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Convegno su “Giornalisti minacciati. La professione sotto attacco”

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Minacciati, intimiditi, aggrediti, sono i giornalisti che zitti non ci vogliono proprio stare, ma vanno avanti nei loro racconti, nelle loro inchieste, in nome del diritto di cronaca e per amore di una professione ogni giorno di più sotto attacco.

400 sono stati nel biennio 2009-2010 gli episodi di censura violenta e gravi intimidazioni denunciati. E’ questo il grave dato riportato dal secondo rapporto dell’Osservatorio “Ossigeno per l’informazione”, curato dal direttore Alberto Spampinato e presentato questa mattina presso l’auditorium del liceo classico P. Giannone di Benevento. Il giornalista spesso è un uomo solo, fa notare Spampinato, che spesso si ritrova minacciato e non sostenuto dai colleghi. “L’Italia è un caso unico in Europa per le minacce, le intimidazioni, gli abusi legali e gli altri modi con cui viene limitata la libertà di informazione”, dichiara il direttore di “Ossigeno per l’informazione”. E Spampinato paragona il giornalista al vigile del fuoco, che non può scappare davanti alla fiamme, ma deve prendere e riportare la notizia anche se scotta. Ma dai giornalisti, attraverso metodi che ricordano quelli usati per chiedere il pizzo, si pretende che non raccontino. Spetta allora anche ai giornalisti denunciare queste situazioni. Nel rapporto, infatti, ci sono solo i casi denunciati. Esiste però un sommerso che non viene a galla, una punta dell’iceberg che resta nascosta nelle redazioni.

E chi pensa che il fenomeno delle minacce colpisca solo i giornalisti che scrivono di camorra, mafia, si sbaglia, nel rapporto si evidenzia come in tutta Italia ci sia una distribuzione omogenea delle minacce denunciate, con punte nel Lazio, ma anche in Lombardia.

A prendere parte all’incontro, organizzato da Sanniopress onlus e dal sindacato dei giornalisti sanniti, anche i vertici dell’Ordine, come il presidente della FSNI, Roberto Natale, il presidente di Assostampa Campania, Vincenzo Colimoro, il vicepresidente dell’Ordine dei Giornalisti Campani, Mimmo Falco, il presidente di Assostampa Sannita, Giovanni Fuccio. Ma il momento più coinvolgente sono state le testimonianze riportate da chi le minacce le ha subite e le subisce ancora: i giornalisti Arnaldo Capezzuto, Alessandro Migliaccio e Rosaria Capacchione, che colleziona da da anni terribili minacce da parte della camorra.

Così conosciamo la storia di un “umile cronista di strada”, Arnaldo Capezzuto, che non si definisce un eroe, ma che con coraggio, ha scritto inchieste su Forcella, quartiere difficile di Napoli, in mano alla criminalità organizzata. O lo schiaffo che Alessandro Migliaccio, ora autore delle Iene, ha ricevuto dal Capo dei vigili urbani di Napoli, per aver “scritto troppo” e per essersi rifiutato di “apparare”. A volte però nemmeno ti rendi conto di essere minacciato. Del resto quello del giornalista è un mestiere strano, che non puoi fare se non ci credi, se non hai la passione, e le minacce verbali sono all’ordine del giorno. Fino a quando non ti rendi conto di aver valicato un limite. E allora scattano le querele, le intimidazioni, le minacce di morte. Inizi insomma a collezionare “medaglie”, perchè, si dice, quando arrivano le minacce, vuol dire che si sta facendo bene il proprio dovere. Tutto ciò troppo spesso nell’indifferenza assoluta dei colleghi.

Oltre alle minacce fisiche , ci sono le subdole intimidazioni per vie giuridiche , difficili da sostenere soprattutto per le piccole testate. Troppo spesso questo porta i giornalisti a gettare la spugna. Rosaria Capacchione lancia così un appello: “i grandi giornali hanno un ufficio legale, i piccoli no. E una richiesta di risarcimento danni è troppo pesante da sostenere per le piccole realtà editoriali.” “Dopo cinque querele, sei licenziato”, continua la Capacchione.

Anche nell’apparente tranquilla Benevento, si registrano casi di giornalisti vittime di intimidazioni e minacce. L’ultimo episodio lo stalking di cui è stata vittima Danila De Lucia, direttore di “Messaggio d’Oggi”,che per tutta risposta ha aperto l’ultimo numero del suo settimanale, con un tema legato alla legalità. “La settimana scorsa un sindaco mi ha minacciato di querelarmi se non avessi rivelato il nome di una fonte”, è l’amara telefonata ricevuta dalla giornalista sannita.

Erika Farese

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