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La storia di Vincenzino e la proposta per le scuole sannite: perché non adottare un cane e insegnare il rispetto dell’altro?

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Nelle ultime ore ho divorato con avidità la bellissima ‘favola’ di Vincenzino, il cagnolino adottato dall’istituto comprensivo di Anacapri e divenuto mascotte della comunità scolastica. Un gesto encomiabile che farà crescere ancor di più quella necessaria cultura animalista, il rispetto e l’amore per gli animali, dovere di ogni società civile.

La storia isolana offre degli spunti di riflessione interessanti anche per quanto concerne le scuole sannite, evidenziando la necessità sempre più impellente – alla luce di recenti episodi di gravissimi maltrattamenti e uccisioni perpetrati in città da minori – di avviare progetti di sensibilizzazione in aula.

Una proposta. Il primo passo in questa direzione, forse il più importante per un istituto scolastico, potrebbe essere quello di adottare un animale dai canili e gattili del territorio. Non si tratta di un’idea ‘strampalata’ e difficilmente concretizzabile: negli anni scorsi diversi comuni, anche in Campania, hanno avviato un progetto pilota in tal senso.

Con l’ausilio di un istruttore e di un medico veterinario, i cuccioli adottati si sono integrati con la nuova famiglia composta da studenti, insegnanti e personale scolastico. Il concetto di base, trasmesso alle nuove generazioni, è proprio quello di prendersene cura e accudirli nel rispetto degli altri e dell’ambiente. Insegnare, per esempio, che avere un cane non può essere un capriccio e che prendersi cura di un essere vivente significa anche occuparsi delle sue esigenze, non abbandonarlo al primo ostacolo. Educare, insomma, al pensiero che chi è diverso da noi ha ugualmente diritto a un’esistenza felice.

Da qui gli step successivi:  lezioni teoriche e pratiche, giochi, insegnamenti sulla cura degli animali che sono, in fondo, insegnamenti di vita.

Una iniziativa del genere aiuterebbe a guardare in modo diverso situazioni difficili per ogni Comune (come ad esempio il randagismo e l’abbandono degli animali d’affezione), portando soluzioni alternative e nobili, in grado anche di trasmettere valori fondamentali agli studenti, ma anche incentivando una cultura dell’animale come attenzione alla diversità ed alla crescita e maturazione del senso di responsabilità sia del singolo sia della collettività.

Il rapporto bambino-animale è sicuramente uno dei temi più affascinanti della ricerca zooantropologica, sia per il fatto che l’alterità animale esercita una forte suggestione e curiosità nel bambino, e quindi può essere utilizzata come “cavallo di Troia” per implementare percorsi didattici transdisciplinari, sia perché l’animale si presta ad essere compagno di giochi, facilitando quindi quei momenti ludico-didattici che hanno una così grande importanza nel processo di apprendimento. Immaginate il potenziale che potrebbe svilupparsi e portare e risultati positivi anche nel sostegno e nell’inclusione verso studenti diversamente abili e con disturbo dello spettro autistico.

L’animale a scuola, a gironzolare nei corridoi e negli spazi comuni, punto di riferimento al pari del personale, diventerebbe un segnale concreto di civiltà: fonte di messaggi per imparare a riconoscere l’alterità; per diminuire la paura/diffidenza della diversità; stimolo alla comunicazione e all’inclusione.

La ricerca di una corretta relazione uomo-animale riguarda tutti noi, sotto vari aspetti, etico, sociale e ambientale: in tal senso, come sempre quando si tratta di indurre comportamenti virtuosi, il giusto approccio non può che partire dal mondo scolastico. Occuparci dei nostri animali significa occuparci del nostro ambiente, del nostro sistema di vita, della nostra città, e in fondo di noi stessi. Imparare a curarli e rispettarli è il più importante codice preventivo per la rinuncia alla violenza ed all’aggressività nel comportamento sociale, all’allargamento del concetto di conoscenza e d’apprendimento come superamento della difficoltà nella relazione legata alla devianza e all’emarginazione. G.F.

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