualità di presidente regionale di Confartigianato: sull’autostrada A16, all’altezza di Baiano, mentre tornavo a Benevento ed ero al telefonino, fui avvicinato da una vettura che sparò due colpi contro la mia auto. Mi fermai e, in preda al panico, scappai nelle campagne circostanti. Quando ripresi la vettura, che era rimasta in moto a bordo strada, andai a denunciare l’episodio ai carabinieri. Il panico mi ha accompagnato anche in seguito: per alcuni anni mi sono svegliato nel cuore della notte di soprassalto. Vivevo l’incubo di essere sparato.
Come vede il futuro per Benevento?
Sono preoccupato per il depauperamento istituzionale. Penso all’ospedale, agli enti accorpati, ai servizi in meno. Senza voler offendere nessuno, credo che senza servizi essenziali ci ridurremo ad un paesone, non più un capoluogo di provincia. Penso a mio figlio e vedo anche che i giovani vogliono andare via. Le aspirazioni come i sogni sono altrove, non qui, come se Benevento non potesse dare prospettive di vita appetibili: lavoriamo affinché queste prospettive concrete possano essere trasmesse e fatte respirare ai giovani anche qui nel Sannio. Vorrei che mio figlio rimanesse qui e coltivasse i suoi sogni a Benevento. In questa direzione, l’Università degli Studi del Sannio sta facendo grandi cose.
Cosa c’è nel futuro di Antonio Campese?
Vorrei creare una fondazione di studi economico-sociali. Penso a rilevazioni sociali sul piano locale, con report e analisi, riflessioni su vari settori. Facendolo in modo autorevole, come la Cgia di Mestre. Analizzare seriamente i dati ti dà poi la contezza su dove intervenire concretamente. Il mio impegno futuro per la comunità sarà in questa direzione.