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Vittime delle Foibe e Giorno del Ricordo, il giornalista Finotti scrive al presidente Ricci

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«Non dobbiamo aver paura di ricordare, non dobbiamo aver paura di guardare in faccia agli errori dell’umanità, non dobbiamo aver paura di dire no a chi tenta di commetterli di nuovo. Non dobbiamo aver paura di cambiare lo stato delle cose, con l’orgogliosa fiducia di poter lasciare ai nostri figli ricordi migliori di quelli che abbiamo ricevuto dai nostri padri». E’ il passaggio saliente di una lettera che Fabio Finotti, docente di Italian Studies presso l’University of Pennsylvania (USA) e presso le Università di Trieste e di Pola, ha inviato al Presidente della Provincia di Benevento Claudio Ricci, che gli aveva chiesto, tramite la giornalista e rappresentante di Gariwo in Campania Enza Nunziato, una riflessione in occasione della ricorrenza del 10 febbraio.

Ricci, anche in ossequio alla legge n. 92/2004 istitutiva della Giornata del Ricordo della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle Foibe e dell’Esodo dalle loro terre degli Istriani, Fiumani e Dalmati, aveva voluto, appunto per il tramite di Nunziato, una testimonianza su quel dramma e sull’impatto che ebbe sulla storia italiana ed europea, dal prof. Finotti, che lo scorso maggio era stato ospite di Benevento per presentare il libro “L’Invenzione della Patria” (Bompianti Editore).

Nella sua riflessione, l’illustre docente sottolinea come «la regione che unisce Italia e Slovenia oggi si presenta come un territorio pacifico e industrioso. Ma questa bella immagine non deve cancellare la tragedia che tra il 1943 e il 1947 si svolse proprio in quei luoghi e più ampiamente in tutte le terre istriane e dalmate. Migliaia di italiani furono uccisi nelle foibe, o morirono deportati nei campi di prigionia jugoslavi. Intere comunità italiane furono costrette ad abbandonare le case e le città dove per secoli avevano vissuto. (…) I massacri delle foibe, le deportazioni, gli esìli non incarnavano solo una violenza politica, ma un ideale di pulizia etnica, parallelo a quello che portò al genocidio degli ebrei».

Finotti prosegue sostenendo che «il modello di nazione che dominava tra Otto e Novecento non accettava la pluralità, ma si basava sull’idea di una comunità totalitaria, perché unita da un unico sangue, un’unica lingua, una sola eredità di tradizioni e di storie. La storia dell’Europa era invece fatta di movimenti, di ibridazioni, di convivenze, di minoranze. La Jugoslavia che nasceva alla fine della seconda guerra mondiale voleva dunque eliminare non solo i potenziali oppositori al comunismo, ma una comunità, quella italiana, che era sentita come estranea, e come sovrapposta al nucleo originario e autoctnono dei popoli slavi».

Il docente dell’University of Pennsylvania così conclude: «Il giorno del ricordo che oggi celebriamo è dunque un modo per confrontarci con i fantasmi di quel nazionalismo violento che – da destra o da sinistra – non accetta la diversità, vuole espellere il diverso, pretende di ridurre una comunità a una impossibile omogeneità. Per questo i paesaggi oggi pacifici che si stendono tra Italia e Slovenia hanno un valore simbolico. Il ricordo è infatti memoria non solo delle tragedie avvenute ma del cammino che abbiamo fatto perché non si ripetessero. Dobbiamo ricordare i massacri delle foibe per apprezzare la serenità e la pace delle campagne dove oggi italiani e sloveni, italiani e croati si incontrano e si stringono la mano».

Il Presidente della Provincia di Benevento Ricci, nel sottolineare il profilo straordinariamente elevato e denso di valori civili, umani e culturali della riflessione del prof. Finotti, ha voluto ritrasmetterla, tramite i Dirigenti scolastici, a tutti gli Allievi della Secondaria Superiore sannita, auspicando egli stesso, sulla scorta del pensiero del Finotti, mai possa essere accantonata la speranza per un mondo fondato sulla pacifica convivenza tra tutte le genti.

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