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Centro “E’ più bello insieme”, la Rete Sociale: “Tentativo di chiusura maldestro e offensivo”

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“Che cosa c’è dietro i tentativi di chiudere “E’ più bello insieme?” Se lo stanno chiedendo in molti. Anche perché più aumentano le manifestazioni di solidarietà e di protesta contro l’arbitraria decisione di interrompere il servizio, più il Comune si è trincerato dietro il muro del silenzio: alimentando, così, nuove perplessità e interrogativi”. Così il presidente de “la Rete Sociale”, Serena Romano, interviene sulla vicenda del centro “E’ più bello insieme”.

“Allora, visto che la nostra associazione di familiari di disabili psichici conosce a fondo questa vicenda, proveremo noi a trovare le risposte – scrive -. Dove? Fra le carte che al Comune forse sono sfuggite… Ma anche – a breve – fra le carte della Salute Mentale, della Asl, del Distretto, della Riabilitazione che riporteremo anche sulla nostra pagina Facebook “NO SALUTE MENTALE A PORTE CHIUSE”: perchè sono la prova del tentativo in atto di distruggere il “sistema di qualità” per curare le disabilità di cui “E’ più bello insieme” è un esempio eclatante. “Qualità alta a costo basso”: è questa la cura del disagio psico-fisico che noi abbiamo contribuito a costruire contrastando il costosissimo “sistema clientelare” di “mala riabilitazione” e “mala psichiatria” imperante fino a 10 anni fa. Che oggi, però, tenta nuovamente di prendere il sopravvento.

Il caso del Centro per disabili, infatti, non è isolato – aggiunge Romano -. E’ solo quello che ha scatenato in città le reazioni più accese a causa del tentativo maldestro e scomposto per interromperne i servizi. Anzi “i tentativi”: perché, a tutt’oggi, sono 4. A mano a mano che uno si rivelava inefficace, infatti, se ne tirava fuori un altro. Soprattutto considerando il modo gratuitamente offensivo con cui si è tentato di attuarli.

Il primo tentativo – spiega la Rete Sociale – risale al 28 maggio scorso: il dirigente comunale Verdicchio sospende il funzionamento del Centro “ad horas” sulla base di una nota dei NAS. Ma viene fuori che i NAS non hanno intimato nessuna chiusura. Al Comune hanno preso una svista nell’interpretare la normativa sul rapporto tra numero utenti e numero di bagni: al Centro, cioè, dovrebbero funzionare almeno 4 gabinetti sugli 8 esistenti. E in effetti 4 già funzionano. Allora che significa? Che al Comune hanno fatto male i conti: si sono sbagliati. La sospensione è illegittima e il 29 giugno il dirigente è costretto ad annullarla. Che succede in questi casi in un paese civile? Che chi sbaglia almeno chiede scusa. Invece qui chi ha sbagliato addirittura si risente, offende chi ha denunciato l’illegittimità – accusandolo di “… sfruttare i bisogni e le legittime istanze delle famiglie dei disabili… per conseguire utilità economiche…” – e ci riprova: con una solerzia inconsueta rispetto all’inerzia della macchina comunale, il 12 giugno avvia una procedura di revoca dell’autorizzazione alla cooperativa “La Solidarietà” che gestisce il Centro, motivandola con la mancanza del “titulo” di godimento del bene. E’ il secondo tentativo: ma non va in porto, perché il titolo c’è. E’ il protocollo di intesa del 30/10/2007 fra il Comune e la Cooperativa cui viene concesso l’uso della scuola di San Modesto a tempo indeterminato e senza nessun affitto da pagare, considerata l’utilità sociale dell’attività del Centro: protocollo considerato valido dalla commissione Ambito B1 deputata al rilascio delle autorizzazioni con il provvedimento n. 86386 del 23/10/2014. Forse per la burocrazia comunale quel protocollo non esiste o non è valido? Interrogativo che ne solleva un altro: perché il dirigente del settore sente la necessità di esprimere giudizi e si lancia in personali quanto opinabili interpretazioni legislative che innescano provvedimenti presi in fretta e furia?

Forse la risposta emerge dal terzo tentativo – sottolinea la nota – avviato dal Comune per chiudere il Centro: dove, come nel gioco dei due compari, il dirigente sembra ricoprire il ruolo di quello che acciacca, e il Sindaco di quello che acconcia. Il dirigente, infatti, accusa la cooperativa di morosità: 40.000 euro di affitto arretrato. Così, in una riunione-farsa, il Sindaco nei panni del bravo padre di famiglia, offre un contributo dalla sua indennità mensile per non fare chiudere il Centro. In verità, nella stessa riunione Don Nicola De Blasio, pur di scongiurare il dramma di 25 famiglie private del Centro, fa un gesto di grande generosità: mette a disposizione 40.000 euro dei suoi risparmi, rispetto ai quali i 2.500 del sindaco appaiono un’inutile elemosina propagandistica. Anche perché da un Sindaco ci si aspettano altri interventi. In realtà, anche questo debito è una fake news. Tant’è vero che qualcuno ha rimproverato Don Nicola che, non sapendolo, con il suo gesto impulsivo avrebbe finito per riconoscerne la sussistenza. Invece, alla luce di quel che è successo dopo, la sua proposta si è rivelata degna di un tavolo… da poker. Perché il suo ingenuo “rilancio di 40.000 euro”, ha avuto l’effetto di un bluff: ha obbligato il Comune a scoprire le carte rivelando la sua reale intenzione. Che non sembra quella di tenere aperto il Centro – se no, grazie all’offerta di Don Nicola, il problema sarebbe stato risolto – ma piuttosto quella di trovare una motivazione per chiuderlo. Pochi giorni dopo, infatti, fallito il tentativo di revocare l’autorizzazione alla cooperativa con il pretesto della morosità, il Comune, mette in atto il quarto tentativo di chiusura del Centro: non si possono erogare i “voucher” agli utenti per colpa della Regione che tarda a dare i soldi per coprire il servizio. Inutile entrare nel merito di quest’ultima trovata che sta in piedi come un tavolo su 3 gambe: anche perché lo spiegherà molto meglio domani l’assessore regionale Fortini in visita a Benevento e al Centro “E’ più bello insieme…”.

Vale la pena, invece – conclude Romano -, entrare nel merito dei 40.000 euro di presunto debito per affitti arretrati: perché il Comune li ha messi sul piatto della bilancia senza spiegare, però, che sull’altro piatto c’è un credito di 45.000 euro di servizi gratuiti forniti dalla cooperativa proprio per compensare i canoni di affitto. Che significa? E’ la formula del cosiddetto “baratto amministrativo” (inserito nel decreto “Sblocca Italia” e convertito in legge con la 164/2014) per cui la cooperativa non ha pagato l’affitto in soldi, ma in servizi forniti gratuitamente ai cittadini segnalati dal Comune: anche in virtù del fatto che, essendo il Centro una struttura accreditata, offre servizi riconosciuti ufficialmente come propri della funzione pubblica e non è, dunque, in alcun modo equiparabile ad una struttura meramente associativa del mondo no-profit. E di questo credito c’è un’ampia e protocollata documentazione. Insomma, sarebbe bastato mettersi attorno a un tavolo con la volontà di risolvere il problema con gli strumenti che la legge mette a disposizione – e che sono tanti, compreso il regolamento comunale che agli articoli 5 e 9 prevede l’affido senza canone di immobili del Comune “laddove l’attività svolta ha un particolare interesse per la città” – per regolarizzare il rapporto di “baratto amministrativo” con la cooperativa. Ma così non è stato. E l’aspetto più grave, è che il Comune non ha proposto finora nessuna soluzione alternativa ai disabili del Centro: li ha semplicemente ignorati. Ma proprio la loro difesa con le unghie e con i denti di una realtà che “vale” e nei cui valori si riconosce buon parte della società civile, ha rivelato quanto l’attacco messo in atto dal Comune sia maldestro e offensivo: al punto da diventare un boomerang”.

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