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CULTURA

Eccidio di Pontelandolfo: 150 anni dopo lo Stato Italiano chiede scusa

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Lo Stato italiano ha chiesto scusa per quel grave errore, involontario o voluto, che determinò l’immane tragedia del 14 agosto 1861. La città di Vicenza, la patria natia del tenente colonnello Pier Eleonoro Negri, il famigerato boia di Pontelandolfo, si è inginocchiata sul sagrato del santuario immaginario eretto nella cittadina sannita in memoria della persecuzione razziale post-unitaria delle genti meridionali.
Due gesti memorabili, emblematici, che sintetizzano la storica celebrazione del 150° anniversario dell’eccidio di Pontelandolfo. Due gesti compiuti con grande senso di responsabilità istituzionale dal Presidente dei Garanti dell’Unità Tecnica di Missione prof. Giuliano Amato e dal sindaco vicentino Achille Variati. Due gesti che rendono giustizia alle vittime innocenti di un paese messo a ferro e fuoco dall’orda barbarica di 500 prezzolati sanguinari dell’esercito piemontese.

Tre sono state le tappe che hanno caratterizzato la solenne celebrazione del 150° della strage. Il sindaco Testa, un nutrito corteo di massime autorità istituzionali provinciali e regionali e di molteplici sindaci della provincia, e una folla numerosa, muovendosi da piazza Roma hanno attraversato via Antonio Boccaccino in un percorso rievocativo dell’eccidio. Giunti sul sagrato del Tempio dell’Annunziata Antica il Sindaco Testa ha deposto una corona d’alloro ai piedi della lapide che reca incisi i nomi delle vittime identificate della strage. Al termine della Santa Messa officiata dal parroco don Giuseppe Girardi in suffragio dei martiri nella Chiesa Madre, il corteo ha ripopolato piazza Roma, teatro eterno della mattanza, per attendere festoso l’arrivo del prof. Giuliano Amato.

La piazza, riccamente imbandierata del tricolore italiano, ha abbracciato calorosamente il prof. Giuliano Amato. L’autorità in rappresentanza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha voluto dare voce forte al paese, con parole di grande risonanza mediatica, che hanno spalancato le finestre su nuovi confini della storia risorgimentale. L’arrivo del Presidente Amato è stato onorato con un bagno di folla, per una memorabile, affettuosa, significativa stretta di mano con il primo cittadino Testa negli ultimi tanto agognata dai pontelandolfesi.
La presenza di Gian Antonio Stella, prestigiosa firma del Corriere della Sera, ha dato ancora più forza e spessore storico-culturale-mediatico all’evento. Al giornalista, che grande merito ha avuto nell’arduo percorso riabilitativo di Pontelandolfo con la storia dell’unità d’Italia, così come pubblicamente ha affermato dal Sindaco Testa, presto sarà conferita la cittadinanza onoraria del paese.

La deposizione di una corona d’alloro sul crocevia di piazza Roma e il corso Fratelli Rinaldi, dove prossimamente verrà ancorata una scultura bronzea realizzata dal maestro Mario Ferrante in onore dei martiri, e la donazione al prof. Amato di un bozzetto dell’altorilievo conforme all’originale, ha sancito il secondo momento celebrativo dell’eccidio.
Una particolare emozione ha pervaso l’animo degli astanti, quando Giuliano Amato ha delicatamente tirato la cordicella lasciato cadere la bandiera italiana che ha scoperto la lapide di marmo policromo, finemente realizzata dall’estro artistico dei fratelli Rapuano della Marmorea Cautanese in ricordo imperituro di Concetta Biondi e di tutte le donne massacrate il 14 agosto 1861.

Il prof. Amato e tutte le autorità presenti, al calar della sera, nell’accogliente giardino della monumentale torre, graditi ospiti del dott. Ferdinando Melchiorre Pulzella, hanno degustato un drink di cortesia.
Tanti, tantissimi hanno generosamente contribuito all’allestimento dell’evento, ma nessuno ce ne voglia, ci piace evidenziare, in particolare, l’impegno severo profuso con grande passione dal vice sindaco ing. Donato Francesco Addona e dal Coordinatore del Comitato Civico prof. Renato Rinaldi.
Pontelandolfo, dunque, in occasione della commemorazione del 150° anniversario dell’eccidio del 14 agosto 1861, ha aperto le porte antiche della città, cosicché tutti hanno potuto leggere sulle mura di pietre arse dal rogo savoiardo, la vera storia di una strage senza precedenti. Fu una tempesta di fuoco dalla quale emerse quel pregiudizio anti-meridionale della politica post-unitaria che in centocinquantanni di storia ha trascinato in una profonda voragine il Sud di una Italia Unita.
 

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