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CRONACA

Omicidio Parrella, la lettera dei familiari: “Tanta omertà nella vicenda. Vogliamo giustizia”

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera dei familiari di Antonio Parrella, il 32enne beneventano morto un mese fa 32enne morto all’ospedale “Rummo” per una devastante emorragia cerebrale causata dai colpi – calci e pugni – ricevuti durante una festa di compleanno. Nel giorno del trigesimo la famiglia chiede ancora una volta giustizia per quanto accaduto: le indagini degli inquirenti continuano, ma al momento il Riesame ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare adottata dal gip Roberto Melone, su richiesta del pm Miriam Lapalorcia, nei confronti di Umberto Sferruzzi, il 28enne di Benevento chiamato in causa dalle indagini della Squadra mobile sul delitto. Lo scorso 9 agosto il Tribunale di Napoli aveva infatti ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del giovane.

Questo il testo della missiva:

“Ciao Antonio, sono passati già 31 giorni da quel maledetto 27 luglio, quel maledetto giorno che nessuno di noi potrà mai dimenticare. Un mese che non sei più fisicamente tra noi, un mese di sofferenze, un mese di rabbia, un mese d’incredulità; e già, perché siamo ancora increduli dinanzi a ciò che è successo; infatti quando vediamo qualche bicicletta passare, allunghiamo ancora il collo sperando di vederti mentre sorridendo pedali per la città, per poi accorgerci purtroppo che non sei tu, perché ad un certo punto dalla tua bicicletta sono spuntate due grandi ali e sei volato in cielo.

In realtà facciamo davvero molta fatica a pensare che sia già passato un mese, perché abbiamo perso letteralmente il senso del tempo, ma soprattutto per tanti altri motivi.

Siamo indignati infatti nel sapere che il ristorante nel quale è andato in scena il tuo omicidio stia ancora lavorando, ma nulla a confronto se vogliamo pensare che i protagonisti di quella maledetta serata, di quel macabro delitto, stiano girando ancora liberi per la città come se nulla fosse accaduto. Ma di cosa stiamo parlando? Quante cose brutte ci verrebbero da urlare, ma poi, in quei pochi momenti della giornata in cui restiamo da soli, ci mettiamo a pensare e a dialogare con noi stessi e a pensare a tante cose: che le istituzioni non funzionano come dovrebbero funzionare, che a differenza di come troviamo scritto a caratteri cubitali dietro ai giudici LA LEGGE NON È UGUALE PER TUTTI, perché non è possibile che in un mese invece di fare progressi riguardo al caso di Antonio, ci siano stati dei regressi, infatti si sperava che insieme all’unico presunto colpevole (unico secondo i giornali), a poco alla volta si sarebbe allungata la lista dei colpevoli, ma addirittura è stato rilasciato in libertà anche l’unica persona che stava pagando fino a quel momento, ma se tutto questo in parte è vero, è soprattutto perché le istituzioni, la legge, lo Stato, sono formati da noi uomini, e non tutti sappiamo agire secondo la coscienza (ogni riferimento non è puramente casuale).

Sappiamo che il caso ovviamente non è stato archiviato e che dobbiamo aspettare e rispettare i tempi che alla legge occorrono per poter far bene il suo operato, ma nemmeno è giusto che noi dobbiamo continuare a soffrire ogni giorno nel vedere per strada le persone che quella sera, erano presenti a quella festa e non hanno avuto un briciolo di rispetto, non dico per noi, ma per Antonio, a cui dicevano di volere tanto bene. Potreste chiederci: “Vabbè, ma mica centravano tutti”?  No, sicuramente non l’hanno colpito tutte le persone presenti quella sera, ma se il responso dell’autopsia dice: “È emerso chiaramente che il 32enne ha riportato alcune lesioni dopo essere stato colpito con pugni e calci alla testa, al torace e al volto, che sono poi risultate fatali a meno di 24 ore”; allora ci chiediamo: “Come cavolo avete fatto a testimoniare che Antonio è caduto o che addirittura si è lanciato dalle scale?” Sarà pur vero che ad Antonio non l’hanno colpito tutti i presenti a quella festa, ma sicuramente, testimoniando in maniera così ridicola, nonché omertosa, alla morte di Antonio hanno contribuito anche loro, perché se è vero che ad Antonio fisicamente nessuno può riportarcelo, è altrettanto vero che attualmente l’unica consolazione sarebbe quella di veder trionfare la giustizia, quella giustizia che con la loro omertà stanno ostacolando.Antonio non è morto solo il 27 luglio, Antonio è morto anche il 28, il 29 e il 30 luglio, Antonio è morto il primo e tutti gli altri giorni di agosto, Antonio fino ad oggi è morto 31 volte, 31 come i giorni di silenzio di chi sa e tace, 31 come i giorni in cui non so come abbiano fatto a dormire quelle persone che hanno testimoniato che Antonio è caduto dalle scale, quella lunga scalinata costruita da loro dove ogni gradino rappresenta il loro silenzio, la loro indifferenza, il loro finto buonismo, la loro vigliaccheria, la loro cattiveria, il loro menefreghismo, il rispetto che nutrono nei confronti dei carnefici di Antonio, quel rispetto che pensano di mostrare con il loro silenzio per paura di quelle persone (se così si possono definire), ma così facendo sono anche loro a morire e a spegnersi sempre più ogni giorno, perché come diceva Paolo Borsellino: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”, perché al posto di Antonio poteva esserci chiunque, anche uno di loro, allora la domanda sorge spontanea : “Ma non hanno una coscienza quelle persone?”, una domanda che fa eco tra centinaia di persone, non solo per chi era parente o amico di Antonio, ma soprattutto perché siamo figli della stessa Terra.

Ci vergogniamo di avere in comune e con loro il luogo di nascita sulla carta d’identità, dico luogo di nascita perché Benevento intesa come terra non è loro, non gli appartiene, Benevento li disprezza, anzi non li disprezza solo Benevento, bensì tutto il creato, perché hanno tolto il dono più grande e prezioso che ad ognuno di noi è stato concesso, cioè quello della vita, perché niente e nessuno dovrebbe essere degno soltanto di pensare di poter privare di questo dono ad un essere umano.

In queste righe ogni qualvolta abbiamo scritto che Antonio non è più tra noi, abbiamo sempre affiancato la parola “fisicamente” e non l’abbiamo fatto tanto per farlo, ma semplicemente perché se è vero che Antonio è morto fisicamente, è altrettanto vero che Antonio vive ancora tra noi, basta guardare per un attimo l’eredità più grande che ci ha lasciato, sua figlia Nancy, quel capolavoro biondo dagli occhi azzurri che più cresce e più prende anche gli atteggiamenti di Antonio. Ecco, auguro a quelle persone di cui ho parlato fino a poco fa, di incontrare tutti i giorni la piccola Nancy e di perdersi nei suoi immensi occhi, così da poter capire quanto invece siano piccoli loro, fino a voler scomparire. Antonio vive nella sua piccola Nancy, Antonio vive ancora nei ricordi di sua mamma Enza, nei ricordi delle sue sorelle Maria e Anna, nei ricordi dei suoi fratelli Lino e Giuseppe. Antonio vive ancora nei ricordi dei suoi parenti, nipoti, zii e cugini. Antonio vive ancora nei ricordi e nei racconti di tutti quelli che lo conoscevano, quante risate ci ha fatto fare e quante ce ne ha combinate.

Ti ricorderemo sempre con quel sorriso che sembrava esserti disegnato su quel tuo splendido viso e t’immaginiamo lassù in cielo abbracciato a tuo Papà, infatti ci piace pensare che lui iniziava a sentirsi un po’ solo e quindi sei corso subito da lui, come hai sempre fatto. L’unica cosa che invece a noi continuerà ad attanagliarci è quella di capire se ti hanno ammazzato le botte o l’indifferenza delle persone che sanno e continuano a tacere, perché come si suol dire “e mazzat passano”, ma fino a quando invece si resterà indifferenti dinanzi a tutto ciò che accade sotto ai nostri occhi, allora siamo tutti un po’ colpevoli di quello che è successo. Ti vogliamo bene Totò e dacci la forza di trasformare i nostri silenzi in riflessioni e preghiere affinché venga fatta giustizia e non vi siano più casi come questi”.

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3 Commenti

3 Comments

  1. Andrea

    29 Ago, 2017 a 12:37

    Non conoscevo questo ragazzo ma ho vissuto con dolore tutto quello che è accaduto. In particolare aver portato via un padre ad una bimba in quel modo così assurdo veramente non può dar pace a chi ha un briciolo di umanità.
    L’opinione pubblica tutta deve pretendere giustizia perché questi atti sono crimini contro l’umanità tutta. Non è accettabile pensare che l’uomo possa essere ridotto a simili bestialità. Se sono a piede libero queste BESTIE vanno immediatamente assicurate alla giustizia per dare a tutti la certezza che quella del bene è la strada da perseguire e che chi si perde nel male non esce mai libero e vincitore.
    Da queste pagine devono continuare a scrivere tutti i cittadini onesti e tutte le persone che si rifiutano di accettare questa realtà. Benevento non è questa! Benevento non può accettare nemmeno minimamente di confondersi con queste BESTIE! Le Istituzioni devono liberare definitivamente la città da questo cancro e dare giustizia per dare ancora a Nancy la fiducia nell’umanità e nel futuro che l’attende.
    Oggi siamo tutti Antonio!

    • Roberto De Cristofaro

      29 Ago, 2017 a 17:39

      Non mi pare che da parte della città di Benevento vi sia stata una ferma reazione contro l’ondata di violenza che ha colpito prima a morte il giovane Parrella e poi a distanza di pochi giorni l’attore Roberto Azzurro, sopravvissuto per miracolo alla folle aggressione di un brasiliano residente in città. Mi riferisco in particolar modo alla mancata reazione da parte delle istituzioni locali: non ho sentito condanne da parte dei politici né il doveroso allarme per il venir meno dell’ordine pubblico. Girando per la città sembra che nulla sia successo, tutto come prima…..il pensiero tutto rivolto al Calcio e alla solita Città Spettacolo. Non resta che la paura non quella di denunciare ma la paura legittima di girare per la città, di frequentare i suoi locali…ma Benevento non è Bogotà né è giusto che lo diventi per colpa chi si ostina a negare l’evidenza e a decantare la Benevento cittadina tranquilla, senza far nulla e lasciando che i suoi figli paghino con la morte o con l’essere vittime di feroci aggressioni. Per gli smemorati ricordo che nell’area della Rotonda Pentri (alle porte della città dove c’è l’orribile statua) dove è avvenuta la feroce aggressione ai danni dell’attore Azzurro non è la prima volta che si sono verificati pestaggi e rapine.

  2. Uno di Benevento

    2 Set, 2017 a 16:49

    Sono incredulo …se la giustizia è questa vuol dire che senza giudicare si giustifica la giustizia…..bisogna giustiziare ciò è fare giustizia .ecco ,questo è l’inizio della fine .chi vuole capire ………capirà………. perché capisce……..e se la migliore parola è quella che non si dice………….fare fatti….. sentite condoglianze alla famiglia

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