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Sassinoro contro l’autonomia differenziata: in Consiglio Comunale il no al ddl Calderoli

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Sassinoro contro ogni ipotesi di autonomia differenziata regionale. Lo scorso 18 marzo, il Consiglio Comunale – con sette voti favorevoli e uno contrario (consigliere Di Sisto) – ha espresso la propria contrarietà “ritenendo che costituisca un irreversibile ed irreparabile vulnus all’unità del paese, alla coesione sociale e all’uguaglianza costituzionalmente sancita tra cittadine e cittadini di tutte le regioni”.

Non solo: la delibera ha l’obiettivo “di chiedere al governo di bloccare l’iter del “ddl 615 Calderoli” e di ogni altro disegno di legge 5 contenente proposte di autonomia differenziata”.

Secondo quanto si legge nella delibera, “le richieste di autonomia avanzate rischiano di compromettere l’integrità e la coesione della Repubblica e l’esigibilità dei diritti costituzionalmente garantiti a tutti i cittadini e le cittadine, indipendentemente dal territorio di residenza e dalla capacità contributiva”. E ancora: “in relazione a quei servizi che costituiscono il contrassegno del godimento dei diritti sociali e civili (Istruzione, Sanità, Trasporto pubblico) un trasferimento di risorse ingente non basato su una definizione sufficientemente accurata dei fabbisogni specifici, ma riferito al gettito fiscale regionale rischia di assicurare molti più finanziamenti alle regioni del Nord rispetto a quelle del Sud, e di aggravare le disparità tra i cittadini, che già sono notevoli”. “Anche in relazione a materie che non hanno ricaduta diretta sui diritti delle persone – spiega l’atto – l’autonomia differenziata regionale rompe l’unità culturale e infrastrutturale del paese, frantumando l’identità nazionale (si pensi alla possibilità di dettare autonomamente le norme generali per l’istruzione, il che significa avere diversi programmi scolastici, nonché alla prevista nomina dei dirigenti scolastici da parte dei presidenti delle Regioni, che sancirebbe la fine della libertà di insegnamento e del pluralismo culturale e a largo raggio ideologico) e privatizzando, di fatto, beni artistici e paesaggistici che sono peculio di tutti e tutte”.

Da qui la decisione constatato “che i passaggi procedurali più rilevanti dell’iter di approvazione della legge Calderoli restano estranei al Parlamento, del tutto esautorato – se si eccettua un semplice “atto di indirizzo” -, e chiamato solo ad approvare la legge alla fine dell’iter, senza possibilità di 4 emendamenti; che la determinazione dei LEP (che comunque assicurerebbero livelli “essenziali”, e non “uniformi”, come la Costituzione postula) avviene senza il coinvolgimento del Parlamento né dei Comuni, dei sindacati e delle associazioni del terzo settore, nonostante l’art. 117 della Costituzione ne preveda la consultazione per le materie su cui lo Stato ha legislazione esclusiva; che l’attribuzione delle risorse alle singole regioni viene determinata da organi tecnici come le Commissioni paritetiche, il che la sottrae alle sedi di mediazione e decisione politica; che non sono previsti stanziamenti a sostegno delle misure di perequazione per le Regioni che non sottoscrivono le intese”.

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