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“Contrari o favorevoli al petrolio, questo è il dilemma”. In una lettera il prof. Cicchella scioglie l’amletico dubbio

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Domenico Cicchella, docente di Geochimica dell’Università degli Studi del Sannio, ha inviato alla nostra redazione quella che in apparenza sembra una semplice lettera, ma in realtà è molto di più. Con ragionamenti non complessi, conditi con un pizzico di ironia, rispondendo a domande che tutti ci poniamo quando si parla di petrolio, Cicchella, che si definisce “non un ambientalista, ma uno scienziato che studia l’ambiente”, analizza un “dilemma” che attanaglia cittadini e amministratori in questi giorni: il petrolio è una cosa buona o negativa? Dove pende l’ago della bilancia costi-benefici? E’ giusto essere favorevoli o contrari al petrolio?
Perchè il mito della ricchezza per eccellenza, l’oro nero, non dovrebbe attirare i sanniti? Perchè, pensiamo noi, forse quello che per una gazzaladra è una pietra preziosa, in realtà è sono un pezzo di vetro, spesso anche tagliente.
Di seguito il testo della lettera del prof. Cicchella.
Caro lettore
se sei un ambientalista, un amante della natura, della vita sana, del mangiar bene etc., beh allora non è necessario pensarci più di tanto, la risposta è ovvia: sei nettamente contrario alle ricerche e allo sfruttamento delle risorse petrolifere.
Io invece no, non sono un ambientalista ed ho pensato: ma vuoi vedere che è l’occasione buona per il Sannio di diventare uno dei territori più ricchi d’Italia? Vuoi vedere che improvvisamente, senza fare ulteriori traslochi, mi ritrovo a vivere, come per magia, in una zona dove non ci sarà più disoccupazione, tutti avranno un reddito altissimo, i servizi pubblici funzioneranno alla perfezione e magari anche il Dipartimento, la Facoltà di Scienze e le altre Facoltà si ritroveranno ad avere delle aule e dei laboratori degni di tale nome?
Mentre pensavo a questo, una vocina interiore mi ripeteva: ”sei stato il primo a dire che il petrolio inquina, che le falde acquifere saranno compromesse per anni, che per le strade di Benevento non vedremo altro che enormi camion che trasportano petrolio, che nessuno comprerà più olio, vino, formaggi, carni di provenienza sannita, che nessuno più penserà mai di venire a passare un fine settimana in un agriturismo all’ombra di un pozzo petrolifero”.
Ed io: ma che ci importa tanto vivremo di petrolio e gas naturale, non avremo più bisogno di vendere olio, torroncini, tarallucci e vino. Anzi meglio, quando andrò a Napoli nessun parente o amico mi chiederà più di portargli qualcosa, avrò il cofano finalmente vuoto. Quei pochi turisti che vengono non verranno più? E che ci importa. Saremo noi a fare i turisti, con i soldi del petrolio ci faremo delle vacanze esagerate.
Qualcuno di noi che abiterà nelle vicinanze dei pozzi dovrà sopportare un po’ di puzza, avrà il dubbio se mangiare o meno i prodotti del suo orto? Pazienza, sarà ben ripagato.
Ma sviluppo sostenibile, qualità ambientale, green economy, salute pubblica? Sei andato via da Napoli per far crescere tua figlia in un ambiente più sano. Cosa farà tua figlia da grande, quando il petrolio sarà finito, quando non ci sarà più lavoro e resterà solo acqua e suolo contaminato, quando, e cito il grande Bertoli, la chimica lebbra avrà distrutto la vita nei fiumi? Tu sei un geochimico, tu sai, tu non potrai dirle che non immaginavi quello che sarebbe successo. Ah no, mia figlia no! Non distruggiamo il futuro! Hai ragione, facciamo le persone serie.
Ovviamente scherzavo, ho già apertamente espresso la mia opinione in interviste rilasciate nei giorni passati a varie testate giornalistiche locali. Non sono un ambientalista, ma uno scienziato che studia l’ambiente e come tale abituato a fare ricerche, raccogliere dati, analizzarli e trarne le giuste conclusioni. Questo è il lavoro che ho fatto quando mi è stato chiesto di esprimere un’opinione in merito alla possibilità di sfruttare gli eventuali giacimenti petroliferi sanniti.
La mia analisi costi-benefici pende nettamente dalla parte dei costi. D’altro canto se qualche piccolo dubbio ancora resta, esso è ampiamente fugato dall’esperienza vissuta dalla Lucania. Eni quantifica il gettito totale di royalties versate nelle casse della Regione e dei Comuni interessati dal 1998 al 2011 in circa 585 milioni di euro. Di questi 86 milioni sono stati versati ai Comuni interessati dalla concessione Val d’Agri. Quindi 45 milioni/anno per la Regione e 6,6 milioni/anno da dividere tra i Comuni.
Ben poca cosa ed infatti, nell’estate scorsa, è stata approvata la legge regionale n.16 dell’8 agosto 2012. È la cosiddetta moratoria petrolifera, strumento legislativo che autorizza la Regione Basilicata a rigettare nuove istanze di permesso di ricerca presentate da aziende minerarie e che vede la contrapposizione fra la Regione e il Governo che ad ottobre 2012 ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale la legge lucana. È ovvio che qualsiasi decisione della classe dirigente e delle istituzioni non può prescindere da una oculata analisi costi-benefici.
Ma se a Roma pensano che si può venir fuori dalla crisi economica con operazioni del genere, beh allora mala tempora currunt sed peiora parantur (stiamo vivendo tempi cattivi, ma si preparano tempi peggiori). È risaputo che la crescita economica di per sé non basta, lo sviluppo è reale solo se migliora la qualità della vita in modo duraturo. All’interno di un sistema territoriale per sostenibilità ambientale si intende la capacità di valorizzare l’ambiente in quanto “elemento distintivo” del territorio, garantendo al contempo la tutela e il rinnovamento delle risorse naturali e del patrimonio.
In sintesi, il concetto di sviluppo sostenibile si sostanzia in un principio etico e politico, che implica che le dinamiche economiche e sociali delle moderne economie siano compatibili con il miglioramento delle condizioni di vita e la capacità delle risorse naturali di riprodursi in maniera indefinita. Ergo, chi è a favore del petrolio è contro lo sviluppo sostenibile.
Cari lettori, non aspettiamo le scelte imposte dall’alto, quelle che saranno fatte nelle sedi centrali per poter poi dire che la colpa è di qualcun altro. Un Paese lo si costruisce dal basso e non dall’alto, diamoci una mossa, svegliamoci un poco da questo lungo letargo, non lasciamoci scivolare tutto addosso, agiamo per quel che possiamo a livello locale. Quando l’Italia nel mondo contava un po’ di più si diceva: taciturnitas stulto homini pro sapientia est (lo stare zitti è la saggezza dello sciocco)”.