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Benevento, dopo la denuncia della “Rete Sociale” la Commissione Trasparenza convoca Asl e Dsm

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“Dove c’è mancanza di trasparenza non solo possono proliferare sprechi e corruzione, ma soprattutto sfruttamento dei più deboli”. Così il presidente della “Rete Sociale”, Serena Romano, in un nota per commentare la convocazione, da parte della Commissione regionale alla Trasparenza, dei vertici della Asl e Dsm sanniti.
“Laddove – prosegue Romano – l’oscurità avvolge le procedure della pubblica amministrazione, possono proliferare abusi contro chi non può difendersi. Bambini, anziani, handicappati psichici e fisici maltrattati o curati in maniera inefficace sono, infatti, l’inevitabile conseguenza di una spesa sanitaria e sociale sottratta alla luce della trasparenza: il recente scandalo di ‘mafia capitale’ è l’esempio di persone fragili gestite senza trasparenza, violando meccanismi di controllo e procedure che ne garantiscono i diritti.
La richiesta di un’audizione urgente alla “Commissione Trasparenza” regionale da parte dell’associazione dei familiari dei sofferenti psichici “La Rete Sociale” – precisa il presidente – nasce dalla necessità di ottenere il rispetto di procedure la cui violazione può determinare situazioni che danneggiano chi dovrebbe essere curato. E la convocazione firmata dal presidente della Commissione, onorevole Giulia Abbate (per domani, martedì 21 aprile, alle ore 12.30 nella sala riunioni al quinto piano del Palazzo Isola F/8 del Centro Direzionale) ha per oggetto proprio “Organizzazione e funzionamento del Dipartimento di Salute Mentale di Benevento: protocolli terapeutici e atti amministrativi”.
Un incontro promosso, dunque, innanzitutto – aggiunge la nota – per fare chiarezza su decisioni prese senza tenere conto dell’interesse del paziente, come la recente vicenda della mensa che a Benevento forniva i pasti sia alle mense scolastiche che ai pazienti della Salute Mentale. Mentre il rifornimento di pasti alle scuole, infatti, è stato interrotto da Comune in via cautelativa, per i malati mentali sono stati interrotti i progetti terapeutici del Laboratorio di cucina ”Cotto e mangiato” cui partecipavano gli stessi pazienti, obbligandoli a servirsi della ditta che, in realtà, non avrebbe mai dovuto “alimentare” i pazienti psichiatrici.
L’aspetto più grave di questa vicenda – attacca Romano -, infatti, è che il cibo somministrato in vaschette monouso di tipo “ospedaliero” da inservienti con guanti di plastica, è innanzitutto anti-terapeutico e, quindi, “dannoso” ai fini della riabilitazione di un malato mentale: perché ripropone il clima oppressivo e angosciante da istituzione manicomiale che già nel 1994 il Progetto Obiettivo Salute Mentale raccomandava di evitare, suggerendo di proporre pasti in una “ dimensione “familiare”, capace di aderire ai bisogni di vita delle persone e agli scambi sociali.” Una “dimensione familiare” che i primari della Salute Mentale di Morcone e Puglianello erano riusciti a garantire grazie a piatti succulenti e psicologicamente gratificanti forniti da ristoranti locali: e che – dopo l’avvento della mensa – avevano cercato di mantenere ricorrendo ai “Laboratori di Cucina” per evitare la somministrazione di “cibo manicomiale”.
Questo – conclude la Rete Sociale – è solo l’ennesimo arbitrio nei confronti dei più deboli: punta di un iceberg che domani si spera di cominciare a fare emergere nella Commissione Trasparenza. L’audizione, infatti, è stata chiesta dall’associazione dei familiari anche per svolgere quel ruolo che la legge le riconosce, ma il vertice del Dsm disconosce: cioè, proprio quel ruolo di controllo e compartecipazione alle cure dei pazienti indispensabile per evitare abusi, per contrastare la “psichiatria auto-referenziale” e per garantire al malato cure efficaci e non solo di facciata”.