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SANNIO

Ponte, grande festa per il 50esimo di sacerdozio di don Alfonso Calvano

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È stata una serata di festa e a tratti emozionante. Infatti pochi giorni fa don Alfonso Calvano , parroco di Ponte ha festeggiato con tutta la comunità il suo 50esimo anno di sacerdozio. Presenti in prima fila il sindaco di Ponte Marcangelo Fusco , il Maggiore dei Vigili Urbani Giuseppe Mottola, il Comandante stazione Carabinieri di Ponte maresciallo capo Domenico Musto. A celebrare la Santa Messa solenne sua eccellenza monsignor Domenico Battaglia Vescovo della Diocesi di Cerreto Sannita – Sant’Agata dei Goti- Telese Terme e il Vescovo monsignor Zerrillo. Nel corso della Santa Messa a prendere la parola è stato proprio don Alfonso che ha esordito dicendo : “Sento che Gesù mi dice: ‘Non sia turbato il tuo cuore. Non avere paura. Ti lascio la mia pace’. Sembrerebbero parole inopportune.

Sto celebrando la festa del mio sacerdozio nel 50° anniversario. E la festa fa emergere i grandi motivi di gioia. E ringrazio tutti i presenti, come ringrazio la presenza dei Vescovi Mons. Battaglia e Mons. Zerrillo, dei Confratelli sacerdoti e delle autorità civili e militari.   Ringrazio il santo popolo, la vostra presenza orante è tutta una solenne invocazione allo Spirito Santo che in me risveglia la memoria dell’opera che Lui ha compiuto, prendendo la mia vita per modellarla sulla vita di Gesù Figlio, sulla vita di Gesù Sacerdote.   Eppure sento in me, come tentazione, non l’esultanza dello Spirito, ma il dolore per l’immenso bene che avrei dovuto fare se avessi corrisposto a tanta grazia. E davanti al mio peccato non posso vedere soltanto la mia colpa, ma anche ammirare l’infinito desiderio che Dio ha di perdonarmi, “Il Signore non mi ha consegnato alla morte.E’ stato la mia salvezza, una meraviglia ai nostri occhi”. E perciò aiutatemi a esultare nello spirito e a godere. L’esperienza di Dio non è un rimprovero che mortifica, ma un soffio di vita che fa nuove tutte le cose.

La mia ordinazione sacerdotale – ha raccontato don Alfonso – è avvenuta il 10 agosto 1969 con l’imposizione delle mani do Mons. Felice Leonardo nella Chiesa parrocchiale di S Pietro e Paolo in Melizzano. Da quell’anno, ho  camminato in Diocesi dal centro alla periferia, da Melizzano a Cerreto Sannita come vice rettore in seminario e vice parroco della Cattedrale e la domenica a celebrare la S. Messa, al Torello, Stazione di Solopaca; Parroco a S. Lorenzello, Vice Parroco a S. Salvatore Telesino; otto anni a Torino per l’insegnamento di materie letterarie nella scuola Statale;Parroco al Torello di Melizzano , poi a Ponte, ove sono stato  accolto, come dice la Bibbia, come “messaggero di buone notizie” perché questa è l’identità e la missione del sacerdote. Ho vissuto la meravigliosa fraternità dei figli di Dio e ho sperimentato la grandezza insuperabile della missione del sacerdote. Contemporaneamente al ministero Pastorale a Ponte – ha continuato il parroco – ho vissuto anche l’esperienza molto   bella e formativa, di  Direttore della Caritas Diocesana dal 1992 al 2017, Direttore dell’Ufficio Diocesano Migrantes dal 1994 al 2004, Direttore della Pastorale della Salute dal 1996 al 2013, poi dal 2000 al 2015 la Conferenza Episcopale Campana   mi ha chiamato alla responsabilità della guida della Migrantes Regionale Campana, aiutato e accompagnato  dalla saggia e paterna bontà di  Mons. Bruno Scettino, Arcivescovo di Capua. Cinquant’anni di sacerdozio, è un numero magico, che suscita un sorriso di benevolenza e un sincero apprezzamento. Mezzo secolo. Sono felicitazioni che fanno piacere, ma che dànno però la sensazione che si chiude un ciclo di vita.

Civilmente si dice “si va in pensione”. E i più smaliziati, con un pizzico di cattiveria, dicono “si va alla rottamazione”. No, non può essere così per il sacerdote. Certo, se si guarda il sacerdote nelle sue funzioni ministeriali, si può pensare che, cessate le funzioni, il sacerdote si ritira. Ma sono stato educato a pensare che il sacerdozio, prima che delle sue funzioni date dal sacramento dell’ordine, è il mistero delle sua consacrazione a Dio che trova la sua radice nel suo battesimo, a continuare a lavorare nella vigna del Signore, per il bene delle anime. Sono sacerdote non per svolgere una professione, ma per vivere la dedicazione della mia vita a Dio. La mia vocazione – ha continuato don Alfonso – non è stata soltanto quella di sentirmi in qualche modo unito a Dio, ma di essere con Dio. E l’essere con Dio mi ha aperto le porte all’essere per Dio. Prima di essere sacerdote, sento la bellezza di essere consacrato a Dio. Ho dovuto educarmi a pensare che Dio non è una “cosa da fare”, ma un incontro da godere. E’ stata una fatica smantellare in me l’idea che per piacere a Dio dovevo essere fedele alle regole. Ancora adesso devo vegliare per non vivere il rapporto con Dio col “senso del dovere”. La vita sacerdotale è innanzitutto una intimità, una gioiosa frequentazione con Dio che ti fa dire “vedete e gustate come è buono il Signore”.

Dio è bello, ti attira, ti sazia e sorprende sempre superando il tempo che passa: non esiste 50esimo. Dio è un oggi sempre nuovo. E’ adesso. Dio è sposo e sposo innamorato. Questa è la mia prima vocazione. E dentro a questa vocazione, mi si è chiarita la seconda vocazione: Dio è il Pastore Bello, il cui amore non può permettersi di perdere anche una sola delle sue pecorelle, e per salvarne anche una sola è disposto a scendere nel dirupo, ferendosi con i rovi e rischiando la vita. Anzi donando la sua vita spremuta dentro il torchio della sua passione, dando carne e sangue. Il sacerdozio è partecipare a questo folle amore del buon Pastore, per ogni fratello uomo, per ogni sorella donna. Io non ho mai chiesto ai miei superiori il luogo dove esercitare il mio ministero. Ho cercato di dire il si dell’obbedienza nella certezza che l’obbedienza al Vescovo era la più chiara indicazione dove donare la mia carne e il mio sangue in unione alla carne e sangue del buon Pastore. Per questo in ogni luogo dove mi ha mandato l’obbedienza, la prima opera è stata quella di salire sull’altare e celebrare l’Eucaristia.

E volendo riassumere in una parola quello che ho fatto in questi 50 anni di sacerdozio, posso semplicemente dire: ho celebrato 29.323 Messe. Mi sono calato per 29.323 volte nel dirupo, dove geme e soffre l’umanità perduta e con Gesù buon Pastore ho amato : ho amato l’uomo, ho amato l’umanità perduta, ho amato la periferia dell’umano e con Gesù, ho sofferto. E dove mi mandava l’ubbidienza, là ho trovato l’uomo ferito, la sofferenza umana fino al pianto. Il Ministero Sacerdotale, – ha spiegato ancora – non è un ministero angosciante, come potrebbe sembrare. E’ sperimentare la più profonda chiamata di ogni uomo: tuffarsi nell’eternità, dentro l’infinito splendore di Dio. Ed è una cosa bella, riposante. Per questo in questa occasione, voglio dire grazie ai miei Genitori, alla mia famiglia, ai parenti e amici.Voglio dire grazie al mio parroco Don Ernesto Viscosi  che mi ha guidato nel cammino vocazionale”. E non finiscono qua i ringraziamenti di don Alfonso : “A tutti voi, della comunità di S. Generosa  dico grazie con tutto il cuore per avermi accolto 23 anni fa il 06 ottobre 1996; Grazie a tutti voi della Comunità di S. Anastasia che nel 2016 mi avete accolto, e che stiamo facendo un cammino insieme, di rinascita.

Grazie alla comunità di Melizzano, e alla comunità del Torello, per la vostra amicizia, per la vostra costante vicinanza nei momenti del successo e nei momenti della sconfitta, grazie delle vostre preghiere, grazie agli ammalati che tutti i giorni hanno pregato e continuano a pregare e ad offrire   la loro sofferenza a Dio per la comunità e per il parroco, con tutti voi oggi voglio dire grazie al buon  Dio delle grazie che ha donato a voi, popolo di Dio,  per mezzo mio. Voglio dire grazie ai Vescovi, monsignor Mons. Salvatore Del Bene, Mons Felice Leonardo, Mons. Mario Paciello, Mons Michele De Rosa, ai quali devo la gioiosa continuità del mio sacerdozio, a Mons.Domenico Battaglia che continua a sostenermi ma soprattutto della fiducia che ha posto in me. Grazie a Mons Francesco Zerrillo, Mio Padre spirituale in Seminario. Grazie confratelli sacerdoti che mi hanno voluto onorare della presenza della Diocesi e della Caritas Regionale e Nazionale  e della Migrantes regionale e nazionale e della Pastorale Sanitaria regionale e nazionale con cui abbiano fatto un tratto di cammino insieme, comunicandoci esperienze, difficoltà  e gioie per servire la chiesa e i fratelli. Il mio grazie affettuoso, va a voi, fratelli e sorelle della  Comunità di S. Anastasia e di S. Generosa, che la Provvidenza mi ha fatto incontrare  va ai due Ministri Straordinari dell’Eucarestia, ai Ministranti, ai Catechisti, alle Animatrici e Animatori dell’Oratorio Parrocchiale Anspi S. Generosa, al gruppo dell’Anspi- Teatro “la Compagnia dei Sogni”, al Coro Parrocchiale, al Coro dei Giovani e Bambini, alla Corale Stella Maris, al gruppo dei Lettori, al Gruppo  che tiene al decoro della Chiesa, agli amici che la domenica servono l’Eucarestia.

Grazie al Comitato Festa Patronale, al Gruppo S. Lucia Day, Grazie al gruppo dei Volontari della Passione Vivente. Grazie a tutti i fratelli e sorelle che non potendo essere presente  hanno telefonato e messaggiato, per esprimere la loro solidarietà e affetto. Grazie a tutti coloro che hanno organizzato anche questo momento di gioia e di festa. Grazie all’Associazione  Amici di Padre Pio, Grazie agli Araldi. Ringrazio di cuore tutti i gruppi ecclesiali che in tante circostanze hanno creato gioia e fatica ma hanno sempre sostenuto i miei progetti e i miei impegni,chiedo ancora a Dio di benedire amici e confratelli e particolarmente i preziosi e insostituibili collaboratori di questi 50 anni e tutti i fedeli, e  voi, Comunità di S. Anastasia e di S.Generosa, che la Provvidenza mi ha fatto incontrare.” Da qui le conclusioni di don Alfonso Calvano: “Maria di Fatima, mi accompagna e mi suggerisce: “Sii piccolo” ed il tuo spirito esulterà nell’essere strumento di Gesù che vuole ogni uomo felice. Sii piccolo perché il sacerdote: è il più povero degli uomini, se Gesù non lo arricchisce; è il più inutile servo, se Gesù non lo chiama “amico”; è il più stolto degli uomini, se Gesù non lo istruisce pazientemente; ed è il più indifeso dei cristiani, se il buon Pastore non lo fortifica in mezzo al gregge! Sii piccolo perché se c’è troppa serietà, non c’è lo Spirito di Dio che ti fa cantare in questo 50esimo: “Il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore”. Al termine della Santa Messa c’è stato un momento conviviale. 

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