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POLITICA

Profeta (Gioventù Nazionale) ricorda D’Annunzio e l’impresa di Fiume

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“Vado a fiume, vado verso la vita; hora ruit; iterum rudit leo(ancora ruggisce il leone), memento audere semper; insorgere per risorgere; hic manebimus optime; Fiume o morte.  

Questi – scrive in una nota Niccolò Profeta, portavoce Gioventù Nazionale  Provincia di Benevento – sono solo una porzione parziale dei tanti motti, brocardi, slogan pronunciati da Gabriele D’Annunzio connessi con l’impresa di Fiume.

Nella giornata di ieri, 12 settembre, è maturato il centenario dell’impresa fiumana con la partenza da Ronchi dei Legionari di D’Annunzio con migliaia di patrioti per la presa della città del golfo del Carnaro, definita già da allora la città olocausta.

Impresa valorosa ed eroica – aggiunge – che trovò la sua scaturigine nell’indegno diniego e veto posto dall’Inghilterra, dalla Francia e dagli Stati Uniti d’America di concedere al Regno d’Italia questa città. A fronte di questo vergognoso ostracismo di tali nazioni (Clemenceau dichiarò al governo italiano sprezzantemente “per voi Fiume c’est la lune”) e a fronte di un tremebondo asservimento della diplomazia italiana, il gesto di G. D’Annunzio fu al contempo di ribellione e di patriottismo per rivendicare prima e poi per occupare e conquistare la italianissima città di Fiume creando la Reggenza Italiana del Carnaro, che comprendeva anche le isole di Arbe e Veglia.

L’impresa di Fiume – spiega Profeta – fu un atto di geniale audacia nella caligine della vita italiana, così scrive l’autore Tamaro; l’azione di D’Annunzio, poetica e sconcertante, temeraria e ribelle ha risposto ad un’antica vocazione fiumana verso la civiltà italiana in contrasto con quella balcanica. E la passione di Fiume e per Fiume fu passione di tutta l’Italia.

Questa fede, a distanza di cento anni, ancora resiste in questa Italia ridimensionata e mutilata di queste terre orientali, tant’è che attualmente pullulano i tutta Italia manifestazioni, convegni, mostre che ricordano l’impresa del Vate e dei suoi legionari ed anche Gioventù Nazionale partecipa attivamente a tali commemorazioni, infatti nella giornata di ieri, in tutta Italia vi è stato un flash mob con degli striscioni riportanti svariati motti d’annunziani.

Cosa resta di Fiume un secolo dopo, si domandano storici e politici. In verità fu essa un’esperienza rivoluzionaria di inizio ‘900 che portò all’affermazione di una democrazia anziché di un totalitarismo; difatti a Fiume si misero le basi dell’Italia moderna partendo dalla Carta del Carnaro, capace di mettere a fuoco temi ancora oggi cruciali come la centralità del lavoro, il multietnismo, la questione delle donne e la loro eleggibilità.

Sicuramente – continua nella nota – la conquista di Fiume non fu un’esperienza fascista, dato che si poneva come segno di contraddizione rispetto a tutti i sistemi politici dell’epoca, dal liberalismo al socialismo, sino al neonato fascismo. Le sue parole d’ordine contraddicevano quelle sulle quali sarebbe stato costruito il regime: al posto di “credere, obbedire, combattere” vigevano semmai il creare, il disobbedire e l’abbinata guerra-amore.

La Fiume d’annunziana fu un coacervo di creatività, popolato da artisti e intellettuali e fece della disubbidienza all’ordine costituito la sua meta, dando spazio all’amore libero e a risvolti estetizzanti con l’invito del Vate a “mettere fiori dentro i fucili”.

Fu una rivolta contro la finanza internazionale e lo strapotere delle banche; fu la richiesta di autonomie locali contro lo stato accentratore; fu un atto di sfida alla Casta (infatti fu proprio D’Annunzio l’inventore della parola casta applicata alla politica).

Fu un’alleanza tra tutti i popoli vessati contro le élite e gli organismi internazionali; fu un atto di sfida contro l’establishment internazionale e il desiderio di un’Europa che ristabilisse i giusti rapporti tra Nazioni e Popolo; fu un anelito di volontà di battersi per le piccole patrie e per quei popoli, dai catalani agli irlandesi, che cercavano autonomia dagli stati oppressori.

Resta il fatto che Fiume è stata un’esperienza irripetibile, oltre che per l’irriducibile patriottismo della sua popolazione e per il suo sconfinato desiderio di ricongiungersi con la madrepatria Italia.

Quella di Fiume – conclude Profeta – fu una delle ultime mobilitazioni in grado di dare ai giovani una prospettiva, una speranza temporanea e di sommuovere i loro cuori. Ma soprattutto rispetto al 1919 non c’è più d’Annunzio, lui sì figura irripetibile”.

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