SOCIETA'
Una lettera aperta, che gronda disperazione

Ascolta la lettura dell'articolo
Riceviamo e pubblichiamo.
"Mi chiamo Vincenzo Carfora, sono un lavoratore dei consorzi, ho famiglia, da un anno non so se lavorerò, se avrò un futuro e da agosto non prendo stipendi. Sapete che significa vivere senza niente? Avevo pochi risparmi che sono finiti, poi ho chiesto dei prestiti ai familiari e sono finiti pure quelli, ho venduto quello che tenevo e adesso non ho niente, zero nemmeno i soldi per mangiare. Sapete come mi sento? Inerme, non riesco a garantire una vita alla famiglia, sono il capofamiglia, mia moglie non lavora e tutto dipende da questo lavoro. Nel frattempo qualcuno dice che sono sfaticato e non vuole assumermi, qualcun altro dice che bisogna aspettare la cassaintegrazione e altri invece dicono che dobbiamo lavorare e ritornare nei consorzi. Mentre ci riempiono la testa di chiacchiere e bugie, noi qua facciamo i conti con la realtà: non abbiamo niente, nessuno intende aiutarci, siamo soli e a questo punto possiamo pure morire alla gente non importa niente. Ho sempre lavorato onestamente, da dieci anni nei consorzi ho fatto il mio dovere, mai dei richiami, mai assenze per malattia. mai assenze ingiustificate. Lavoratore a tempo indeterminato, ero tranquillo fino a un anno fa, convinto che quella parola "indeterminato" volesse dire lavoro certo, futuro sicuro, essendo io lavoratore serio e sempre presente. Poi l’incubo e la miseria.
Volete vederci morti? Lo siamo già non è che mi costa tanto togliermi la vita a questo punto. Anzi morendo smetterei di soffrire e di sentirmi solo.
Non auguro a nessuno di trovarsi in questa situazione nemmeno ai miei nemici. Ti passano affianco, qualcuno dice poveretti e se ne va. La chiesa dice di fare carità a parole. Ma dove sta? facciamo la file davanti alle porte di tutti, Caritas compresa, ridotti a mendicare per avere solo schiaffi in faccia. Tengo lividi dappertutto, sono in piedi, per modo di dire essendo invalido, ma a questo punto vi chiedo chi me lo fa fare? Sono morto e la vostra indifferenza mi ha ucciso, che campo a fare. Forse morendo ai nostri figli darete un futuro, forse le vostre coscienze si sveglieranno. Sulla mia lapide voglio che scrivete: "Vincenzo Carfora onesto lavoratore, ucciso dallo Stato assente e dall’indifferenza…!".
***
Fin qui il testo, giunto via mail, che per questioni di rispetto iall’informazione abbiamo deciso di pubblicare, che è magari condivisibile nella esemplificazione dello stato di crisi ma non nell’aspetto, al fondo, un po’ sbilanciato.