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Appia Unesco, anche gli architetti sanniti in prima linea per valorizzare il sito

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Il 27 luglio è stata ufficializzata a Nuova Delhi, nell’ambito della 46° sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale, l’iscrizione del sito “Via Appia. Regina Viarum” nella Lista dei beni UNESCO, sessantesimo sito in Italia.

L’Appia, concepita inizialmente come collegamento rapido di trasporto militare, divenne ben presto via di grandi comunicazioni, fondamentale testa di ponte verso la Grecia e l’Oriente e, man mano che lo Stato romano si estendeva, verso tutti i territori affacciati sul Mediterraneo. Un’opera non solo di rilevante valore architettonico e ingegneristico, ma strumento ineguagliabile di diffusione della civiltà urbana e di inclusione e confronto culturale e sociale fra popolazioni di diversi e lontani luoghi.

Per la sua rilevanza, anche come prima via publica di quell’esteso sistema di comunicazione realizzato dai Romani, la Via Appia fu insignita già in antico di molti appellativi, quali insignis, nobilissima, ma, soprattutto, regina viarum, appellativo che l’accompagna oggi nella designazione.

La candidatura ha compreso sia il tracciato della Via Appia, iniziato dal censore Appio Claudio nel 312 a.C., che quello della variante voluta dall’imperatore Traiano, la Via Traiana, che si distaccava dalla prima a Benevento e raggiungeva come l’altra il porto di Brindisi, proiettandosi verso il Mare Adriatico e l’Oriente. Il riconoscimento della Via Appia come bene Unesco va al di là delle sia pure importantissime evidenze archeologiche e tiene conto e testimonia la valenza dei tanti beni storico-artistici, architettonici, paesaggistici e naturalistici, immateriali, presenti, quali segni identitari, lungo l’intero tracciato.

Gli Ordini degli Architetti PPC delle province attraversate dal percorso della Via Appia-Traiana (Roma, Latina, Caserta, Benevento, Avellino, Potenza, Matera, Taranto, Brindisi, Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia) hanno inteso costruire una rete attraverso la quale, con voce unica, intervenire per svolgere un ruolo fattivo nella fase che si è aperta, con l’attuazione del piano di gestione presente all’interno del dossier di candidatura, della valorizzazione e della patrimonializzazione dei beni richiamati, degli strumenti informativi sul tracciato e lungo esso, della coniugazione da cercare fra la programmazione riguardante l’Appia e i diversi strumenti urbanistico- territoriali, del turismo, della tutela del paesaggio, della promozione e dei possibili esiti di sviluppo socio-economici dei territori interessati dall’antico tracciato viario, partendo da progetti di restauro e riqualificazione dei tanti beni presenti lungo lo stesso.

Il primo passo, per dare un supporto istituzionale a queste iniziative, sarà la richiesta al MIC per la sottoscrizione di un protocollo di intesa. Si suggerirà pure di individuare il soggetto giuridico più idoneo a coinvolgere tutti i protagonisti della designazione, magari un’associazione, che coordini le attività a livello territoriale previste nel piano di gestione.

Come riportato in un comunicato del Ministero della Cultura, che, per la prima volta, ha direttamente proposto questa candidatura, lo sforzo dovrà essere teso a “rafforzare il senso di comune appartenenza; generare consapevolezza condivisa sulla responsabilità collettiva della tutela del bene e sulle opportunità di sviluppo che il riconoscimento UNESCO può generare; configurare una governance adeguata alla dimensione territoriale e al carattere seriale del sito, che risponda alla necessità di raccordare le aspettative e le istanze dei tanti attori coinvolti”

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