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AMBIENTE

Emergenza rifiuti, il tecnico Varricchio: ‘Politica e istituzioni dimostrino di voler cambiar rotta’

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Ciclo rifiuti, lavoratori Stir, lavoratori ex Consorzi di Bacino, la soluzione è lontana, perché un metodo che tende ad ignorare il problema è destinato a fallire. C’è il rischio di un grave e pericoloso ritorno al passato. Il blocco dello STIR di Casalduni, la richiesta della presenza dell’esercito sull’impianto, la volontà di blindarlo (il che significherebbe una chiusura a tempo indeterminato) ci riportano alle stesse immagini già viste: una condizione emergenziale dalla quale, nonostante dal 2010 tutto avrebbe dovuto ritornare all’ordinarietà della gestione del ciclo rifiuti, rischiamo di sprofondare in una situazione ancora peggiore”. A scriverlo in una nota è Angelo Varricchio, tecnico superiore per la Raccolta e Smaltimento Rifiuti.

In questi nove anni di finta ordinarietà – aggiunge – non si è fatto nessun passo in avanti nella nostra provincia, una gestione integrata dei RSU in forma associata, ATO, è ancora di là da venire: grave ed imperdonabile ritardo. Non c’è stato né una vera programmazione né un progetto né l’avvio di un vero piano industriale del settore; l’impiantistica era ed è rimasta quella presente nel 2010, e nel frattempo la condizione degli impianti è peggiorata, vedi STIR di Casalduni, vedi gestione discariche Sant’Arcangelo Trimonte, Montesarchio.

Non si è chiuso il gap impiantistico, soprattutto impianti di trattamento organico, necessario per chiudere la filiera e renderla efficiente, operativa. Volendo dirla tutta: siamo rimasti sulla linea di partenza e il traguardo è ancora lontano. A meno di un cambio di passo deciso.

Le responsabilità – prosegue Varricchio – sono note e sempre nelle stesse mani. La politica, che non vuole o non è capace di imboccare la strada giusta, spesso arrogante, prepotente, insensibile, mostra uno scarso senso del dovere istituzionale, e questo ricade come una mannaia sempre sulla parte debole del sistema i lavoratori, prima i 127 degli ex consorzi di bacino, oggi i 41 dipendenti Samte.

L’assenza di rispetto, soprattutto umano verso costoro, è spregevole e ignobile. Questo significa calpestare la dignità di intere famiglie, la loro vita, condizionare la crescita, l’esistenza di bambini, di ragazzi, di giovani a cui mancherà materialmente un sostegno economico proveniente dal lavoro di un genitore, ma soprattutto quella dovuta serenità necessaria alla loro formazione nel cammino della loro vita.

Il danno che sta producendo la politica è enorme, insostenibile, anche il territorio sta soffrendo e rischia di essere l’altra vittima di questo scellerato processo. Bisogna fermarsi immediatamente, prima che si producano ulteriori danni che potrebbero risultare irreparabili, confrontarsi, cambiare atteggiamento. Si defili o si metta da parte chi non ha saputo, non ha potuto, perché incapace, perché non era il suo ruolo, perché non era il suo lavoro, perché semplicemente pedina di un sistema, e si riparta, ma da una nuova concezione, in cui l’uomo e l’ambiente siano il centro del processo, non gli interessi della politica, del consenso, degli affari.

È inaccettabile che un settore che, se gestito bene, produrrebbe economia, lavoro, indotto, difesa e qualità dell’ambiente, produca solo miseria e disastri ambientali. E mi appello all’Arcivescovo Acrocca che ha avuto il coraggio di aprire uno squarcio, di richiamare la politica alla responsabilità verso la propria comunità, il proprio territorio, che è mancata, manca, ma che non dovrà più mancare; mi appello a Don Nicola De Blasio presidente della Caritas Benevento, mi appello, con meno fiducia, alla politica, alle istituzioni tutte purché dimostrino di voler cambiar rotta.

Mi appello soprattutto alla gente, al suo senso civico, come responsabilità attiva e partecipativa, ponendo maggiore attenzione al ruolo sociale che ogni persona riveste nelle comunità.

Ma l’ultimo e grande appello – conclude Varricchio – lo rivolgo ai lavoratori Samte, ex Consorzi di Bacino 1-2-3-, e aggiungo anche i lavoratori ex Russo, i quali devono iniziare ad essere uniti, e lottare insieme per i loro diritti, abbandonando singole battaglie, singole proteste, perché da soli si è deboli, si è perdenti. Voi tutti siete uniti da un unico comun denominatore, la sofferenza, e siamo obbligati a combatterla insieme, perché la sofferenza è figlia dei nostri disastri personali, sociali, naturali”.

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