POLITICA
‘Lega, il raduno di Pontida: una mascherata sopra le righe’

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“Il raduno leghista di Pontida meriterebbe forse di essere considerato una di quelle manifestazioni di folklore nazionale, un po’ strapaesane e un po’ buffe, che si svolgono di tanto in tanto nel nostro paese – scrive in una nota diffusa alla stampa il segretario provinciale dell’Idv e consigliere comunale di Benevento, Francesco Zoino -. Una mascherata sopra le righe, smargiassa e sanguigna, ma tutto sommato innocua. Se non fosse che, ad animare quella manifestazione, non c’era la comunità di un villaggio pedemontano di 15.000 abitanti, bensì l’intero establishment di un partito che conta ministri e sottosegretari, amministra regioni e province e comuni nel nord, detta l’agenda politico-istituzionale al governo e, insomma, costituisce uno dei soggetti principali dello scenario politico italiano. Appare allora più che pertinente, a nostro avviso, spendere qualche parola in merito alle posizioni espresse dal partito di Bossi.
La prima considerazione da fare è che la Lega sembra intenzionata più che mai a non mollare le poltrone così faticosamente occupate. La dicotomia ‘partito di lotta e di governo’, etichetta che tanto piace ai commentatori nazionali, è stata ormai superata dai fatti: la Lega sa che senza l’appoggio del Pdl è destinata alla marginalità politica e che andare ad elezioni anticipate in questa fase sarebbe una sconfitta certa. Ma sa anche che, dopo la pesante débâcle delle amministrative e del referendum, la sua base è stanca di offrire un appoggio incondizionato a Berlusconi senza che si riesca a trarne benefici tangibili, come ad esempio la riforma fiscale in senso federalista. Da qui le esortazioni a restare aggrappati al timone, temperate però dalla minaccia di mancato sostegno alla ricandidatura del premier, nel lontano 2013. Una posizione debole, confusa e tiepida. Una non-posizione. Cui si aggiungono i soliti strali xenofobi, lanciati contro i migranti, e gli appelli alla tolleranza zero. Proclami che servono a nutrire il ventre ideologicamente affamato dei suoi elettori.
È dentro questa cornice che vanno inquadrati i richiami alla secessione della base e le richieste, irrealizzabili, di portare alcuni ministeri al nord. Puro cibo propagandistico. L’ipotesi di trasferire i ministeri, rigettata perfino da esponenti del Pdl, comporterebbe un ulteriore spreco di denaro pubblico e diverse altre spiacevoli conseguenze. L’idea della secessione, che ovviamente è ancora più folle, può scaldare gli animi dei leghisti, ma difficilmente si concretizzerà mai in vera architettura istituzionale. E tuttavia, rilanciarla proprio nell’anno in cui ricorre l’Unità d’Italia appare fin troppo provocatorio, oltreché insulso.
Il nostro paese ha bisogno di tutt’altro. Equilibrio tra aree economicamente divaricate, redistribuzione di ricchezza, riforma del welfare nel senso di un’espansione dei diritti di lavoratori e precari. E poi c’è necessità di affrontare le povertà diffuse che affliggono proprio il sud, incentivando e potenziando il meccanismo del trasferimenti statali ed europei e avviando un programma serio di crescita economica. La vera questione sul tappeto, come sempre, era e resta quella meridionale.
Altro che secessione e ministeri al nord. Bisognerebbe pur ricordarlo, una buona volta, a quei furbi calcolatori in costume padano che rispondono al nome di leghisti”.