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CRONACA

Dopo l’emergenza, l’analisi delle responsabilità: al vaglio bollettini meteo, livelli di criticità e comunicazioni

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    GUARDA VIDEO A quasi tre giorni dalla tragica notte tra il 14 e 15 ottobre che ha visto il Sannio sprofondare sotto un mare di fango e detriti c’è ancora molto da fare. In città i tecnici del Comune di Benevento, la Protezione Civile, le forze dell’ordine e i volontari proseguono a liberare strade, case e scantinati.

    Allo stesso tempo è iniziato il lungo e doloroso lavoro della quantificazione dei danni. A Ponte Valentino sopralluoghi questa mattina del presidente di Confcooperative Rino Di Domenico con Corrado Martinagelo della segreteria del ministro delle Politiche Agricole e il dirigente regionale per le politiche Agricole, Filippo Diasco. Nella zona Asi in tarda mattinata è arrivato anche il sindaco Fausto Pepe con l’europarlamentare Andrea Cozzolino.

    In queste ore, dunque, si sta lavorando per capire come sostenere il comparto industriale sannita e salvaguardare il posto di lavoro a quasi 1500 persone. Non solo, terminata la fase emergenziale è anche il momento di capire cosa si accaduto in quella maledetta notte.

    L’analisi non è semplice, ma si può partire da alcuni punti chiari della questione. In primo luogo il bollettino meteo diramato dalla Sala Operativa della Protezione Civile regionale: come spiegato dal primo cittadino per il 14 era previsto l’allarme “arancione”. Tradotto in fatti significa “precipitazioni sparse, anche a carattere di rovescio o temporale di forte intensità” che comportano una “criticità moderata”.

    Bisognerà ora capire se “criticità moderata” rappresenta quello che è accaduto nel Sannio. Dal Coc non la pensano così e nelle prossime settimane bisognerà accertare cosa non ha funzionato nella comunicazione. Altro dato sul quale ragionare è il numero di allerte arancioni diramate: a Palazzo Mosti, infatti, ne sono giunte, oltre a quella del 14, una il 10 ottobre e una il 9. Ancora a settembre, il 23, e addirittura anche il giorno di ferragosto. Bisogna domandarsi, dunque, quale sia la reale efficacia e attendibilità di questo strumento.

    La seconda questione è relativa all’esondazione del fiume Calore. Nelle ore successive alla tragedia il sindaco aveva dichiarato che “i danni maggiori erano dovuti all’esondazione dei corsi d’acqua. La tracimazione, però, non è stata segnalata da nessuno”. Questo, dunque, è uno dei principali nodi da sciogliere: se il corso d’acqua è controllato da sensori come mai nessuno si è reso conto di quello che è accaduto.

    Ancora, perché dopo il disastro del capoluogo i centri della Valle Telesina non sono stati avvertiti in tempo, considerando che la piena si è verificata intorno alle 10, ben cinque ore dopo. Domande che dovranno trovare una risposta, non necessariamente per trovare ad ogni costo un colpevole, ma almeno per migliorare un sistema che evidentemente non ha tutelato i cittadini.

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