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Udeur, inchiesta Arpac: il Pm ricorre in Cassazione

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Il giudice definisce sbagliato il capo di imputazione e proscioglie gli imputati dall’accusa di associazione a delinquere, il pm ricorre in Cassazione e contrattacca sostenendo che la sentenza è stata emessa senza che sia stata letta nemmeno la metà degli atti.

Il caso è quello dell’europarlamentare Clemente Mastella e di altri esponenti dell’Udeur sulle nomine all’Arpac, l’Agenzia regionale per l’ambiente, e in alcune Asl e ospedali della Campania. 

Il pm Francesco Curcio, che in questi giorni sta conducendo l’inchiesta sulla cosiddetta P4, sosteneva la tesi secondo cui l’Udeur, partito fondato dall’ex guardasigilli, fosse di fatto un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie di reati contro la pubblica amministrazione connessi con nomine e assunzioni illegali.

Lo scorso 31 marzo, invece, il gup Eduardo De Gregorio, al termine dell’udienza preliminare, prosciolse dal reato più grave tutti gli imputati, rinviando a giudizio alcuni di loro per altre imputazioni minori.

La sentenza del gup demoliva buona parte dell’impianto accusatorio, dichiarando il non luogo a procedere per molti capi di imputazione tra cui quelli relativi all’acquisto di un palazzo nella zona di Vigliena da destinare a sede dell’Arpac. 

Nei giorni scorsi sono state depositate le motivazioni della sentenza, fortemente critiche nei confronti della Procura. Immediato il ricorso in Cassazione del pm Curcio, con osservazioni altrettanto critiche nei confronti del gup. 

Secondo De Gregorio non solo gli elementi a sostegno dell’accusa di associazione per delinquere sono molto labili o in alcuni casi inesistenti, ma la stessa imputazione è da criticare perché sarebbe stata formulata con riferimento non all’articolo 416 del codice penale (l’associazione per delinquere “semplice”) ma all’articolo 416 bis (l’associazione mafiosa). Solo quest’ultimo reato, scrive il giudice, “considera come segmenti di condotte illecite, ai fini della realizzazione del reato, il controllo delle attività economiche, 
di appalti e servizi, allo scopo di realizzare ingiusti profitti e vantaggi”. 

“Nella proposta accusatoria in esame, invece – scrive ancora il gup – pur discorrendosi di associazione per delinquere, lo scopo di commettere reati risulta secondario, poiché, secondo l’imputazione, l’ipotizzata associazione avrebbe avuto come oggetto soprattutto l’acquisizione del controllo delle attività pubbliche in essa contemplate”. 

Per il giudice, inoltre, “il contestato vincolo associativo penalmente rilevante” è “connotato da un’immanente equivocità che rende di insanabile debolezza la tesi di accusa… con inevitabili riflessi negativi circa la sostenibilità di quest’accusa in giudizio”. 

Del tutto opposta l’opinione del pm Francesco Curcio, per il quale il giudice, prima di valutare, non ha letto che una parte degli atti. 

Il pm contesta duramente la sentenza fin dalla prima pagina del ricorso: “Il provvedimento impugnato è rimasto talmente distante dalla materia del contendere da non considerare, da non far rientrare nel proprio orizzonte valutativo non qualcuno degli elementi di prova raccolti, ma, attenzione, circa la metà del materiale probatorio raccolto durante le indagini, la cui considerazione è del tutto, non in parte, del tutto, sfuggita all’esame del giudice”. 

“Si è omesso – prosegue il pm – di dare contro, nella motivazione, di un’intera parte del ponderoso materiale probatorio … che costituiva la necessaria premessa fattuale, logica e giuridica del compendio probatorio sottoposto al gup e che quindi prioritariamente il gup doveva esaminare ai fini di valutare la sussistenza del delitto associativo. Tale esame, invece, è stato del tutto omesso”. 

Per il pm, inoltre, il gup ha affermato “in modo impreciso e sommario e dunque illogico” che “non risultano imputazioni significative relative a reati fine”, mentre “appare veramente eclatante che per prendere un provvedimento così forte come il proscioglimento in udienza preliminare – dopo che per lo stesso fatto erano state emesse ordinanze cautelari confermate poi dal Riesame e dalla Cassazione – il giudicante si sia limitato a valutare una percentuale che prima avevamo valutato ottimisticamente del 50 per cento del materiale probatorio raccolto, ma che, più realisticamente, considerando i diversi apparati amministrativi penetrati dal sodalizio, può considerarsi di gran lunga inferiore a quel 50 per cento”. 

Sarà la Cassazione, dunque, a valutare quale dei due magistrati abbia agito correttamente. 

Per l’11 ottobre prossimo, intanto, davanti alla I sezione del Tribunale, collegio A, è fissato l’avvio del processo. 

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