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Rete Sociale, nasce l’iniziativa “S.o.S. Salute Mentale”

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“Se un paziente muore in camera operatoria per errore del chirurgo, o di infarto perché il 118 ha tardato a soccorrerlo, spesso si parla di malasanità e partono le denunce. Ma se qualcuno muore gettandosi nel vuoto quasi mai viene il dubbio che potrebbe trattarsi anche di mala-psichiatria. Perché se un chirurgo lascia il bisturi nella pancia del paziente, il suo errore è visibile: ma di fronte agli effetti di una malattia invisibile come quella mentale, l’opinione pubblica rimane interdetta e sgomenta”. Sono le parole del presidente della “Rete Sociale”, Serena Romano, in una nota diffusa alla stampa.
“Così – prosegue Romano -, nell’incapacità di analizzare gli elementi che concorrono a un suicidio, partono analisi immaginifiche. In quest’analisi che azzera ogni elemento razionale, la depressione e la malattia mentale in genere, appaiono mostri incurabili: facendo credere che nella salute mentale, le cause del suicidio siano da cercare solo nel malato e nella sua malattia. Ma non è così.
Nella maggioranza dei casi, infatti, il disagio psichico si cura con successo, specie se affrontato con tempestività – spiega la Rete Sociale -. Per cui il suicidio è molto spesso il tragico epilogo di una depressione non curata o curata male. Insomma, anche gli psichiatri e i responsabili dei servizi di salute mentale possono sbagliare: e quando si sbaglia in psichiatria, le conseguenze possono determinare eventi tragici come il suicidio. La morte di un depresso, dunque, non è la conseguenza naturale e inevitabile della malattia, ma può essere anche conseguenza di un errore umano: rispetto al quale è necessario chiedersi se l’“errore” rientri nella casistica degli “eventi avversi”, o sia frutto di incapacità e di disfunzioni organizzative, di Centri di Salute Mentale ridotti a sciatti ambulatori, di scarsa attenzione verso i pazienti in carico.
E quando si scoprono episodi di mala psichiatria – sottolinea Romano -, cittadini e giornalisti hanno il dovere di segnalarli: sia perché le vittime sono troppo deboli ed esposte per farlo; sia per rispetto di quel personale che nei servizi pubblici si distrugge per sopperire a colpevoli negligenze, pur di salvare vite umane.
Perciò – aggiunge la nota -, poiché la vergogna che ancora avvolge la malattia mentale, spinge spesso familiari e pazienti a subire in silenzio soprusi e inefficienze, da oggi attraverso la nuova pagina Facebook “NO Salute Mentale a porte chiuse”, sarà possibile chiedere aiuto alla nostra associazione e fornire segnalazioni, in maniera “riservata” e sicura: contattandoci nello spazio “S.o.S. Salute Mentale” protetto dal “segreto professionale sulla fonte delle notizie”, di cui godono i giornalisti professionisti come il presidente della Rete Sociale, Serena Romano. Solo facendo corretta informazione con il contributo dei cittadini, infatti, è possibile migliorare i servizi pubblici nell’interesse della collettività.
A cominciare dai servizi di Salute Mentale che fanno capo al bacino di Montesarchio – il più popolato e a “rischio” del Sannio – dove i servizi – scrive Romano – sono stati gradualmente smembrati: partendo dall’inappropriata decisione di spostare il 50% dei medici nel Servizio Psichiatrico di emergenza al Rummo, lasciando i pazienti nel panico per la perdita, mai più colmata, del medico di fiducia; per passare al trasferimento del Dirigente; e infine allo spostamento della stessa sede del CSM ad Airola separandola dalla Sir rimasta a Bucciano, con ulteriore disservizio per i pazienti. Così l’obiettivo di concentrare tutto il potere organizzativo in altre mani, è stato raggiunto: ma il motivo che lo ha giustificato – una maggiore efficienza del servizio – è fallito.
Oggi il servizio, fornito solo di mattina e per qualche ora pomeridiana due volte a settimana, di fatto non esiste più – conclude Romano -, con disperazione dei pazienti e dei pochi medici rimasti ad operare come in trincea: impotenti di fronte alla sofferenza e all’impossibilità di assicurare una vera continuità terapeutica. Anche di questi contesti, dunque, bisognerebbe tenere conto quando si racconta di un suicidio”.