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Anatocismo bancario: la Corte Costituzionale annulla la norma ‘salvabanche’

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Una buona notizia per i correntisti bancari. A darla è il  Movimento Difesa del Cittadino che rilancia la Sentenza N. 78 della Corte Costituzionale, depositata il 02.04.12, che ha dichiarato incostituzionale la contestatissima norma "salvabanche" contenuta nel decreto milleproproghe dello scorso anno (Art. 2, c. 61°, del decreto legge 29/12/2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26/02/2011, n. 10).

In particolare la Corte, accogliendo la questione di illegittimità costituzionale sollevata tra i primi dal Tribunale di Benevento con ordinanza del 10 marzo 2011 del Giudice Andrea Loffredo e da altri Tribunali italiani (Lecce Sez. Maglie; Potenza; Nicosia; Venezia) ha annullato la norma che faceva decorrere il termine di prescrizione per una eventuale opposizione ad addebiti illeciti sul proprio conto corrente  (10 anni) non dalla chiusura del rapporto, ma dall’annotazione dell’addebito in conto.

“A tutt’oggi – ricorda l’associazione di consumatori – sono purtroppo miglaia i giudizi avviati  da  consumatori ed imprese costrette ad adire i Tribunali per vedersi restituire dalle banche le somme indebitamente percepite a titolo di anatocismo bancario  (indebito calcolo degli interessi sugli interessi passivi) o per altre spese e commissioni indeterminabili o non previste dai contratti di conto corrente stipulati.

L’intento della norma, definita dal precedente governo "di interpretazione autentica retroattiva", era evidentemente quello di bloccare questi contenziosi di fatto costringendo i magistrati nella stragrande maggioranza dei casi  a sentenze di rigetto della domanda per intervenuta prescrizione”.

Come spiegato dall’avvocato Francesco Luongo dell’MDC, secondo la Corte “la norma censurata, con la sua efficacia retroattiva, lede in primo luogo il canone generale della ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.) essendo intervenuta sull’art. 2935 cod. civ. in assenza di una situazione di oggettiva incertezza del dato normativo. In materia di decorrenza del termine di prescrizione relativo alle operazioni bancarie regolate in conto corrente si era ormai formato un orientamento maggioritario in giurisprudenza, che aveva trovato riscontro in sede di legittimità ed aveva condotto ad individuare nella chiusura del rapporto contrattuale  il decorso del  termine.
Secondo la Corte l’efficacia retroattiva della deroga stabilita dal legislatore  rende asimmetrico il rapporto contrattuale di conto corrente perché, retrodatando il decorso del termine di prescrizione, finisce per ridurre irragionevolmente l’arco temporale disponibile per l’esercizio dei diritti nascenti dal rapporto stesso proprio in danno  di quei correntisti che, nel contesto giuridico anteriore all’entrata in vigore della norma denunziata, abbiano avviato azioni dirette a ripetere somme ai medesimi illegittimamente addebitate.

Ma oltre a ciò – continua Luongo – il Giudici della Consulta hanno ravvisato l’illegittimità della norma salvabanche anche per la violazione del principio di irretroattività della legislazione in materia civile che comporti una ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia, al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia stabilito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e possibile ai sensid ell’art. 6 solo per imperative ragioni di interesse generale non sussistenti nel caso di specie.
Per l’MDC ancora una volta gli italiani devono dire grazie alla Corte Costituzionale per aver difeso  i diritti di semplici cittadini ed imprese  dall’ennesimo ed incostituzionale tentativo di salvaguardare gli interessi di cosiddetti poteri forti con una legislazione ad hoc”.

 

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