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Sciame sismico nel Sannio: ‘Studi GEO propedeutici a stesura dei PUC investimento per la comunità’

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“Lo sciame sismico che nelle scorse settimane ha interessato l’area beneventana va inquadrato nella sismicità “fisiologica” del nostro Bel Paese e, in particolare, dell’Appenino Centro-Meridionale. Analizzando i cataloghi storici si deduce che gli epicentri dei terremoti che hanno avuto i maggiori risentimenti nel capoluogo sannita e nei comuni limitrofi sono localizzati nel Sannio-Matese (evento del 1688), in Irpinia (eventi del 1930, 1962 e 1980) o nel Molise (evento del 1805), in sostanza una macroregione “Irpinia-Sannio-Molise” a elevato hazard sismico”. Lo scrive in una nota Stefania Sica, professoressa associata di Geotecnica presso l’Unisannio, nel 2014 consulente del Comune di San Leucio del Sannio per gli aspetti geotecnici e sismici nella redazione del vigente P.U.C..

“Nei cataloghi sismici – aggiunge – compaiono però anche eventi più “locali” inquadrati dall’INGV nel distretto sismico Beneventano. Si citano, a titolo di esempio, gli eventi del 1456, del 1702 e del 1990. Lo sciame sismico di questi giorni rientra in questa tipologia prettamente beneventana. Pur non essendo associati a grosse strutture sismogeniche, tali terremoti possono essere comunque insidiosi in quanto vanno a colpire un ambiente “fisico” e “costruito” già di per sé molto vulnerabile.

Alla luce di ciò, è di fondamentale importanza fare prevenzione ad ampio raggio riducendo la vulnerabilità di strutture, infrastrutture e territorio nonché facendo un’attenta pianificazione territoriale. Ciò dovrebbe essere ben più chiaro alle amministrazioni locali nella fase di stesura dei piani urbanistici comunali. Una giusta pianificazione dell’uso del territorio è possibile solo se si ha una conoscenza approfondita di tutti quei caratteri peculiari (morfologici, idrologici, stratigrafici, sismotettonici, ecc.) che determinano la risposta e la resilienza di quel territorio al fenomeno in esame. Questo approccio andrebbe perseguito non solo nella valutazione del rischio sismico ma di tutte le tipologie di rischio come quello idrogeologico, tornato recentemente alla ribalta con il dissesto che ha colpito San Martino Valle Caudina.

Il caso dell’iter di approvazione del vigente PUC del Comune di San Leucio del Sannio – prosegue Sica – potrebbe essere preso come esempio. Una prima versione del P.U.C. fu, infatti, proposta dal Comune di San Leucio tra il 2009 e il 2011. Nel 2013 però l’Ufficio del Genio Civile di Benevento espresse parere non favorevole a causa di carenze nello studio geologico-tecnico. Per superare tale fase di stallo, nel 2014 furono condotti nuovi studi, ispirati alle più recenti normative e indicazioni di settore, corroborati anche da indagini integrative (sondaggi, prove penetrometriche e prove sismiche in foro), volte ad acquisire una migliore conoscenza del sottosuolo.

Uno dei punti cruciali affrontati nello studio integrativo del 2014 fu l’ubicazione di una faglia (più precisamente di una discontinuità strutturale nel sottosuolo) nella zona a Sud-Ovest del centro abitato di San Leucio del Sannio, a confine con il comune di Ceppaloni. Tale linea, già riportata nella carta geologica del 1983 a firma del geol. M. Benvenuto a corredo del vecchio P.R.G. del Comune di San Leucio, è stata riconfermata nel vigente P.U.C. (Carta delle “Microzone Omeogenee in Prospettiva Sismica”) in quanto le evidenze e i dati raccolti nello studio integrativo ne giustificavano la presenza.

Riportando in mappa gli epicentri degli eventi principali dello sciame sismico che tra novembre e inizio dicembre 2019 ha colpito il beneventano, si riscontra che molti di essi sono concentrati proprio nella zona di confine tra i comuni di Ceppaloni e di San Leucio del Sannio. Si tratta della stessa area segnalata come zona di attenzione nel P.U.C. vigente del Comune di San Leucio del Sannio (scaricabile dal sito web del Comune) redatto nel 2014, in netto anticipo rispetto ai recenti eventi sismici. Ovviamente non tutte le discontinuità hanno potere sismogenico, cioè sono in grado di generare terremoti, ma la loro individuazione e segnalazione da parte dei tecnici consulenti ha l’obiettivo di indirizzare le amministrazioni a una limitazione dell’uso del territorio in quell’area specifica o ad approfondire il livello di conoscenza con studi più dettagliati (microzonazione di III livello).

I piani urbanistici – conclude Sica – possono essere pertanto dei potenti strumenti di prevenzione e protezione sismica. Gli studi propedeutici alla loro stesura, specialmente quelli di carattere geologico e geotecnico, dovrebbero essere visti come un investimento per l’intera comunità. Questo concetto va ribadito agli amministratori locali e agli stessi tecnici che redigono i piani comunali, ai quali dovrebbe (ma non sempre accade!) essere sempre richiesta una elevata competenza nella valutazione dei rischi qualunque ne sia la natura (sismico, idrogeologico, idraulico, ecc.). Un’approfondita conoscenza del territorio e del sottosuolo può essere un primo importante passo nella stesura di strumenti urbanistici efficaci in termini di prevenzione e protezione dai fenomeni calamitosi”.

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