CRONACA
Camorra. Tentato omicidio, usura ed estorsione: 24 arresti. Colpo al clan Pagnozzi di San Martino Valle Caudina
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Colpo al Clan “Pagnozzi” di San Martino Valle Caudina. Nelle prime ore del mattino, a chiusura di una complessa indagine denominata “La Montagna” e coordinata dal procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, la Compagnia Carabinieri di Montesarchio e la Squadra Mobile di Benevento l Sezione hanno tratto in arresto 24 persone in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli.
I delitti contestati sono molteplici e commessi nel territorio della provincia di Benevento, in particolare nella Valle Caudina e nella Valle Telesina: associazione armata di tipo camorristico, estorsioni, detenzioni e porto illegale di esplosivi e di armi da sparo, tutti delitti aggravati dal metodo mafioso ed al fine di agevolare la citata consorteria criminale. Ma anche usura e tentato omicidio, traffico, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.
Sono finiti in manette:
Domenico Pagnozzi, 53 anni di Napoli, soprannominato “O professore” e capo dell’organizzazione;
Paolo Pagnozzi, 51 anni di Napoli, alias “Paoluccio;
Orazio De Paola, 50 anni di San Martino Valle Caudina, soprannominato “Razziell”;
Nino Piacentile, avellinese 43enne, soprannominato “O Linotto”, già in carcere presso la casa circondariale di Napoli-Secondigliano;
Carlo Palluotto, 46 anni di San Martino Valle Caudina, soprannominato “O zuopp”;
Raffaele Corda, 40 anni di Montesarchio, detto “Rafè”, già detenuto presso la casa di reclusione ad Orvieto;
Pasquale Catone, 43enne napoletano;
Leonardo Russo, 33 anni di Benevento;
Benito Caputo, 49 anni di Casoria;
Massimiliano Russo, 36 anni di Benevento;
Vincenzo Iadanza, 56 anni di Campoli Monte Taburno, detto “O’ Caprariell”;
Pietro Parrella, 49 anni di Montesarchio, alias “Pietroccio”;
Salvatore Letizia, 62 anni di Napoli;
Silvio Sparandeo, 47 anni di Benevento;
Saverio Sparandeo, 50 anni beneventano;
Carmine Morelli, 34 anni di Santa Maria Capua Vetere, già detenuto presso il carcere di Viterbo.
Agli arresti domiciliari:
Pasquale De Guida, 48 anni di Montesarchio;
Pasquale Colombo, 51 anni di Montesarchio, detto “O Tammarrone”;
Antonio Maglione, 44 anni di Benevento, soprannominato “A’ Bellonia”;
Carlo D’Angelo, 57 anni di Montesarchio, soprannominato “O Romano”;
Giulia De Rosa, 73 anni di Telese Terme;
Alfonso Grego, 38 anni di Telese Terme;
Francesco Antonio De Vivo, 37 anni di Telese;
Luisa Savoia, 43 anni di San Martino Valle Caudina, detta “la milanese”.
I reati hanno confermato ed evidenziato come l’associazione camorristica abbia mantenuto negli anni la sua egemonia, attualizzandosi negli stessi termini e con i medesimi connotati mafiosi rispetto alla vecchia associazione operante dal 1991, con a capo il boss Gennaro Pagnozzi.
Nell’ambito dell’inchiesta, in particolare, sono emersi anche rapporti di alleanza con altre organizzazioni operanti nel territorio sannita, come ad esempio il clan Sparandeo di Benevento, il clan Esposito di Solopaca, il clan Iadanza-Panella di Montesarchio e il clan Razzano-Bisesto-Saturnino di S. Agata dei Goti.
Un’attivita cammorristica, quella dei Pagnozzi, strutturata in gruppi federati e ben organizzata con la nomina di capi-zona per ciascuna area geografica, legati da un vincolo gerarchico a Domenico Pagnozzi e Orazio De Paola, ricopnosciuti come vertici. Un lavoro criminale che traeva il principale sostentamento dalle estorsioni nei confronti dei commercianti e degli imprenditori della Valle Caudina e di quella Telesina.
L’indagine della Dda di Napoli ha dimostrato inoltre come la famiglia Pagnozzi continuasse ad avere la disponibilità di numerose armi nonché di materiale esplosivo da utilizzare in caso di rifiuto della vittima nel riconoscere ‘la supremazia” del clan nel controllo delle attività economiche.
Estremamente dimostrative dell’attuale esistenza dell’organizzazione camorristica sono risultate le conversazioni ambientali registrate all’interno della masseria ubicata in località Ciesco Mennella del Comune di San Martino Valle Caudina, nota come la “masseria di Zi Tore" in quanto di proprietà di Salvatore Pagnozzi, zio del vecchio capoclan Gennaro Pagnozzi detto "o’ giaguaro”. Tale fabbricato rurale viene anche nominato dagli indagati come “La Montagna", che ha dato il nome all’indagine. Dall’ascolto delle conversazioni, è emerso infatti che Domenico Pagnozzi, elemento di spicco dell’organizzazione, si è recato più volte nella masseria dove ha tenuto riunioni con gli altri componenti del sodalizio dirette a pianificare il lavoro criminale, ad essere ragguagliato sullo stato dell’attività e a consegnare agli affiliati lo stipendio.
Dall’attività di ascolto, ma anche dalle contestuali attività di osservazione e sequestro, è emersa anche l’esistenza di un’associazione dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti operante in San Martino Valle Caudina. Il gruppo criminale non operava però in sinergia con il clan Pagnozzi, sebbene siano stati portati alla luce interessi da parte dei vertici del clan del paese caudino anche nelle attività di traffico di droga.