POLITICA
Benevento, politica e bagarre
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E’ stata una giornata lunga, a Benevento, per la politica. Si chiude leggermente anzitempo un’esperienza amministrativa, ci si tuffa con un carico da dodici nella campagna elettorale.
Questi i pochi fatti.
A poco più di un mese dalla scadenza naturale del mandato sindacale di Fausto Pepe, in ventuno, dei consiglieri comunali, decidono di imprimere un’accelerata, forti degli ultimi cambi di casacca in ordine di tempo (Reale, De Marco), ad un’iniziativa – la sfiducia alla Giunta – già calendarizzata in Consiglio e comunque nata fallita, allora, per mancanza di un numero sufficiente di firme.
La vittoria di Pirro va in porto: non è soddisfatta nelle spiegazioni, assolutamente di facciata, da nessuno dei suoi protagonisti, Nardone compreso, assolutamente evasivo. Una rimasticatura di concetti valida oggi come sei mesi fa, come anni fa: peraltro trascorsi in un andamento politico/amministrativo avallato dai tanti che hanno poi cambiato veste. Non c’è giustificazione che tenga, quel che si poteva fare allora si è compiuto solo adesso. Dunque, è solo e soltanto un palese un tentativo di ridisegnare i rapporti in chiave elettorale. Equiparare le capacità programmatiche – con una torsione strumentale – depurate della valenza elettoralistica del ricoprire una carica. Null’altro.
Dalla forza delle argomentazioni all’imposizione distorta dei rapporti di forza che si basa sulla collateralità di elementi che, prima, hanno badato alle garanzie personali, trovando un paracadute altrove rispetto al vincolo di mandato (etico innanzitutto) che avrebbero dovuto e potuto osservare.
La mossa dei ventuno consiglieri, e non solo, serve solo ad inasprire e non a semplificare il dibattito politico nel prossimo futuro, facendolo deragliare consapevolmente nel campo della bagarre rispetto ai contenuti e a quella ordinarietà dell’alternanza democratica anche nei suoi eventuali aspetti propagandistici, che sempre hanno fatto parte del gioco, indistintamente.
Sul terreno dell’agone elettorale di Benevento resta la politica, che muore una volta di più: davvero toccherà all’elettorato risollevarla.
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N.B.: Un ultimo aspetto, di bilancio semplicemente: c’è una dirigenza di estrazione Ds-Margherita che ha qualche mea culpa da fare per avere imbarcato, un pugno di anni fa, elementi sulla cui affidabilità c’era ben poco da contare, per esperienze pregresse, smodate ambizioni, narcisismo del ruolo. Qualcuno, della dirigenza d’allora, fa l’onorevole qualcun altro il convitato di pietra in altri enti, altri hanno ruoli apicali e di riferimento di vario genere. Dai quali pure hanno giostrato prima di convertirsi sulla via di una Damasco comprensibile (nessuna collocazione concreta, politicamente, è stata concessa). Tante voci, come i commenti odierni, nessuna reale leadership. Si pagano, questi debiti di autorevolezza, anche coi voltafaccia attuali.