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CRONACA

Giornalismo beneventano in lutto: addio ad Antonio Buratto, memoria storica della Strega

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Lutto nel mondo del giornalismo e del calcio beneventano. Si è spento a 74 anni il collega e amico Antonio Buratto. Funzionario in pensione della Provincia, firma locale della Gazzetta dello Sport e fiduciario USSI (Unione Stampa Sportiva Italiana), nella sua lunga carriera ha raccontato, con competenza e professionalità, le imprese calcistiche della Strega. Le esequie saranno celebrate giovedì 6 settembre, ore 10:30, al Cimitero del capoluogo sannita.

Ntr24 si stringe al dolore della famiglia e lo vuole ricordare con un articolo ricco di aneddoti dal titolo La Strega e il cronista storico Buratto: “Questa serie B è la conquista di tutti”, firmato dal bravo giornalista e pubblicato il 30 aprile 2016 sul nostro portale, in occasione della storica promozione del Benevento in serie B:

“Solo chi cade può risorgere. E’ questo il significato storico della promozione del Benevento Calcio che, per la prima volta, nei suoi 87 anni di storia conquista la serie B. I giallorossi di Gaetano Auteri hanno festeggiato il traguardo con una settimana di anticipo dopo aver affrontato, nello stadio “Ciro Vigorito”, pieno come un uovo, la quotata e favorita formazione del Lecce. Le grida hanno in sapore di un canto liberatorio.

Usciamo dal purgatorio, ma per le ambizioni che devono completare la storia dei giallorossi, la promozione in “cadetteria” rappresenta non il punto di arrivo, ma la salita di un gradino, verso quella serie che il compianto Ciro Vigorito, aveva più volte pensato di dover arrivare. Quanto detto non è “eresia”, lo condividiamo in pieno perché Benevento non ha nulla da invidiare a città come Sassuolo, Carpi, Frosinone, Empoli e per il passato la vicina Avellino.

Non è una favola, quella del Benevento, se non per il lieto fine. E’ il premio per chi programma e non si lascia prendere dal panico se le cose non vanno sempre come vorrebbe. Il patron dopo la delusione della gara contro il Como ha voluto staccare la spina, ma l’attenzione verso la sua creatura è stata sempre vigile ed accorta, gli aiuti finanziari sono giunti con puntualità sia dal versante dell’eolico “IVPC” che da quello editoriale “Ottopagine”, con la sagacia collaborazione del neo presidente Fabrizio Pallotta, uomo di grandi virtù, scevro dal porsi in prima fila, dimostrando di essere il “buon padre della famiglia” giallorossa.

Nei dieci anni di gestione la famiglia Vigorito ha fatto diventare grande non solo il calcio nella nostra città, ma anche altri sport. Molti personaggi nostrani, senza rendersene conto, dicono che si è trattato di anni bui, dimenticandosi che nel 2007/08, il Benevento, si aggiudica la promozione in C1 con Gianni Simonelli sulla panchina, il “professore di Saviano”, giungendo a disputare la finalissima di Coppa Italia, vinta, però, dal Bassano. Il settore giovanile è il fiore all’occhiello per aver conquistato, nella stagione 2008/09 lo scudetto tricolore del Campionato “Dante Berretti”. Però, nello stesso anno davanti al circa ventimila spettatori, si vide scippare dalle mani la finale della Lega Pro dal Crotone sul proprio terreno per una rete a zero, quando all’andata Giampiero Clemente riuscì a mettere a segno il gol del pareggio che fece ammutolire il pubblico calabrese. Il Benevento, però, il torneo di quella stagione lo aveva vinto alla 34^ giornata, ultima di campionato, ma la promozione in B, sul campo, riuscì ad aggiudicarsela il Gallipoli, con i giallorossi che chiusero a due lunghezze dai pugliesi, ma nessuno riuscì ad accorgersene che nella gara contro il Real Marcianise dei gallipolini c’era un “imbroglio”, cosa che è venuta fuori poco tempo addietro in quanto per la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia – era stato commesso un illecito. A questo punto c’è da dire che al Benevento venne “scippata” la serie B.

Però dopo quella stagione il Benevento ci riprova e contro il Varese perde la semifinale, l’anno successivo, forte della seconda posizione in campionato, viene beffato dalla Juve Stabia di Piero Braglia. Altre due delusioni con la sconfitta in semifinale playoff con il Lecce ed infine la scorsa stagione nel preliminare dal Como, il tutto tra lo sconforto generale e la contestazione oltre che alla squadra anche, da parte di qualche gruppetto di scalmanati, occasionali frequentatori dello stadio, che rivolgono parole dure da digerire anche nei riguardi della proprietà che decide di lasciare il comando della navicella giallorossa. Ma l’amore per questa bandiera è immensa, la gente capisce, tanto che per una intera stagione viene chiamato a gran voce dal pubblico e lui, Oreste Vigorito, patron della IVPC e del Benevento, pur sovvenzionando l’attività della sua creatura, è rimasto nell’ombra senza uscire allo scoperto e si accorge che il suo Benevento in occasione dell’ultima gara interna, contro la blasonata Lecce, è riuscito a smuovere circa 20.000 persone per il tanto agognato trionfo.

Per ritornare al Gallipoli, la promozione comprata è uno degli aspetti fondamentali emersi dall’inchiesta che nei giorni scorsi ha portato all’arresto di 90 persone accusate di far parte del clan campano dei Contini o di reinvestire somme illecite per suo conto. Tra queste, in base alle indagini condotte dai Carabinieri di Roma per conto della Dna, risulterebbero 50 mila euro versati ad alcuni calciatori del Real Marcianise per perdere contro la squadra pugliese. “Prima della partita Gallipoli-Real Marcianise, annotano i militari “Salvatore e Ivano Righi, Giuseppe Giannini e Luigi Dimitri (i primi due imprenditori considerati vicini ai clan, gli altri sono rispettivamente l’ex allenatore e l’ex direttore sportivo dei pugliesi-Ndr) si accordarono per consegnare la somma di cinquantamila euro a calciatori del Real Marcianise […] affinché questi si adoperassero per il raggiungimento di un risultato comunque favorevole alla squadra salentina, che in effetti si aggiudicava il decisivo incontro con il risultato di 3 a 2 conseguendo, così, grazie all’illecito, la promozione nella serie superiore”. Tutti i soggetti coinvolti nella vicenda sono indagati per il reato di frode sportiva con l’aggravante della finalità mafiosa. Tutti, compreso l’ex bandiera di Roma e Nazionale, respingono qualsiasi addebito, anche se l’illecito del Gallipoli non si concluse in quella stagione, ma ebbe la sua continuazione in serie B.

Un fatto ed una storia ai danni di un Benevento che iniziava a masticare amaro per poi trovarsi immischiato, senza volerlo, nel “calcio scommesse” con il suo portiere Marco Paoloni. Avvenimento che tutti ricordano visto che vennero inflitti all’origine ben 15 punti di penalizzazione ai giallorossi ed a seguito di ricorsi vari, alla fine vennero ridotti a due punti di penalità.

La storia ci racconta di campi polverosi di periferia, di scontri tra calciatori e tifosi che sanno dell’incredibile, ma prima però c’è anche il calcio giocato, quel calcio che 70 anni addietro (1945/46) si aggiudicò il girone D della serie C della Lega Sud, squadra guidata dal mitico Gipo Viani che venne promosso in serie B, ma dovette rinunciarvi per motivi economici. Nell’anno seguente, il blasonato Benevento rivince il torneo di C, ma i soliti problemi vennero a galla: mancanza di fondi e palese disaccordo tra i dirigenti che componevano la società non venne iscritta al campionato superiori e tutti i calciatori vennero ceduti.

E chi ha dimenticato il torneo di 40 anni addietro (1975/76), quando i giallorossi di Pietro Santin fecero vedere la “luna nel pozzo” agli sportivi sanniti. Mancavano tre giornate alla fine del campionato e dopo che Lecce e Benevento erano state per alcune gare appaiate in testa alla classifica, i pugliesi riuscirono a liberarsi del Benevento che nella doppia trasferta furono sconfitti prima a Bari (0-3), sotto un vero e proprio temporale, e poi a Cosenza (0-2). I tre punti di vantaggio si ridussero a due all’ultima gara. I tifosi insorsero, accusando i calciatori di aver perso volutamente il campionato.

Nella realtà i vari Sartori, Penzo, Franceschelli, Iannucci, giunsero alla fine, disputando 38 gare, stremati, il crollo fisico fu totale.

Andando avanti nel tempo la neonata S.S. Benevento, dopo la fusione tra la San Vito e l’Associazione Sportiva, presieduta dal prof. Antonio Iuticone (titolare di una libreria in un vicolo del Corso Garibaldi) prende parte alla serie D girone E. Alla prima giornata incontra la neo-promossa Atripalda che annoverava ben 5 calciatori beneventani: il portiere Lombardi, il difensore Pompeo Maio, gli attaccanti Marcello Errico, Franco Bovio e Peppe Zollo, oltre a fare il suo esordio stagionale Enrico Fedele. Un campionato, questo dove spesso si verificavano episodi di cronaca extrasportiva, fra cui alcuni davvero clamorosi, come la gara Fondi–Benevento, dove parecchi tifosi sanniti si portarono al seguito nella cittadina laziale che occupava l’ultima posizione in classifica. La gara diventa subito cruente e molti sono gli incidenti tra i calciatori e tra i tifosi in tribuna. Un beneventano stanco di subire le angherie di un tifoso locale, all’improvviso disse: “Se non la finisci ti sparo”. In un primo momento si fece il vuoto attorno al sannita, ma poi questi fu aggredito da una decina di persone stramazzando al suolo, ovviamente venne ricoverato all’ospedale. Aveva estratto una pistola ad acqua.

La gara giunge all’87’ sul 2-2, l’arbitro Di Gaetano di Siracusa decreta un rigore per il Benevento. Silenzio assoluto sugli spalti. In campo i calciatori sanniti preoccupati del dopo, invitarono Giovanni Lieto (centrocampista) a sbagliare il rigore. Il portiere del Fondi invitò Lieto a calciare il penalty fuori. Ma lui da vero napoletano verace gli rispose “il pallone te lo metto nel sette”. L’arbitro fischia, Lieto parte, colpisce la sfera che conclude la sua corsa all’incrocio dei pali. L’arbitro fischia la ripresa del gioco, ma la rete di protezione della tribuna venne scavalcata dal una cinquantina di tifosi del Fondi che si misero alla caccia dei giocatori del Benevento ed in particolare dell’arbitro. L’assedio ebbe la durata di alcune ore e l’arbitro potette uscire dal campo vestito da carabiniere, mentre il Benevento si rimise in viaggio solo dopo le ore 20, con i calciatori sdraiati a terra sul pullman per non farsi vedere dalla folla inferocita. Era la prima trasferta al seguito del Benevento.

Ma la più tragica delle conclusioni si ebbe il 4 maggio del 1975 allo stadio “Meomartini” dove era in programma la gara tra il Benevento ed il Bari, due grandi protagoniste del campionato di serie C. La curva sud era piena di tifosi baresi, ma c’erano anche i sanniti. Alla mezz’ora del primo tempo i galletti passano in vantaggio con Sigarini (qualche anno lo vediamo con la casacca giallorossa). Nella ripresa dopo 2’ il Benevento pareggia con un gran tiro di Alfredo Zica. Non fosse mai successo: dalle scalee della curva i tifosi del Bari iniziarono l’assalto ai locali, ci furono parecchi corpo a corpo, vennero fuori le catena, le aste sembravano della clavi, gli scontri continuarono sul terreno di gioco dopo che l’arbitro ebbe a sospendere la partita. Chi ebbe a rischiare la vita fu il collega Guerino Pietraroia che venne travolto dai baresi, precipitando lungo i gradoni subendo gravi danni quali: la frattura del femore, del perone e lo spappolamento di un malleolo. Anche per le strade ci fu una vera e propria guerriglia, molti baresi furono costretti a nascondersi in posti di fortuna per evitare le aggressioni. Quella fu la vera vergogna del calcio.

La gara venne ripetuta l’11 giugno ed il Bari, grazie a qualche indecisione arbitrale dell’internazionale Luigi Agnolin, riuscì ad aggiudicarsi la vittoria per 2-1 (autorete di Corallo, raddoppio di Scarrone su rigore e gol per il Benevento di Fichera). Per la cronaca, il Bari chiuse la classifica ad un solo punto dal Catania che venne promossa in B, mentre il Benevento concluse la sua galoppata al quarto posto alle spalle del Lecce.

Nei suoi 87 anni di storia, di avvenimenti ve ne sono stati ancora parecchi, anche tra Benevento e Sant’Agata de’ Goti, unica società della provincia ad aver disputato la serie D nello stesso girone dei giallorossi, nelle stagioni 1969/70 e 1970/71.

Ora il Benevento si è affacciato nella “cadetteria”, una serie che il pubblico meritava da diversi anni, ma che solo ora ha la possibilità di poter gioire.

Una serie B che appartiene a chi non c’è più: Ciro Vigorito, stroncato da un male incurabile il 25 ottobre del 2010. Un male vissuto nell’intimità familiare, senza clamore. Assieme al fratello Oreste, aveva rilevato dalla serie C2 il Benevento con il chiaro intento di portarlo in B. Ora il suo desiderio s’è avverato e dall’alto dei cieli anche lui gode l’evento storico, col pazzo mondo del pallone.

Lo chiamavano “Gameboy”. Per noi era “created in Benevento”. Gli aggettivi servivano ad indicare la statura umana del 37enne Carmelo Imbriani, che il 15 febbraio del 2013 sconfitto dal linfoma di Hodgkin, ci lascia in quel di Perugia. Un giovane calciatore, ritenuto un simbolo di valore, lealtà e generosità tra i tifosi e la città di Benevento. Lui è felice, gioisce perché il suo amato Benevento ha staccato il biglietto per la B, giungendo al termine del suo affascinate “lungometraggio” calcistico colorato di azzurro e principalmente di giallorosso.

Il ricordo di Carmelo Imbriani resterà indelebile e scolpito nella mente e nei cuori di tutti e principalmente di quei giovani con i quali ha lavorato per anni, che gli hanno regalato enormi soddisfazioni e per i quali è stato maestro di vita e di calcio, a cui ha insegnato ad affrontare le avversità e ad amare lo sport.

In conclusione, diciamo che con questo amore di pubblico come si può fare a non sentirsi presi dal vortice degli entusiasmi. La squadra ha avuto momenti difficili, ma i suoi tifosi li ha sempre avuti vicini. Entusiasti. Appassionati. Da favola, pubblico e squadra: un binomio esaltante ed inscindibile, che è riuscito a darci un campionato indimenticabile, atteso da una intera generazione. Ma seppure in ritardo è arrivato a quell’obiettivo che per anni ha fatto piangere i veri tifosi giallorossi che hanno trovato la strada maestra, però non bisogna smarrirla, perché i 20mila di sabato 30 aprile 2016 possono rappresentare il vero zoccolo duro del nostro calcio”. Ciao Antonio!

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