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CRONACA

Tentato femminicidio a Benevento: perquisizioni all’alba e sequestri. Misura cautelare in carcere per il 38enne Nicola Fallarino

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Sarebbe il 38enne Nicola Fallarino – secondo la Procura di Benevento – il presunto mandante del tentato femminicidio pluriaggravato dell’ex compagna, la 32enne Annarita Taddeo, ferita con un colpo d’arma da fuoco alla testa la mattina dell’11 novembre scorso da una persona non ancora identificata.

Per Fallarino è scattata la misura cautelare della custodia in carcere: l’uomo, che è attualmente già detenuto per altro nel carcere di Augusta, in Sicilia, dovrà rispondere – in concorso con l’esecutore non ancora identificato – di porto illegale di arma, tentata estorsione pluriaggravata e rapina pluriaggravata nei confronti della donna.

Il provvedimento è stato eseguito questa mattina dalla Squadra Mobile di Benevento, a seguito di una mirata, tempestiva ed articolata attività d’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Benevento

I FATTI – Le indagini sono state avviate a seguito del grave episodio avvenuto in via Ferrara, al Rione Libertà del capoluogo sannita: la giovane era stata trovata sul pianerottolo mentre perdeva sangue dalla testa e rapidamente era stata trasportata al ‘San Pio’, dove le era stata riscontrata una “frattura chiusa della volta cranica” con un corpo estraneo conficcato al lato sinistro della fronte.

La stessa 32enne aveva poi chiarito di essere stata attinta alla testa da un colpo d’arma da fuoco sparato a bruciapelo sul pianerottolo di casa, di essersi accasciata al suolo, pur non avendo perso i sensi e di essersi finta morta, potendo così vedere il killer che entrava nell’appartamento da lei abitato per frugare nella sua borsa, uscirne portando con sé i suoi telefoni cellulari e – come accertato solo successivamente – anche la somma di 2mila euro.

Nella mattinata erano state acquisite le immagini di videosorveglianza delle zone pertinenti al luogo del fatto e come indicato dalla 32enne, era emerso che l’autore dei fatti si era allontanato indossando un casco integrale a bordo di uno scooter, risultato rubato a Napoli e trasportato e nascosto a Benevento alcuni giorni prima del fatto pronto per essere utilizzato per l’azione criminosa.

I CELLULARI PRESI DOPO IL TENTATO FEMMINICIDIO E IL MOVENTE – Nel corso delle prime attività investigative erano stati sequestrati un bossolo calibro 6,35 e la relativa ogiva estratta direttamente dalla fronte della ragazza, nonché i due telefoni cellulari in uso alla giovane, di cui si era disfatto l’autore del fatto a breve distanza dal luogo del reato dopo aver provveduto a danneggiarli per tentare di distruggere le prove. Ma la successiva analisi forense effettuata sui telefoni ha consentito di recuperare alcuni fondamentali messaggi dai quali è emerso chiaramente che il 38enne Fallarino aveva maturato il proposito di attentare alla vita della ex compagna già diversi giorni prima del tentato omicidio perché non tollerava l’interruzione della relazione, che li legava da tempo, e dei colloqui in carcere da parte della donna e la nuova vita sentimentale della stessa e pretendeva, a causa di ciò, che la stessa abbandonasse l’appartamento in cui avevano convissuto e l’attività commerciale da lei gestita da tempo, asseritamente di sua appartenenza.

LE MINACCE – Nei messaggi alla donna – spiega la Procura – l’attuale indagato la minacciava reiteratamente che l’avrebbe fatta sparare, le avrebbe fatto incendiare tutto quanto posseduto dalla stessa e dalla sua famiglia, dalla casa alla macchina alle attività commerciali dalla stessa gestite e le avrebbe fatto, altresì, terra bruciata intorno, costringendola in tal modo ad andar via da Benevento, quale pena da pagare per essersi allontanata da lui, tutte minacce reiterate in più di una occasione.

Sono state, quindi, avviate attività di intercettazione, tra l’altro, su più utenze in uso all’indagato, sia pure in stato di detenzione, dalle quali è emerso che l’uomo, dopo aver appreso del fallimento del tentativo, avrebbe affermato senza mezzi termini che, nonostante fosse detenuto, aveva ugualmente la possibilità di far uccidere chiunque, in qualsiasi momento, fin dentro il letto di casa, ed anche con estrema facilità, potendo contare su numerose amicizie, maturate anche in ambiente carcerario, con soggetti pronti a raggiungere Benevento, a colpire ed andare via. Avrebbe continuato a pretendere, inoltre, che la vittima e la sua famiglia dovevano restituirgli il bar altrimenti sarebbero morte entrambe, madre e figlia (odierna vittima del tentato femminicidio contestato) e che stava aspettando che uscisse di galera il padre della vittima per far uccidere anche lui, oltre a voler far saltare in aria il bar con delle bombe che aveva nella sua disponibilità, a riprova della fitta rete di uomini di fiducia disposti ad eseguire i suoi ordini anche quelli più gravi e complessi.

Non lesinava, peraltro, in ulteriori conversazioni, continue minacce di morte e/o di spedizioni punitive di altro genere anche contro i presunti nuovi compagni della donna, attuali ed eventualmente futuri, nonché contro tutti i soggetti rei di essersi schierati dalla parte della donna e avrebbe ottenuto dal proprio interlocutore, soggetto libero, un controllo morboso e quotidiano sugli spostamenti e le frequentazioni della vittima, così dimostrando di poter contare di una fitta rete di appoggio fatta anche di persone che gli consentivano anche, nonostante lo stato di detenzione, di monitorare, fino al giorno dei fatti, finanche tutto quanto avveniva nell’attività commerciale da lui rivendicata mediante un impianto di videosorveglianza direttamente collegato al proprio cellulare. E’ emerso anche che l’indagato avrebbe intercettato rapporti con numerosi soggetti disponibili a farsi intestare fittiziamente attività commerciali anche dopo il grave evento. Ed ancora avrebbe rappresentato in più di una occasione che la fine della relazione sentimentale, evidentemente decisa dalla donna e da lui mal subita e vissuta come un’onta, doveva portare con sé la fine di tutti i “benefici” ad essa connessi.

Alla luce degli esiti di tutte le attività di indagine e delle intercettazioni, sono emersi, dunque, gravi indizi in ordine alla circostanza che l’indagato avesse premeditato e ordinato l’omicidio della donna per il risentimento e la rabbia per la fine della relazione con la stessa che, resistendo strenuamente a tutte le minacce subite, da mesi non si recava più a colloquio, pretendendo di costringerla, conseguenzialmente, a lascargli il bar – del quale non risulta neppure formalmente proprietario – e l’appartamento di via Ferrara, in cui la donna continuava ad abitare.

Tale movente si accompagnava anche al suo sospetto che la donna stesse progettando di uccidere il figlio quale ritorsione per tutte le minacce da tempo subite.

LE PERQUISIZIONI – Sempre nel corso della mattinata odierna, contestualmente all’esecuzione della misura cautelare, con l’ausilio di personale del Reparto Prevenzione Crimine e della Polizia Penitenziaria, al fine di accertare compiutamente i fatti ed in particolare, al fine di giungere all’identificazione dei correi e della vasta rete di appoggio al detenuto, sono state eseguite perquisizioni personali, locali ed informatiche, con conseguente sequestro di corpi del reato o cose pertinenti al reato nei confronti di 28 persone nella provincia di Benvevento, 2 soggetti detenuti presso la locale casa circondariale e 10 soggetti detenuti presso la casa circondariale di Augusta (SR).

Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati tre telefoni cellulari nel carcere di Augusta, numerosi altri, oltre pc e tablet, da esaminare, presso le abitazioni, 3,50 gr. di Hashish con segnalazione per art 75 dpr 309/90, 4,30 grammi di cocaina con arresto in flagranza del possessore, numerosi titoli di credito di importo rilevante sui quali saranno svolte indagini.

Infine, in data odierna, è stato portato ad esecuzione e notificato a Fallarino, sempre su ordine della Procura della Repubblica di Benevento, il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti nei confronti di condannato già detenuto con il quale, in seguito alla decisione della Corte di Assise di Benevento, in funzione di giudice dell’esecuzione, su richiesta della medesima Procura: è stato applicato l’ergastolo ma con l’isolamento diurno per la durata di un anno e pene accessorie, atteso che lo stesso doveva espiare oltre l’ergastolo una pena cumulata di 26 anni e 8 mesi di reclusione, per altre condanne.

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