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Depuratore, Rete Professioni: ‘Se continua immobilismo chiederemo stato di calamità’

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“La Rete delle Professioni di Benevento chiederà un incontro con la deputazione parlamentare e la rappresentanza regionale perché attivi quanto necessario per la dichiarazione dello stato di calamità per motivi igienico – sanitari atteso il carattere di eccezionalità dell’inquinamento dei fiumi cittadini: siamo di fronte alla più grave emergenza vissuta dalla nostra città dopo il terremoto del 1980 e l’alluvione del 2015”. E’ l’annuncio che l’associazione dei professionisti sanniti lancia attraverso un documento comune siglato da Ance Benevento, Confindustria, gli Ordini degli architetti, geologi, commercialisti, ingegneri, geometri e agronomi, Consiglio Notarile, Fiaip.

La questione è relativa al tema depurazione in città, già affrontato nel maggio scorso nel corso di un incontro a Palazzo Mosti. Come è ormai noto, la mancanza del depuratore ha portato ad una situazione di stallo delle attività edilizie della città. “Il motivo – si legge nel documento – riguarda la disposizione di servizio notificata l’ormai lontano 4 maggio dal Comune di Benevento con cogenza retroattiva e avente ad oggetto provvedimenti relativi agli scarichi in fogna. La disposizione in questione deriva dal decreto di sequestro preventivo di alcuni scarichi fognari ed ha portato alla totale paralisi delle attività commerciali, artigianali, industriali e di edilizia in genere, con pesanti implicazioni tecniche ed anche economiche sui lavori già in essere e sulle progettazioni eseguite ed in corso di approvazione, o solamente avviate”.

In sostanza, secondo la Rete, “il provvedimento adottato, dopo una attenta e puntuale analisi tecnica e normativa, risulta di portata abnorme, oltre che prevaricante rispetto alle competenze dell’amministrazione comunale e a quanto dettato dal provvedimento giudiziario, senza la minima previsione di possibili azioni/soluzioni tecnico/giuridiche urgenti, in grado di mitigare l’impatto ambientale, venendo meno alla ratio del provvedimento giudiziario, e di salvaguardare i cittadini dal sostenere ulteriori e indebiti costi”.

Calata nella realtà dei fatti, la situazione si traduce in una quasi totale paralisi delle attività di edilizia in genere con pesanti implicazioni tecniche ed anche economiche sugli imprenditori, ma anche sui cittadini.

“E’ come se per risolvere l’emergenza rifiuti – aggiunge la nota della Rete – si imponesse la realizzazione di un inceneritore condominiale o addirittura individuale: non si tratta di una soluzione, ma di un rimedio applicato indiscriminatamente senza attenzione alle diverse situazioni, tra l’altro facilmente inquadrabili. E’ impossibile avere in centro storico, in particolare, e nel centro abitato in generale spazi e condizioni per installare impianti di depurazione autonomi ed individuali. E’ impossibile che macchine complesse possano funzionare efficacemente per utenze così piccole e discontinue. Non è libertà di inquinare, dunque, ma limite tecnico. D’altra parte se così non fosse avremmo trovato la quadratura del cerchio: dovunque sarebbe possibile sostituire gli impianti pubblici con quelli autonomi”.

L’altra faccia della medaglia parla, invece, del problema dell’inquinamento dei fiumi che esiste e non può essere ignorato. “Per questo non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia – spiega la Rete -. La Procura nella sua azione efficace e pienamente condivisibile lo ha identificato e quantificato – fornendo come visto una soluzione interpretabile in maniera accorta e prudente -; i tempi per la realizzazione del o dei depuratori sono lunghi ed incerti: se il Comune decide di non intervenire nella modifica del provvedimento e protrarre questo stallo, occorre dichiarare lo stato di calamità affinchè la struttura statale, attraverso la protezione civile o il Genio dell’Esercito, intervenga prontamente collocando presso ogni scarico opportuni sistemi in serie o attraverso altri idonei similari sistemi tali da assicurare davvero la corretta ed efficace depurazione delle acque”.

L’obbiettivo non è la polemica sterile, ma la volontà di trovare delle soluzioni concerete e nel medio periodo.

“Chiediamo a gran voce – sottolineano gli ordini e categorie professionali – che venga arginata questa pericolosa deriva di immobilismo e di rimpallo delle responsabilità! Noi siamo pronti a fornire tutta la consulenza da un punto di vista tecnico, anche per la definizione di un vademecum, condiviso con Comune, Gesesa, Regione ed ATO, che identifichi le competenze, i tecnici abilitati, le Ditte adeguate e tutti gli interventi – coi relativi costi parametrici – ammissibili in base al provvedimento dell’autorità giudiziaria, oltre che un piano, certo nei tempi e definito nelle misure, per trovare soluzioni che possano evitare l’ulteriore aggravio inquinante dei collettori incriminati solo laddove effettivamente presente. Già è stato fatto in altri Comuni per problemi similari, ad esempio a Ferrara. Dalle fonti giornalistiche apprendiamo che parecchi cittadini hanno sinora speso soldi in astruse soluzioni tecniche di dubbia efficacia; leggiamo che molti hanno pagato analisi dei reflui spesso non corrispondenti alle disposizioni normative per i campionamenti”.

La volontà dei professionisti sanniti è quella di contribuire a risolvere un problema serio. “Importante – conclude la nota – sarà il confronto con Gesesa che si appresta ad ascoltare anche il parere delle Professioni Tecniche sul nuovo depuratore. Attendiamo fiduciosi novità dal Comune ma se per l’Epifania non ci saranno notizie positive avvieremo l’iter per incontrare la deputazione nazionale e regionale per chiedere lo stato di calamità”.

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