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POLITICA

Referendum costituzionale, De Nigris risponde al M5s: io voto no

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“Per Marianna Farese e Nicola Sguera i consiglieri comunali che ancora non si pronunciano sul prossimo referendum costituzionale, si sarebbero auto confinati in una zona grigia. Una zona paragonata nientemeno che all’Antinferno dantesco. Il luogo dove Dante colloca gli ignavi o i vili: coloro che non sono degni nemmeno di stare tra i dannati. Cercherò, quindi, se ci vuole così poco per conquistare orgoglio e gloria, considerazione ed onore, di espiare la mia colpa non senza una doverosa premessa: la mia dichiarazione circa il voto referendario e le motivazioni che l’accompagnano sono da considerarsi personali, dunque svincolate dal mio ruolo di capogruppo consiliare”. Così in una nota Luigi De Nigris, consigliere comunale di maggioranza a Palazzo Mosti, spiega le ragioni per le quali voterà no al prossimo referendum costituzionale del 4 dicembre.

“Nessun consigliere comunale eletto nelle liste Mastella e Noi Sanniti – aggiunge – ha infatti ricevuto indicazioni o imposizioni in merito al voto referendario.  Alcun perentorio ordine, contrariamente a quanto accade ai Cinque Stelle5S, notoriamente Usi obbedir tacendo, è giunto dalla rete o da altro mezzo di comunicazione. Sul voto referendario gli eletti nelle liste Mastella hanno libertà di scelta, e, in coscienza, possono assumere posizioni sulla base dei propri convincimenti senza che ciò possa influire o interferire con l’azione politica ed amministrativa. Premesso quanto sopra, voterò NO in maniera convinta e decisa.

Forte dei miei convincimenti – conclude De Nigris – informo i colleghi consiglieri del M5S che da tempo sto svolgendo il mio “apostolato” per il NO lontano dai riflettori della pubblica ribalta. Ciò per evitare di confondere ruoli, azioni e competenze che nulla hanno a che fare con il mandato ricevuto dagli elettori.

Voto NO perché: condivido il lungo elenco di motivazioni espresse da autorevoli costituzionalisti ed esperti della materia (che per ovvi motivi non riporto); la Costituzione concepita tra il 1946-47 da ben 556 rappresentanti, eletti dai cittadini col sistema proporzionale di tutte le matrici culturali, religiose e politiche italiane, è frutto di un vasto compromesso costituzionale ed è stata pertanto elaborata per unire, non per dividere (come sembra sia accaduto); l’attuale riforma si caratterizza come una Costituzione non di maggioranza ma di minoranza, peraltro approvata da un Parlamento illegittimo per l’incostituzionalità della legge elettorale. Infatti, grazie al porcellum, un partito che aveva il 25%, non degli elettori ma dei votanti, ha preso la maggioranza assoluta. In questo 25%, che forse equivale a un 15% della popolazione, la maggioranza è costituita da meno della metà. Molti parlamentari sono infatti diventati “governativi” a seguito del cambiamento di equilibri interni ai partiti; non è frutto dell’autonomia del Parlamento, ma è stata dettata dal Governo; il percorso si è svolto con operazioni talvolta indecorose: voto di fiducia, taglio di emendamenti, azioni aventiniane, fino ad arrivare ad un ultimo e consistente travisamento: imporre al referendum un carattere plebiscitario, non sulla Costituzione ma sul capo del Governo; il Parlamento, anche a causa della disarticolazione sociale dei partiti e della loro neutralizzazione delle funzioni di indirizzo politico, di controllo e di responsabilizzazione, conterà ben poco ed i parlamentari saranno fortemente vincolati da chi deciderà della loro successiva elezione; l’eccesso di potere attribuito al Governo in materia legislativa farà venir meno la certezza del bilanciamento dei poteri di cui la Costituzione deve essere garante”.

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