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Duplice omicidio a Paupisi, “La Rete Sociale”: ‘Ocone non curato adeguatamente, difficile non ci siano state avvisaglie’

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Non si è trattato di un femminicidio. Quello che è accaduto a Paupisi in provincia di Benevento è stata una strage. Ma non ad opera di un mostro – anche se ora si tenta di descriverlo come tale – quanto di un uomo gravemente malato non sufficientemente curato. Oggi, infatti, c’è chi tenta di scaricare la responsabilità del gesto di Salvatore Ocone – che ha ucciso la moglie a colpi di pietra, il figlio nella stessa maniera e ha mandato la figlia in coma – come un gesto improvviso, imprevedibile e imprevisto. Ma è difficile che non ci siano state avvisaglie che precedono un gesto così violento. Forse sono state sottovalutate, non raccolte, poco evidenziate… E ora un velo di silenzio imbarazzato circonda la tragedia”.  E’ la denuncia di Serena Romano, presidente dell’associazione dei Familiari dei Sofferenti Psichici “La Rete Sociale” di Benevento, da anni impegnata nella salvaguardia dei diritti della categoria. 

“La prima volta, infatti, che si è scompensato ed ha ricevuto la visita di un medico ed un infermiere a casa risale al 2010: è la data in cui è stata ufficialmente aperta la sua cartella clinica presso il Centro di Salute Mentale di Puglianello. Poi – dicono – si è sempre mostrato tranquillo, lavoratore, un tipo mogio che veniva spesso accompagnato a visita dalla moglie. Ma ciò che ai non addetti ai lavori può sembrare la “normalità”, a uno psichiatra dovrebbe far scattare campanelli d’allarme. Eppure ciò non è successo: l’ultima volta che qualcuno si è accertato che prendesse la terapia è febbraio 2025. Sta di fatto che era un utente del Dipartimento di Salute Mentale che però si faceva vedere poco. Ma la medicina territoriale esiste proprio per casi come questo: non è che te lo scordi e intervieni solo quando accade il dramma. Devi accertarti che venga seguito a casa, che si curi con continuità, va monitorato. Questa è la chiave della cura del disagio mentale: che può essere grave anche se silente e scoppiare solo quando matura il dramma. In questo caso, questa chiave è stata utilizzata solo in parte. Perché?

Perché la salute del paziente e il suo diritto a cure non disumanizzanti, si può coniugare con una idonea inclusione sociale, solo se il disagio psichico viene affrontato da tutti: istituzioni sanitarie e contesti sociali (famiglia, lavoro, ecc.). In tal senso, per esempio, sono stati istituiti i Progetti Terapeutici Individualizzati con budget di salute: cioè progetti su misura del paziente che lo sottraggono al ricovero nei nuovi manicomi, rendendo la cura umanamente accettabile. Non è necessario,insomma,ricoverare il paziente, perché è la sanità pubblica che si preoccuperà di somministrare le terapie al paziente socialmente integrato in famiglia, al lavoro, in attività culturali o di svago. Il Dsm di Benevento circa 10 anni fa era all’avanguardia in questo settore. Ora depauperato di medici, infermieri, risorse e strutture, si è degradato fino a finire allo sbando.

Ecco, questo è il contesto in cui va inquadrato il caso di Salvatore Ocone: con tali presupposti destinato ad essere né il primo, né l’ultimo del genere”, conclude la Romano.

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