POLITICA
Riordino province, l’economista Ruscello: “Vogliamo fare la fine della rana bollita?”

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“Vogliamo fare la fine della rana bollita? Credo che la metafora della rana che muore bollita si attagli più che bene a noi beneventani, perché, nello stesso modo, stiamo andando incontro alla nostra fine senza nemmeno accorgecene”. Esordisce così l’economista sannita Luigi Ruscello nel suo intervento in merito alla legge sulla spending review ed in particolare sul riordino delle province.
“Il giorno 11 settembre 2012 – sottolinea Ruscello – è stato da molti celebrato come storico, non perché anniversario dell’attentato alle torri gemelle, ma perché, per la prima volta, si è svolto un Consiglio regionale a Benevento. Mi sia consentito osservare, allora, che il maggior quotidiano regionale, nonostante la storicità, non ne ha dato conto nelle pagine nazionali. Comunque, quello che più mi ha impressionato, e molto depresso allo stesso tempo, è stata l’assenza totale della popolazione. Mi sarei aspettato frotte di cittadini con fischietti, tamburi, striscioni e cartelli di protesta contro l’abolizione della Provincia (dov’erano i fantomatici guerrieri sanniti?). Invece, se non fosse stata per la molto civile presenza dei lavoratori di Airola, dei forestali e degli interinali, non ci sarebbe stato nessuno”.
“Unica eccezione, della cosiddetta società civile sannita, – continua – siamo stati noi del Comitato “Salviamo il Sannio”, presidiando uno dei due varchi con l’esposizione di uno striscione a favore del referendum pro Molisannio. Al riguardo, è da sottolineare che l’unico ente istituzionale a muoversi in tale direzione è la Camera di Commercio, la quale ha intrapreso diverse iniziative in uno agli Enti della Regione Molise. E proprio il Presidente della Camera di Commercio ha evidenziato nei giorni scorsi due fatti riguardanti l’agricoltura beneventana che, messi insieme alla scomparsa della Provincia, possono rappresentare davvero l’epilogo per noi beneventani”.
“In un intervento sull’occupazione di qualche tempo fa, – aggiunge – già rilevai la perdita particolarmente grave di unità lavorative nel settore agricolo, oltre che in quello delle costruzioni. Oggi, il ritardo nell’erogazione dei fondi PSR e la ennesima riforma della politica agricola europea fanno sì che ci troveremo, a brevissimo termine, in una situazione di crisi irreversibile. E ora che sto per diventare nonno, scusandomi per il riferimento personale e la volgarità dell’espressione, ho una “fottuta paura” per il futuro del mio primo nipotino. Come è ben noto, il sistema economico provinciale, almeno dal secondo dopoguerra del secolo scorso, si è basato su due cardini: agricoltura e pubblica amministrazione, per cui, quando la perdita degli Uffici periferici statali e similari si aggiungerà alla continua riduzione del prodotto interno lordo dell’agricoltura sarà davvero la fine (il valore aggiunto agricolo – tra il 1995 e il 2008 – è diminuito al ritmo del -2,82% annuo, in termini reali)”.
“Allora, mi chiedo e chiedo: è più facile difendere l’esistente in una Regione in cui rappresenteremmo il 47% della popolazione, ovvero in una in cui rappresentiamo il 5%. Come non dare ragione, quindi, all’On. Papa, che nei giorni scorsi è finalmente ritornato sull’argomento, affermando, con la sua solita saggezza, che il Molisannio è una lotta per il futuro delle generazioni? Al di là e a prescindere dall’abolizione della Provincia, due sono i motivi che spingono all’urgenza per la richiesta del referendum costituzionale. Il primo è costituito dal combinato disposto dei decreti “salva Italia” e “spending review”; il secondo, dai costi. In virtù dei due decreti, quand’anche restasse autonoma, la Provincia sarebbe un ente di secondo grado e svuotato di poteri, per cui la Corte di Cassazione potrebbe anche respingere la richiesta di referendum, innescando peraltro un ulteriore motivo di conflitto costituzionale”.
“Per i costi, invece, è da osservare che, ai sensi dell’articolo 53 della legge 352/70, le spese del referendum graverebbero sulle casse dell’Amministrazione provinciale. Ma se il referendum fosse abbinato alle prossime elezioni politiche, e i tempi ci sono, non vi sarebbe nessun aggravio. In conclusione, non facciamo la fine delle rane bollite e, anche se non favorevoli al progetto, firmiamo tutti presso i gazebo del Comitato Salviamo il Sannio, per la richiesta del referendum costituzionale. D’altronde, una volta ottenuto il referendum, – conclude Ruscello – saremo sempre noi cittadini a dover decidere se lasciare o meno la Campania”.