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Lavoro sommerso, la Campania leader

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Lo Studio sul lavoro sommerso e irregolare presentato oggi dal Segretario Confederale della Uil, Guglielmo Loy, risponde alla necessità di accrescere il livello di conoscenza reale di un fenomeno che, purtroppo, caratterizza il nostro sistema economico, produttivo e sociale.
Un fenomeno, ovviamente, difficilmente misurabile statisticamente, perché in gran parte “invisibile”.

I dati raccolti ed elaborati dalla UIL nascono, infatti, dai risultati delle ispezioni condotte da gennaio 2006 a ottobre 2010 e tra gli altri colpisce il numero complessivo dei lavoratori totalmente in nero “scovati” dall’insieme dei corpi ispettivi – Ministero del Lavoro, Inps, Inail, Enpals – dal 2006 ad oggi. Sono oltre 1,2 milioni i lavoratori risultati irregolari nelle aziende ispezionate. Di questi il 47,2% (pari a 581.360 lavoratori), sono completamente in nero. Così come è altissima la percentuale di aziende irregolari sul totale di quelle ispezionate: il 61,7% (in valori assoluti si tratta di 854.732 aziende). Le aziende esistenti nella Provincia di Benevento al 30 settembre dello scorso anno erano 35.087, quelle ispezionate 1.369, per una percentuale del 3,9. Sulle 1.369 ispezionate, 873 sono risultate essere non in regola per una percentuale del 63,8%.

Dall’analisi delle ispezioni effettuate a livello territoriale – riferita alla sola attività ispettiva condotta dal Ministero del Lavoro – da gennaio ad ottobre 2010 emerge che, a differenza di diffusi luoghi comuni, questo fenomeno non è prevalentemente radicato nel Mezzogiorno. Secondo lo studio, infatti, tra le Regioni con il più alto tasso di aziende irregolari tra quelle ispezionate quattro su cinque sono presenti nel Centro-Nord: Liguria (73,1%), Lombardia (63,9%), Marche (62,9%), Campania (il 59,8%) e Umbria (il 59,4%).

Così come la più alta percentuale di lavoratori in nero rispetto all’occupazione irregolare trovata nelle aziende ispezionate è stata riscontrata prevalentemente nel Nord. Ad eccezione della Campania dove si concentra la più alta percentuale di lavoratori in nero (il 70,8%), troviamo, infatti, l’Emilia Romagna il 55%, il Friuli Venezia Giulia il 46,1%, il Molise il 44,7% e la Liguria il 44,2%.

Altro spaccato del lavoro sommerso è quello che emerge dall’analisi dei provvedimenti di sospensione delle aziende, dal 2008 ad ottobre 2010, per presenza di occupazione in nero in misura uguale o meggiore al 20%.
Sono stati adottati oltre 15 mila provvedimenti. I settori meno virtuosi sono risultati l’edilizia (5.471 provvedimenti di sospensione) e i pubblici esercizi (4.511).
Nelle aziende oggetto di sospensione sono stati trovati oltre 34 mila lavoratori totalmente in nero (il 54% dell’occupazione presente presso le aziende), di cui 4 mila lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno (che rappresentano l’11,7% dell’occupazione in nero).
In valori assoluti, il numero più alto di lavoratori in nero è stato riscontrato nei pubblici esercizi (10,2 mila lavoratori), e nell’edilizia (circa 10 mila lavoratori).

I dati confermano che il lavoro irregolare, nelle sue articolazioni o forme, è una vera e propria metastasi del nostro sistema economico e produttivo e che esso è figlio del più vasto mondo dell’economia sommersa. Proprio la UIL, nel 2010, ha prodotto “Il 1° Rapporto UIL sul lavoro sommerso” che dimostrava come il “fatturato” della più grande impresa italiana, appunto l’economia sommersa, nel 2009 fosse arrivato a 154 miliardi/anno. Il nesso con il lavoro nero e irregolare è quindi diretto e si intreccia, ovviamente, con l’altrettanto triste e famoso tema dell’evasione fiscale e previdenziale.
Ci sono, in sintesi tutte le condizioni per far si che il 2011 possa essere l’anno della lotta al sommerso e all’evasione. Non solo per una questione etica e morale ma, anche, per far si che le tante risorse recuperabili tornino a far parte del bilancio dello Stato e siano indirizzate a sostegno di bisogni primari per i lavoratori e per il Paese stesso.

 

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