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CULTURA

“Città spettacolo” ospita ‘Lo Cunto de la Gatta Cenerentola’

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L’esperimento di teatro-terapia che il Dipartimento di salute mentale di Puglianello ha trasformato nella spettacolare messinscena di un’opera popolare ispirata dalla più nota “Gatta Cenerentola” del maestro De Simone, ha meritato il prestigio di essere inserito nella rassegna Benevento Città Spettacolo.

Tutto lo staff di Maurizio Volpe, direttore dell’UOCSM di Puglianello, insieme agli operatori del DSM di Benevento, ai pazienti e ai volontari che hanno partecipato al progetto (circa 120 persone), rappresenteranno l’emozionante “Cunto de la Gatta Cenerentola” mercoledì 7 settembre, in pomeridiana, al Teatro Massimo, con la regia di Antonello Santagata e la direzione musicale di Bruno Capuano e Massimo D’Orsi.

Lo Cunto de la Gatta Cenerentola è una favola in musica in due atti, ampiamente tratta da la Gatta Cenerentola di Roberto de Simone e con alcuni spunti da Lo cunto de li cunti di Giovan Battista Basile. Sia Perrault che i Grimm sia lo stesso De Simone attingono tutti dal “Trattenimento sesto de la jornata prima” del Pentamerone di Basile. La storia è quella di Zezolla-Gatta Cenerentola che “lo destino l’aveva posta a la cocina ma che pe vertude de le fate…se guadagna no re pe marito…”. Una Cenerentola strana, molto diversa dalla povera oppressa che conosciamo. Una Cenerentola che, in combutta con la nota matrigna della favola, addirittura uccide una prima matrigna e paga poi le conseguenze del suo gesto criminale divenendo vittima della sua stessa cattiveria e di quella della sua sodale. Una Cenerentola “doppia”: buona e cattiva. La “doppiezza” è un tema che viene ripreso con varie citazioni da cogliere all’interno dello spettacolo, come nella Canzone della Villanella di Cenerentola (cantata come in un sogno da un’altra Cenerentola); la Canzone dei Sette Mariti (interpretata da due personaggi allo specchio); il gustoso monologo della Capera sull’uomo che ruba una testa e “ va cammenanno cu doie cape”. E poi la Canzone delle Janare, evidente riferimento alla civiltà beneventana con rimandi a Bellezza Orsini (la più nota strega sannita) e a S. Barbato vescovo, che fece ardere il noce del sabba. Le Janare fanno da contrappunto alle Janas (le fate buone della Sardegna che avevano donato a Cenerentola la pianticella fatata) che soccorreranno Cenerentola e la vestiranno per il ballo. Le due orchestre, infine, di circa trenta elementi: una classica con fiati e archi, una moderna ed elettrica che suonano insieme e devono fondersi. La riduzione e le modifiche apportate al testo di De Simone sono state fatte per adattarlo alle  esigenze di una “compagnia teatrale amatoriale integrata” formata da circa 100 persone, quasi equamente divisa tra pazienti, operatori, sanitari ed esterni. E integrazione è il termine chiave, il fine ultimo del progetto. Nell’adattamento sono stati lasciati inalterati, ovviamente, i brani musicali e le scene più note che sono ormai patrimonio della cultura napoletana e nazionale. I costumi barocchi, particolarmente quelli dei Cuccuruccu, (ispirati come quelli di Odette Nicoletti, alle incisioni di Callot dei Balli di Sfessania) sono stati rivisitati e reinventati; le partiture musicali arrangiate e adattate dal maestro Massimo D’Orsi e infine, i cori e i canti riletti da Bruno Capuano in maniera emozionante contribuiscono a far immergere gli spettatori, per circa due ore, in una atmosfera fiabesca senza tempo. Un’ultima sfumatura: Cenerentola è un pretesto, una figura quasi secondaria rispetto alla moltitudine di maschere vecchie e nuove che popolano il palcoscenico del teatro della diversità.
 

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