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Religione

Caritas di Benevento, presentato il nuovo programma Pastorale

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Quest’anno, la Programmazione dell’Ufficio Caritas parte dal Messaggio che Papa Francesco ha firmato simbolicamente nella data del 13 giugno, memoria liturgica di Sant’Antonio da Padova, Patrono dei Poveri, per la 2a Giornata Mondiale dei Poveri che celebreremo, in modo solenne, il 19 Novembre, dalle proposte scaturite dagli incontri dei mini convegni zonali della diocesi, e dai suggerimenti che l’Arcivescovo ci ha dato nell’incontro di programmazione diocesana, declinandone obiettivi specifici e azioni secondo modi e tempi suggeriti dalla prossimità con le parrocchie e con le fragilità della nostra società.

La Caritas, in questi anni difficili, riveste un ruolo importante per il sostegno a molte famiglie attraverso il Centro di ascolto, la Mensa, il Dormitorio, il Market Solidale, il Centro distribuzione dei prodotti AGEA, la strategia politico-pastorale del Manifesto dei Piccoli Comuni del Welcome, che ha coinvolto intere comunità e centinaia di giovani nelle dinamiche dell’integrazione, con l’accoglienza dei migranti, di chi vive situazioni di disagio fisico o mentale, con la società civile.

La carità non è un’appendice della parrocchia che viene lasciata alla buona volontà di pochi e dei soliti, ma riguarda tutti. Il beato Paolo VI volle fortemente che la Caritas fosse implementata a livello diocesano e parrocchiale; e volle che avesse carattere pastorale ed educativo. Nel 1972, in occasione del primo incontro nazionale con la Caritas, le affidava questo preciso mandato: «Sensibilizzare le Chiese locali e i singoli fedeli al senso e al dovere della carità in forme consone ai bisogni e ai tempi». Mi piacerebbe quest’anno che qualche giovane animatore possa essere più coinvolto in tale settore.

L’Arcivescovo, nel incontro in cattedrale per l’inizio di questo anno pastorale diocesano, il 30 settembre u.s., ha proposto come riflessione per il cammino della diocesi l’icona dell’incontro di Gesù con la samaritana al pozzo di Giacobbe, invitando tutti i credenti della chiesa beneventana a mettersi in ascolto della Parola per evitare di “ridursi in banalità, in questioni organizzative, senza che ci si ponga davvero alla ricerca di Gesù, senza aprirsi interiormente alla sua Parola, senza comunicarsi agli altri. Quante volte si finisce per affannarsi alla ricerca di acque che non spengono la sete, che non appagano, disdegnando la vera acqua che – essa sola – può spegnerla? Poco importa che siamo vescovi, sacerdoti, consacrati, laici: se nelle nostre attività cerchiamo noi stessi, la nostra affermazione, il nostro successo, se “facciamo” per riempire i vuoti che ci portiamo dentro, non siamo destinati che al fallimento e a una frustrazione continua!”.

Nel messaggio del Santo Padre, per la 2a giornata mondiale dei poveri, è chiaramente espresso dalle parole del Salmo 37 che hanno ispirato le realizzazione di quanto viene offerto alla Chiesa Universale per l’anno 2018: “Questo povero grida e il Signore lo ascolta”.

Il contenuto del Messaggio si sviluppa intorno a tre verbi: “GRIDARE”, “RISPONDERE” e “LIBERARE”. Per ognuno di questi tre verbi, Papa Francesco elabora una breve sintesi esistenziale che provoca a riflettere e a proporre azioni coerenti di testimonianza delle nostre comunità parrocchiali.

Anzitutto, il Papa si domanda e ci domanda, − “come mai questo grido, che sale fino al cospetto di Dio, non riesce ad arrivare alle nostre orecchie e ci lascia indifferenti e impassibili?” (n.2). Il Papa risponde positivamente affermando che: “È il silenzio dell’ascolto ciò di cui abbiamo bisogno per riconoscere la loro voce. Se parliamo troppo noi, non riusciremo ad ascoltare loro. Spesso, ho timore che tante iniziative pur meritevoli e necessarie, siano rivolte più a compiacere noi stessi che a recepire davvero il grido del povero. In tal caso, nel momento in cui i poveri fanno udire il loro grido, la reazione non è coerente, non è in grado di entrare in sintonia con la loro condizione. Si è talmente intrappolati in una cultura che obbliga a guardarsi allo specchio e ad accudire oltremisura se stessi, da ritenere che un gesto di altruismo possa bastare a rendere soddisfatti, senza lasciarsi compromettere direttamente.” (n.2). Il Papa afferma, inoltre, che la povertà “non è cercata, ma creata dall’egoismo, dalla  superbia, dall’avidità e dall’ingiustizia. Mali antichi quanto l’uomo, ma pur sempre peccati che coinvolgono tanti innocenti, portando a conseguenze sociali drammatiche.” (n.4). Prendendo come icona il racconto del cieco Bartimeo (cf. Mc 10,46-52), Papa Francesco attesta nel Messaggio che  tanti poveri si sono identificati in questo povero ai margini della strada, che molti volevano zittire. Anche oggi, sostiene il Papa, “le voci che si sentono sono quelle del rimprovero e dell’invito a tacere e a subire” (n.5).

Per questo il richiamo di Papa Francesco è forte e lapidario: “Sono voci stonate, spesso determinate da una fobia per i poveri, considerati non solo come persone indigenti, ma anche come gente portatrice di insicurezza, instabilità, disorientamento dalle abitudini quotidiane e, pertanto, da respingere e tenere lontani.” (n.5).

La risposta dei credenti, pertanto, ha bisogno di essere coerente e deve sapere che un comportamento contrario, non solo rende indifferenti nei confronti dei poveri, ma paradossalmente allontana da Dio che sta loro vicino.

Da ultimo, il Papa mette in guardia dal “giocare per avere il primato di intervento” (n.7). Chiede, anzitutto ai cristiani di comprendere “quanto sia distante il nostro modo di vivere da quello del mondo, che loda, insegue e imita coloro che hanno potere e ricchezza, mentre emargina i poveri e li considera uno scarto e una vergogna” (n.8). Al contrario, i discepoli di Cristo “sono chiamati a rendere loro onore, a dare loro la precedenza, convinti che sono una presenza reale di Gesù in mezzo a noi.” (n.7). Questa è una veritiera opera di liberazione, perché aiuta a creare le condizioni necessarie per rispettare la dignità delle persone più deboli.

Attraverso l’azione pedagogica della Caritas, in sintonia e in comunione con Colui che siede sulla Cattedra di Pietro e Presiede le Chiese nella Carità, intende ribadire la sollecitudine della comunità cristiana beneventana verso quanti vivono ai margini della società a causa della loro condizione di povertà. In piena aderenza al magistero e alla premura del Santo Padre e della Chiesa, la programmazione di quest’anno vuole essere una chiamata per le nostre comunità parrocchiali, all’ascolto che si trasforma poi in intervento, in azione concreta, per affermare a voce alta il rifiuto dell’indifferenza e dell’impassibilità che attanagliano questo periodo storico più di altri.

È un invito all’incontro con le diverse forme di sofferenza ed emarginazione in cui vivono tanti uomini e donne che siamo abituati a disegnare con il termine di “poveri”. Di fronte a questa multiforme sofferenza e a questo grido di aiuto si impone la prima clamorosa verità su cui si fonda la nostra mission: IL SIGNORE ASCOLTA!

La speranza di un Dio che ascolta viene proclamata per quanti a loro volta cercano l’abbraccio del Padre. Nessuno, dunque, può sentirsi escluso dall’amore di Dio; specialmente in un mondo che eleva spesso la ricchezza a primo obiettivo e rende chiusi in se stessi. Non è vano quindi il grido del povero. Non solo, questa dimensione relazionale di grido-ascolto ricorda come ogni iniziativa di aiuto e assistenza debba essere inquadrata in questa prospettiva di incontro con l’altro e non, invece, nel circuito chiuso dell’autocompiacimento delle coscienze. Insomma, è una provocazione forte ad ascoltare la voce del povero che grida.

Papa Francesco con le parole del Salmo, infine, consegna un messaggio di grande speranza, introducendo un’espressione di enorme impatto: «Ho cercato il Signore: mi ha risposto». È disarmante la semplicità con cui è espresso l’esito di questa ricerca. Il Signore, dunque, risponde! Per chi è nell’indigenza, questa certezza illumina una notte spesso sconfinata, che non conosce l’alba. Il progetto programmato che abbiamo elaborato, non lenirà probabilmente tutte le ferite che lacerano la vita di quanti vivono ai margini; e, tuttavia, vuole essere un segno di speranza e una provocazione a diventare strumenti di misericordia viventi nel tessuto capillare della società, della comunità e dell’incontro personale.

Come dice il Papa nel messaggio per il 19 Novembre: “Probabilmente, è come una goccia d’acqua nel deserto della povertà; e tuttavia può essere un segno di condivisione per quanti sono nel bisogno” (n.3), poiché la consapevolezza di una goccia accende la speranza per una pioggia rinfrescante. Questa liberazione dunque, è il dono che la mano tesa di Dio offre al povero, attraverso i fedeli e le comunità che si fanno strumenti nelle sue mani.

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