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CRONACA

Morcone, la Procura sequestra parco eolico in località Montagna-Fasana

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La Stazione Carabinieri Forestale di Pontelandolfo ha dato esecuzione, questa mattina, al provvedimento con cui, su richiesta della Procura della Repubblica di Benevento, il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro dell’area relativa al parco eolico realizzato in località Montagna-Fasana, a Morcone. L’accusa è di distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto.

“Il provvedimento – si legge in una nota del procuratore Aldo Policastro – si fonda sugli accertamenti e sopralluoghi, scaturiti dalle plurime segnalazioni effettuate dalle associazioni ambientaliste, ed effettuati dall’ARPAC di Benevento unitamente all’ISPRA, sull’area oggetto di autorizzazione unica numero 999 del 2014 della Regione Campania per la realizzazione di un parco eolico, essendo stata constatata la distruzione e comunque il deterioramento di habitat all’interno peraltro di un sito protetto (area Natura 2000), di cui sarebbe stato compromesso lo stato di conservazione, senza possibilità di ripristino della situazione ambientale iniziale.

All’esito del sopralluogo dell’Arpac – spiega la nota -, è stato infatti constatato come i lavori di realizzazione del Parco avessero causato rilevanti danneggiamenti, rimaneggiamenti e vere e proprie distruzioni di vari habitat protetti dalla direttiva 92/43 CEE, sia mediante diretta asportazione del suolo sia mediante il loro ricoprimento con materiali di scavo senza osservare azioni di conservazione del suolo, nonché avessero provocato sbancamenti e modifiche morfologiche dei versanti e frammentazioni di habitat.

E’ stato infine calcolato che era stata sottratta al sito Natura 2000 una superficie di oltre 35 ettari, nonché registrato un impatto significativo sull’ambiente naturale – conclude Policastro -, venendo compromessa la conservazione di habitat e specie tutelati, alterato il paesaggio dell’area e abbassato il valore naturalistico dell’area e aumentata la fragilità ambientale con impatto sulla flora e sulla fauna presente”.

LE REAZIONI – “Dopo un lungo, costante ed impegnativo lavoro di indagine la Procura di Benevento ha ottenuto il sequestro dell’impianto eolico della società Dotto Morcone, costruito con n. 18 pali sulla montagna Fasana di Morcone, avendo accertato la distruzione dei siti protetti ivi esistenti. E’ la stessa Procura a dare atto nella sua nota che le indagini sono scaturite a seguito delle denunce di associazioni ambientaliste. Altrabenevento e il Fronte Sannita per la Difesa della Montagna fin dal febbraio 2017 avevano denunciato lo scempio che si sarebbe perpetrato a danno del sito protetto dalla Comunità Europea, puntualmente verificatosi con l’esecuzione dei lavori, così come denunciato con i numerosi esposti di questi anni a fronte dei continui danneggiamenti nei confronti degli habitat prioritari.

Il danno purtroppo costituisce una ferita notevole al patrimonio naturale della montagna di Morcone, che non potrà essere rimarginata a causa della perdita notevole di superficie occupata dall’impianto rispetto a quella prevista ed autorizzata. Siamo certi che l’iter giudiziario confermerà le indagini della Procura e ci auguriamo che si arrivi alla demolizione dell’impianto. Per il momento, che si spengano le luci”.

“Il WWF esprime soddisfazione per il sequestro preventivo dell’impianto (non lo si chiami “parco”!) eolico di Morcone e Pontelandolfo disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Benevento, Loredana Camerlengo. L’importante misura cautelare è stata disposta dalla Procura della Repubblica, in accoglimento della istanza di sequestro presentata dal vicepresidente nazionale del WWF Italia, Dante Caserta, predisposta dall’avvocato beneventano Maurizio Balletta con il supporto degli attivisti del WWF Sannio.

Il WWF infatti da tempo monitora la proliferazione selvaggia degli impianti eolici nell’Alto Tammaro, un’area ad elevata biodiversità testimoniata dalla presenza di diverse aree protette dalle Direttive europee sugli habitat e sugli uccelli, le cosiddette SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zone di Protezione Speciale, tra cui quella dell’Invaso del Tammaro in cui ricade l’oasi WWF del Lago di Campolattaro). Proprio in relazione all’impianto di Morcone e Pontelandolfo, poco più di un anno fa il WWF proponeva un ricorso al TAR avverso un discutibile provvedimento regionale di modifica delle prescrizioni VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) che avrebbe consentito l’esecuzione dei lavori nel periodo di riproduzione di importanti specie di uccelli presenti nell’area, ricorso fortunatamente accolto.

L’azione del WWF si è innestata sull’indagine eseguita dall’ARPAC (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania) che, forse per la prima volta in Italia, è riuscita a misurare esattamente, anche con l’ausilio di strumenti satellitari, la esatta percentuale di habitat illecitamente sottratto, individuando anche significativa perdita di specie floristiche, non segnalate dagli “imprenditori” richiedenti l’autorizzazione né accertate dalle superficiali valutazioni ambientali della Regione Campania. Allegando la documentazione realizzata dall’ARPAC, la situazione è stata segnalata a tre diverse autorità: alla Procura della Repubblica con un esposto in cui, oltre all’accertamento delle responsabilità penali, il WWF ha anche chiesto l’applicazione delle norme sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, sollecitando il sequestro delle quote sociali delle società responsabili dei gravissimi danni all’ambiente ed alla biodiversità, anche a garanzia del danno ambientale da risarcire allo Stato; al Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, per il tramite del Prefetto di Benevento, a cui è stato espressamente chiesto l’intervento statale, al fine di ottenere l’adozione di provvedimenti statali anche per il ripristino dell’ambiente; alla Commissione Europea, in conseguenza dell’autorizzazione da parte della Regione Campania in contrasto con le Direttive comunitarie sulla tutela degli habitat e sulla valutazione di impatto ambientale, la quale ha già avviato una istruttoria che potrebbe sfociare in una nuova procedura di infrazione contro la Repubblica Italiana.

La vicenda – continua il WWF – ha una grandissima importanza innanzitutto dal punto di vista tecnico-giuridico, poiché il provvedimento del GIP Camerlengo costituisce una delle prime applicazioni del reato di distruzione o deterioramento di habitat, introdotto in attuazione della Direttiva europea sulla tutela degli habitat mediante il diritto penale.

Dal punto di vista tecnico della tutela dell’ambiente, il lavoro dell’ARPAC è stato supportato anche dalla recentissima redazione della Carta della Natura, presentata il 17 novembre scorso proprio all’oasi WWF del Lago di Campolattaro dal Presidente, Stefano Sorvino, e dai redattori.

Va infine evidenziato come i tecnici dell’ARPAC e dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) siano giunti sui luoghi perché impegnati nella fase preliminare per la perimetrazione del Parco Nazionale del Matese che comprende sia l’analisi diretta del territorio sia il confronto con cittadini, associazioni ed Enti pubblici che praticamente all’unanimità hanno segnalato lo scempio, che la Regione Campania avrebbe dovuto preventivamente evitare con una efficace e seria pianificazione, meglio se condivisa democraticamente con le popolazioni.

Il WWF auspica che il Ministro Costa comprenda quanto sia importante accelerare al massimo i tempi per l’adozione del decreto istitutivo del Parco Nazionale del Matese prima che altri cosiddetti “parchi” distruggano altra biodiversità, paesaggi e testimonianze storiche e culturali”.

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